Sola di fronte al Leone. Simone Arnold-Liebster. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Simone Arnold-Liebster
Издательство: Автор
Серия:
Жанр произведения: Биографии и Мемуары
Год издания: 0
isbn: 9782879531687
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      La giornata era bella e calda, eppure Frida era ancora assente. “Signorina maestra, perché Frida non ritorna a scuola?” Invece di rispondermi mi accarezzò i capelli.

      “Tossisce ancora?”

      “Oh no, non tossisce più, ora è in cielo”.

      “Ecco perché!”

      “Che cosa vuoi dire?”

      “Ecco perché c’erano dei vasi di fiori bianchi nel suo cortile”.

      Passai singhiozzando davanti alla sua modesta casetta con le persiane sbarrate. I fiori erano ormai appassiti, morti anche loro. Ero così addolorata per la sua scomparsa che non sopportavo più di vedere la sua abitazione, così attraversai la strada. Ma un pensiero mi consolò: in cielo non avrebbe mai più tossito; avrebbe suonato per sempre l’arpa dorata su una nuvola. Poteva forse vedermi da lassù?

      Ci fu di nuovo lezione di catechismo. Di che cosa avrebbe parlato il prete questa volta?

      “Esiste una differenza tra il fuoco del purgatorio e quello dell’inferno; chi muore da peccatore può scampare al fuoco dell’inferno solo se gli vengono somministrati gli ultimi sacramenti e l’estrema unzione. Per questo bisogna chiamare un prete. Il moribondo deve confessarsi senza dimenticare alcun peccato. Allora gli si potrà impartire la santa comunione. Tuttavia un defunto, anziché essere accolto subito in cielo, potrebbe trascorrere un certo periodo in purgatorio, dove le anime bruciano e soffrono, ma possono uscirne dopo essere state purificate dai loro peccati. La famiglia può abbreviare le sofferenze del proprio caro attraverso la celebrazione di messe di suffragio, preghiere e offerte votive”.

      La notte seguente fu terribile. Vedevo Frida tra le fiamme e la signora tanto distinta che gemeva lamentandosi del suo ventre scoppiato. Pompieri dalle facce cremisi avevano code forcute da demoni. I gemellini annegavano in un fiume infuocato. Volevo pregare per loro, però i santi non udivano la mia voce a motivo del crepitio del fuoco. Urlai e mi svegliai. La mamma accorse e mi asciugò la fronte madida di sudore. Il mio letto era completamente sfatto. Lei lo rassettò, mi rimboccò le coperte e mi baciò. Spossata, ricaddi nel sonno, ma gli stessi incubi non tardarono a tornare. La sera successiva ero troppo impaurita per andare a dormire. Il mio letto era divenuto un vero inferno!

      Zita aveva partorito dei cuccioli e ora la sua testa sembrava aver ripreso le giuste proporzioni. Poco tempo dopo, in una bella giornata di sole, rividi l’elegante signora: spingeva una carrozzina e appariva sgonfiata. Corsi verso la mamma e le domandai: “Le donne portano i loro bambini nella pancia come Zita?” Le sue spiegazioni mi permisero di capire che la signora Huber e Aline mi avevano mentito.

      “Ma perché le persone mi dicono che, per avere una sorellina, devo dare una zolletta di zucchero alla cicogna?”

      “È una storiella per i piccoli”.

      “Ancora con questi ‘piccoli’! Io non faccio più parte dei ‘piccoli’. Perché gli adulti raccontano delle menzogne?” La mamma non mi rispose.

      “Dio non ha forse detto: ‘Non devi mentire’? Gli adulti non hanno dunque paura di andare all’inferno?”

      Quella sera, sotto le coperte, decisi che non avrei mai più rivolto la parola alla signora Huber. Perché la mamma non aveva risposto alle mie domande? Perché gli adulti mentivano ai bambini? Da quel momento avrei dovuto vagliare accuratamente tutto ciò che mi avrebbero raccontato! Quell’idea mi mise di pessimo umore.

