La duchessa sorrise amaramente.
—Non è il timore che mi consigliò; ma il pensiero di mio figlio: e d'altronde che avrei ottenuto, continuando a provocare don Francesco? Nulla…. Ma per mio figlio istesso io desidero riparare a quella ingiustizia…. E per farlo senza destare troppi odj, e per evitare altre scene tristi, ecco quanto ho pensato.
Il conte di San Giorgio si fece attentissimo.
—Ora, proseguì donna Livia, la pergamena non esiste più: e se vostro zio od i suoi eredi venissero a reclamare, attestando, come potranno certamente farlo, con prove autentiche, la loro identità; don Francesco non potrebbe rifiutarsi a rendere ad essi quanto è loro dovuto. Mi comprendete?
—In parte: continuate, signora.
—Ma, onde non contrastare troppo apertamente col duca, bisognerebbe cercare di loro segretamente: ed una volta trovatili, fare che essi reclamino, mostrando però non essere stati consigliati da alcuno, e soltanto perchè la morte del vecchio duca dell'Isola giunse casualmente a loro cognizione.
—Vi comprendo, donna Livia: ed io, sì, io li cercherò.
—Vi ringrazio, cavaliere: sapevo non contare invano sopra di voi.
—Sì: avete ragione: questo è il mezzo migliore infatti. Sono pronto a secondarvi intieramente. Come credete che io debba agire?
La giovane duchessa parve commossa da sì completa devozione; indi:
—Mi diceste che un ordine vi chiama a Malta tra breve: mostrando quell'ordine come per caso a don Francesco, ei non potrebbe concepire il menomo sospetto. Giunto a Malta, potrete disimpegnarvi ed ottenere un lungo permesso?
—Sì, lo posso: mi basterà vedere un momento il gran maestro: fra qualche giorno partirò.
E prima che ella rispondesse, riprese:
—Avevo pensato un istante a prendere sopra di me ogni responsabilità, svelando il segreto, poichè voi avevate distrutta la pergamena; ma allora…. Voi conoscete don Francesco!… Un duello a morte con lui sarebbe stato inevitabile. È inutile dirvi perchè ne rifuggii.
—Aveste ragione, conte: un duello tra voi e mio marito, qualunque risultato avesse, mi sarebbe causa d'eterna amarezza.
—Ma, e come eviterete lo sdegno del duca, quando questi nostri parenti venissero a reclamare?
—Don Francesco mi disse che, se io serbo il silenzio, mi perdona la distruzione della pergamena. Voi fate in modo che il cavaliere dell'Isola, od i suoi figli non suscitino scandali. Così il duca si persuaderà più facilmente, e sarà possibile far credere che nessuno di noi conosceva la loro esistenza. Pur troppo il vostro compito non sarà facile; perchè ignoriamo qual nome essi portino; ma siccome il vecchio duca prima di morire disse sapere che suo fratello aveva preso servizio nell'armata della repubblica veneta, così dimorerà ancora su quelle terre: o, se egli più non esiste, è là che potrete aver contezza de' suoi figli.
—Infatti, questa è l'ipotesi più verosimile: l'avevo già pensato anch'io. Per iscoprire quei parenti farò tutto il possibile, e spero riescire ad onta del mistero che ce li nasconde… Ed al duca dirò che acconsento a serbare il silenzio?.. aggiunse con qualche esitazione.
—Potete dirgli che, obbligato ad assentarvi per un tempo di cui ignorate la durata, dovete rinunciare per ora ad occuparvi della rivelazione di vostro zio.
—Gli dirò che, finchè rimango a Malta, serberò il silenzio da lui chiestomi! Non gli sembrerà strana la mia lunga assenza, benchè non sia tempo di guerra; poichè già diverse volte, il sapete, ebbi missioni che durarono mesi e mesi….. D'altronde, mostrandogli l'ordine…. Ma, e gli altri taceranno?
—Il benedettino giungerà qui tra breve: egli è un uomo sicuro: gli confiderò tutto, ed ei mostrerà d'aver ceduto a don Francesco che, lo so, ha insistito con forza presso di lui…. Quanto a donna Rosalia, il duca non la teme molto: la crederà facilmente scoraggiata. Ed io gli dirò aver deciso tacere, nella speranza ch'ei si persuada da sè a riparare quella ingiustizia.
