Il frate riflettè un istante: indi:
—Per quattro giorni tacerò, disse.
—Bene, rispose il duca.
Volse la briglia al cavallo; lo mise al galoppo, e si allontanò come un fulmine.
……………………………………………………….. ………………………………………………………..
In breve giunse a Catania: entrò inosservato nel suo palazzo per una porta segreta, nascosta da un gruppo d'alberi del giardino, e di cui egli solo da lungo tempo teneva la chiave.
Diede il cavallo ad un palafreniere; indi si recò nel gabinetto ove suo padre serbava le carte d'importanza, e dove cavaliere di Malta aveva tolta la pergamena da uno scrigno.
Rinchiuso in quella stanza, don Francesco cominciò un minuto esame di tutto quanto essa conteneva; rovistando in ogni mobile che avesse dei cassetti, in ogni suppellettile che potesse nascondere qualche cosa.
Infatti vi potevano essere altre carte, delle lettere, che senza avere l'importanza della pergamena, riguardassero quel segreto, e gli convenisse conservare, o distruggere.
Ma nulla trovò che avesse rapporto col cavaliere dell'Isola.
Allora si assise dinanzi ad uno scrittoio, e vi rimase immobile, pensieroso. La sua fisonomia in quell'istante, tetra e cupa oltre ogni dire, faceva un singolare contrasto collo splendido sole che penetrava a larghi sprazzi nel gabinetto.
Sì!… mormorò finalmente: io voglio ottenere il silenzio di tutti, e l'otterrò!… Voglio che il fratello di mio padre, od i suoi eredi non vengano mai a reclamare ciò che… ciò che loro appartiene!.. direbbe donna Livia ed anche quel benedettino temerario…. Se veramente colui non vuole obbedirmi, se ne pentirà, lo giuro!… Ah! se il pensiero di alienarmi troppo donna Livia non mi trattenesse, avrei forse già castigato quel frate; ed in un modo o nell'altro obbligata donna Rosalia al silenzio!… Ed il conte, che questa notte osò quasi minacciarmi… Anche per lui lo troverei il mezzo!… Oh, sì lo troverei!… Eppure niuno è colpevole come mia moglie!… nessuno avrebbe ardito fare ciò che ella fece…. Ah, perchè sono io costretto ad essere seco lei tanto diverso da quello che sono con tutti gli altri?… Perchè mio malgrado sono trascinato ad amarla? più che ad amarla anzi; giacchè non è amore soltanto che io sento per lei… è delirio, è frenesia!… Arrossisco in pensarlo; ma… che fare?… Oh la ingrata!…
Egli si alzò.
Ma io non devo accusarla, aggiunse tra sè: non l'ho sposata forse contro il suo volere?… Non sapevo, non mi disse ella stessa che… Ah! ma come mi sorprendo ad occuparmi di lei sì sovente… per non dir sempre?… Ma sia pure che io l'ami: non per questo, lo giuro, sarò il suo trastullo…. E questa volta ella dovrà obbedirmi… Non sarà mai che io ceda su tal punto… giammai!… Quantunque colei abbia su di me il potere di una maliarda…. Poi…. se mi fosse dato abbassare la sua alterigia riuscendo nel mio progetto, ne avrei doppia soddisfazione!… D'altronde che direbbero di me coloro, innanzi ai quali ricusai a mio padre di rendere al cavaliere dell'Isola il nome e le sostanze? Mi deriderebbero, vedendomi cedere a donna Livia… Poi, chi sa quali scandali si provocherebbero? quali vergogne forse ne verrebbero alla mia casa?…. Sì: tutti dovranno tacere: lo voglio!…
Il gabinetto, nel quale si trovava il duca, era diviso dalla camera mortuaria da una gran sala soltanto. Egli, dopo qualche altro momento di riflessione, aperse l'uscio: traversò quella sala: socchiuse leggermente la porta della camera ove giaceva cadavere suo padre.
Vide dei religiosi e molti servi in orazione. Nessuno si accorse di lui, ed egli rientrò inosservato nel gabinetto, ove rimase fin verso la sera.
Non temeva che nè donna Livia, nè il conte di San Giorgio prendessero per quel giorno risoluzione alcuna: aveva saputo dal suo cameriere che entrambi avevano passato gran parte della giornata nella stanza del defunto, unendosi alle preghiere della gente ivi raccolta.
Mentre usciva dal gabinetto, per recarsi nel suo appartamento, fu arrestato da donna Maria.
—Che volete? le chiese egli.
—Devo comunicarvi una cosa importantissima, rispose la sorella.
—Venite, disse don Francesco.
E la condusse nel gabinetto.
Con lei sola il duca non era adirato; perchè comprendeva ch'ella lo asseconderebbe intieramente: sola lo aveva approvato nella notte precedente.
—Donna Livia, cominciò ella a bassa voce….
—Ebbene?
—Ha chiesto un abboccamento al conte nella prima sera che seguirà i funerali di nostro padre.
—E dove?
—Al suo castello: certamente ella conta ritornarvi subito dopo le cerimonie funebri.
Il duca durava fatica a frenare la sua agitazione, a contenersi.
—È lo zelo per l'onor vostro, che mi consigliò ad avvisarvene, continuò la giovane.
—Spiegatevi più chiaramente, disse don Francesco con fuoco: voi offendete la duchessa.
—Che io mi spieghi?… riprese donna Maria un po' sconcertata…. Un abboccamento… la notte… in quel castello isolato, non è forse abbastanza?
—No: e voi v'ingannate nelle vostre temerarie supposizioni.
—Come?
—Questo abboccamento, disse il duca, benchè alquanto alterato, questo abboccamento non deve avere altro scopo che di consigliare al cavaliere il silenzio.
—Ma se donna Livia ha gettato ella stessa sul fuoco la pergamena!
Don Francesco fece un vivissimo movimento di rabbia insieme e di dispetto.
—Che importa? disse quindi; se io voglio che tutti tacciano.
Donna Maria rifletteva.
—Basta, riprese dopo un momento: sarà come dite; ma io avevo pensato il contrario.
—E perchè?
—Perchè so che il cavaliere….
E si arrestò un istante, come se non osasse proseguire. Indi:
—Perchè l'ama, disse.
—Ama donna Livia?… E voi credete ch'ella lo riceverebbe per… domandò il duca alterato… Voi mentite! esclamò poi: la vostra è una perfida insinuazione.
—No, non mento; e non è questa una perfida insinuazione… Del resto sta in voi l'accertarvene.
E fece per allontanarsi.
Ma suo fratello la trattenne con un cenno.
—Che vi fece pensare che il conte ama donna Livia?—le chiese a voce bassissima e concitata.
Donna Maria in quell'istante era un po' pentita di aver ceduto al suo odio per la duchessa; ma era troppo audace per iscoraggiarsi tosto: per altro, siccome aveva sempre avuto gran soggezione di suo fratello, tremò un momento, temendo averlo irritato contro di lei, ora ch'egli era il capo della famiglia. Così prese una scappatoja.
—Me ne avvidi io, rispose, già da molto tempo. Però non intendo con questo offendere la vostra sposa.—Ella forse lo ignora….—aggiunse con un mezzo sorriso.
Vi fu un breve silenzio, che il duca ruppe primo, dicendo seccamente a donna Maria:
—Lasciatemi, e scacciate sì ingiuriosi