La duchessa riflettè un istante.
—No, disse quindi, non la preverrò. Perchè anticiparle il dolore, la disperazione forse, in cui la getterà il sapere che il principe vuole sposare donna Maria? Alle volte la verità, per quanto possa essere crudele, è preferibile ai dubbj, è vero, ma non per tutti…. D'altronde ella non mi ha parlato mai del suo amore, ed io non posso provocare le di lei confidenze senza commettere un'indiscrezione.
—Non so che dire; ma non potremo evitare che fra poco ella conosca il vero; poichè infatti, se il principe non l'ama, mi sembra inutile cercar d'impedire le nozze di lui con donna Maria. D'altronde ciò dipende dal duca.
—Certamente. Se donna Maria avesse cuore, potrebbe ella… Io non la credo innamorata propriamente del principe.
—Nemmeno io: ella non è capace di amare alcuno; ma non rinuncierà mai ad un gran partito come questo per generosità. Il lusingarsene sarebbe un assurdo. Guardate, donna Livia, io provo per quella fanciulla, quantunque tanto bella, una repulsione grandissima.
La duchessa non rispose: perchè avrebbe difeso donna Maria? Non era suo costume prodigare elogi a chi non stimava.
—Ed io, continuò il cavaliere, voglio dirvi che vi guardiate da lei: anche conoscendola, come certo la conoscete, non la temete forse abbastanza. Siete al disopra di ogni sospetto; ma colei potrebbe egualmente nuocervi. Diffidate… La notte, in cui morì mio zio, io feci per accostarmi a voi: volevo dirvi qualche parola sul disgraziato affare della pergamena, mentre eravate appoggiata al letto.
—Ebbene?
—Io vidi donna Maria esaminarmi in modo che rabbrividii. Ella sorrideva impercettibilmente; ma quel sorriso era sì malvagio, che io vi lessi macchinazioni infernali, come ne lessi ne' suoi sguardi… Oh! donna Livia!—aggiunse con viva emozione—io che so per prova come voi siate fra il numero raro di quelle donne che saprebbero morire prima che mancare anche in ispirito all'onore, al dovere; posso dirvi che ella sospetta di voi: posso dirvelo senza timore d'offendervi.
—Vi ringrazio, conte, rispose la duchessa tristamente: mi prevarrò di questo vostro avviso.
Il rumore, che si poteva aver udito poco prima, si rinnovò; ma neanche questa volta nè donna Livia, nè il cavaliere lo notarono.
Il duca, scosso e persuaso dalle ultime parole del cavaliere di Malta, ed arrossendo d'aver potuto un momento dubitare della duchessa, non aveva voluto trattenersi maggiormente. D'altronde da un istante all'altro il conte poteva lasciare il castello, ed ei non voleva esporsi ad incontrarlo in cammino. La risposta, che donna Livia aveva data all'avvertimento del cavaliere, pareva dover terminare il colloquio; pensò che si sarebbe fatta chiamare donna Rosalia, e che ella entrando poteva avvedersi di lui: non gli rimaneva forse che il tempo strettamente necessario per ritornare a Catania senza essere raggiunto dal cugino.
Fu fortuna; poichè, se si fosse trattenuto ancora, avrebbe inteso parlare del progetto che riguardava il cavaliere dell'Isola.
—Chi sa quali cangiamenti avverranno qui forse durante la mia assenza? disse il conte di San Giorgio a donna Livia.
—Non cerchiamo d'interrogar l'avvenire, rispose ella: disponiamoci ad accettar con coraggio quanto potrà darci di male, e forse sarà meno triste di quanto potremmo presumere in mezzo a tante preoccupazioni. I presagi, che talora si credono scorgere in esso, sono più fallaci di una sibilla menzognera.
Vi era in queste parole della giovane duchessa un senso di sconforto, che ne traspariva suo malgrado, come una rimembranza di speranze distrutte, di necessità subíte.
Il cavaliere la esaminò con una certa agitazione; indi:
—Avete ragione, signora, le disse: vi fu un tempo in cui io guardavo al futuro con una specie di temeraria fiducia: credevo non dover trovarvi mai se non che pugne felicemente sostenute, soddisfazioni di un guerriero…. ed invece….
La duchessa lo guardò attentamente.
—Non temete, donna Livia, proseguì egli con dolore ed insieme con esaltazione; io non mancherò giammai alla promessa che vi ho fatta; riguardatemi senza timore come il vostro amico più devoto.
—Vedete che come tale vi riguardo, caro conte; non metto ora forse la vostra amicizia alla prova, ed a dura prova?
Ella sorrise leggermente, e dopo qualche istante:
—L'unica cosa, che temo indovinare nell'avvenire, è il dolore di donna Rosalia. Questa fanciulla, credetemelo, cavaliere, mi preoccupa assai.
—Ed io pure: ma che fare? d'altronde presto partirò. Voi la consolerete, duchessa.
—Lo tenterò almeno. Ora ella è meco al castello: volete salutarla?
—Volentieri.
Donna Livia fece chiamare la sua giovane cognata.
Dopo un momento questa entrò. Era sì pallida, sì abbattuta, che il suo padrino e la duchessa si scambiarono uno sguardo di compassione: essi, che sapevano come tutto fosse finito per lei.
Donna Rosalia si conteneva però: desiderava far credere che la morte del padre, ed il segreto di famiglia fossero causa del suo turbamento. E ciò in parte era anche vero. Ma ahi! in piccola parte soltanto.
—E così? domandò ella a donna Livia.
—Il conte è pronto ad assecondarci, rispose la duchessa: se otterremo il nostro scopo, sarà grazie a lui. Ei partirà prestissimo: forse prima non lo rivedremo più.
Donna Rosalia guardò il cavaliere di Malta; e nei suoi occhi neri grandi e belli si dipinse una viva riconoscenza.
—Grazie, grazie, dissegli, per mio padre e per me.
—Fo il mio dovere, cara figlioccia: io pure desidero assai togliermi la parte di responsabilità, lasciatami in questo affare dal duca morente. E poi colui, che cercherò reintegrare ne' suoi diritti, non è forse mio zio? Non avrei osato agire solo, perchè personalmente io non devo una riparazione.
E come per distrarre la giovane, per occuparla di altro che del principe, aggiunse:
—Siate cauta, cara donna Rosalia: adoperatevi colla duchessa, affinchè non si penetri da alcuno il vero motivo della mia assenza.
—Oh non temete! quel progetto mi sta tanto a cuore!
—Ora, riprese il conte, ritorno subito a Catania. Prima di partire mi recherò da don Francesco: se sarete ritornate in città, avrò il piacere di salutarvi ancora: altrimenti, pazienza!
Egli contemplò qualche istante donna Rosalia e la duchessa; la prima con una tenera compassione; la seconda un po' più a lungo, e con espressione indefinibile. Indi decidendosi, si strappò alla specie d'incanto, che lo tratteneva in quella sala: e dopo aver abbracciata donna Rosalia, e baciata tremando la mano alla duchessa, partì.
La moglie e la sorella di don Francesco rimasero silenziose: entrambe erano commosse, agitate.
Il progetto di donna Livia era generoso; ma chi sa dove poteva condurre?
Quasi subito una vecchia che era sempre stata governante di donna Livia, sin da quando questa era bambina, venne ad avvertirla che il benedettino, invitato segretamente da lei a recarsi al castello, era giunto non visto da alcuno, ed attendeva nella cappella.
Donna Livia vi si recò all'istante.
VI.