Ella si arrestò; indi con una specie di disgusto:
—Oh! mi ripugna scendere ad una finzione: ma è necessario.
—No, donna Livia, questa non è finzione; od almeno lo scopo che vi proponete la giustifica. Tale scopo è santo!
—Riesciste almeno!
—Speriamo: il cavaliere dell'Isola, come saprete, ha portato seco le sue carte di famiglia: dunque….
—Infatti…. Tranquillizzeremo donna Rosalia, che è ansiosissima di veder compito il voto di suo padre.
—Povera donna Rosalia! Mi dispiace lasciarla infelice.
La duchessa alzò il capo.
—Che volete dire? domandò.
—Voglio dire che, come ve ne sarete certamente avveduta, ella ama il giovane principe degli Alberi, e ch'ei non pensa se non a donna Maria. Me ne duole assai per la mia figlioccia, che ho sempre amata molto; ma non vedo rimedio alcuno…. Ella soffre….
—Sì: eppure credo non abbia perduta ogni speranza.
—La perderà fra poco. Io so che il principe conta chiedere presto la mano di donna Maria.
—Come lo sapeste?
—Ora vi racconterò. Il principe stesso me lo disse…
In quell'istante, se il conte e donna Livia avessero prestato attenzione, avrebbero potuto udire un lieve rumore dietro la tappezzeria.
Era don Francesco, che giungeva nel suo nascondiglio. Trovavasi un po' in ritardo; perchè aveva pensato esser meglio partire da Catania a qualche intervallo dal suo parente, anzichè seguirlo troppo davvicino, o prevenirlo, e dar sospetto. Poi, siccome la gelosia era stata il solo suo movente, erasi detto che, ove anche perdesse una parte di quella conversazione, ne udirebbe sempre abbastanza per sapere quali rapporti regnassero tra la duchessa ed il cavaliere di Malta.
Donna Maria non si era ingannata: benchè il duca avesse mostrato non crederle, le insinuazioni di lei gli avevano suscitato in cuore un inferno.
«Il principe stesso me lo disse.»
Ecco le prime parole che don Francesco doveva udir pronunciare dal conte di San Giorgio.
Il cielo certamente non permise che egli sentisse quanto riguardava il segreto rivelato dal padre.
Intanto il cavaliere proseguiva:
—Incontrai il principe fuori della città: egli era a cavallo: io pure. Mi si avvicinò, e mi chiese se volessi acconsentire che per qualche tempo mi accompagnasse. Accettai. Sembrava ch'egli avesse qualche cosa a dirmi, ed io attendeva che parlasse. Infatti quasi subito esclamò:—Ah! la morte del duca vostro zio venne a spezzare i miei più cari progetti.—Lo guardai sorpreso, come per interrogarlo, ed egli continuò:—Avevo risolto chiedere donna Maria in isposa in questi giorni, e non ebbi il tempo di farlo.—Io pensai tosto a donna Rosalia, e mi sentii stringere il cuore.—Ah! dissi, voi amate una delle mie giovani cugine, principe?—A queste parole, che avevo pronunciate appositamente, mi parve che egli arrossisse: ciò mi persuase sempre più che in passato deve avere lasciato credere a donna Rosalia di amarla.—Amo donna Maria, mi rispose con qualche imbarazzo, e temo che la morte di suo padre possa, non solo ritardare, ma impedire le mie nozze con lei; perciò desiderai consultar voi, che come stretto parente conoscerete forse le idee di don Francesco. Credete che ei possa concedermela?—Voi siete di famiglia illustre, risposi; siete ricchissimo, non dovete dunque temere un rifiuto.—Gli è che il duca potrebbe avere per donna Maria qualche altro progetto.—Io rimasi un istante perplesso; indi:—Non credo, ribattei.—Cercate voi, riprese egli, d'interpellare don Francesco in proposito.—Io non ho con lui grande intimità, risposi: mi sembra sia meglio che