      ♠♠♠

      Il papà era un meraviglioso compagno di giochi e mi suggeriva sempre nuovi passatempi. Avevo qualche difficoltà con la trottola che zio Germain mi aveva costruito. Appena iniziava a girare, già rallentava, vacillava e cadeva. Dovevo dunque ricominciare tutto daccapo: avvolgere la cordicella attorno al manico, posare la trottola con la punta rivolta verso il basso su una superficie piana e rilanciarla con un colpo secco all’estremità della cordicella.

      Intanto il papà mi incitava dal balcone: “Riprova! Andrà meglio la prossima volta!” Nella nostra via non c’erano automobili in circolazione, perciò vi potevo giocare liberamente. In estate, dopo l’orario di lavoro, alcuni vicini si affacciavano alle finestre con le braccia comodamente appoggiate su un cuscino disposto sul davanzale. Quella sera mi osservavano e le loro battute, invece di scoraggiarmi, mi spronarono a impegnarmi di più. L’ora di coricarsi arrivò presto e faceva talmente caldo che la mamma lasciò le persiane socchiuse.

      “Mamma, papà, presto, aiuto, aiuto, il fuoco, il fuoco!” Un bagliore rosso e arancione aveva invaso la mia cameretta. Il papà arrivò, mi fece alzare e mi accompagnò sul balcone. La signora Huber, la signora Beringer e la signora Eguemann erano uscite tutte e tre per ammirare lo straordinario spettacolo. Il sole era tramontato, le montagne blu erano divenute nere, tutto il cielo si era tinto di scarlatto e Jean, un giovanotto del vicinato, suonava una melodia nostalgica col suo mandolino.

      “Chi ha aperto la porta dell’inferno?”

      “Non è il fuoco dell’inferno, ma un tramonto eccezionale!”

      “No, per illuminare tutto il cielo deve essere un fuoco immenso!”

      Il papà e la mamma si guardarono scuotendo la testa.

      “Sono straconvinta! Questo bagliore proviene dall’inferno. Il curato ci ha detto che i peccatori impenitenti non salgono al cielo, ma discendono in un inferno ardente”.

      Il papà tentò di spiegarmi qualcosa a proposito di lava e di fuoco sotterraneo, ma i suoi discorsi servirono solamente ad accrescere il mio terrore e confermare le mie paure. La mamma mi riaccompagnò a letto, si sedette accanto a me e mi rassicurò nuovamente che si trattava di un semplice tramonto.

      “Non aver paura dell’inferno. Noi abbiamo i santi che intercedono per noi e anche un angelo custode”.

      Non servì a nulla, poiché io conoscevo molto bene la sorte di chi moriva senza la confessione e l’estrema unzione! Se i miei genitori fossero morti nel sonno, sarebbe stato tremendamente orribile. Da quella sera in poi mi intrufolavo ogni notte nella loro camera e verificavo che respirassero ancora mettendo il mio dito sotto il loro naso. Solo così riuscivo a prendere sonno.

      Una domenica pomeriggio uscimmo per l’abituale passeggiata e passammo davanti a una trattoria; mi ricordai di esserci già stata all’età di tre anni e di avere ballato su una tavola fra gli applausi dei clienti.

      Anche il papà se ne ricordò, infatti mi disse, con un’aria che avrebbe voluto sembrare severa: “Ti ricordi? Che sia chiaro una volta per tutte: non voglio assolutamente che tu divenga una ballerina di cabaret!”

      Non era il caso! Quella raccomandazione era del tutto superflua! Ero grande e seria ora; presto avrei compiuto sette anni! Sapevo tutto sulla malattia, sulla morte, sul purgatorio, sull’inferno e su Dio, che ci procurava ogni sorta di sventura per testare la nostra fede. I miei genitori cercavano di rassicurarmi, ma la mia spensieratezza era finita. L’educazione religiosa ricevuta a scuola mi aveva fatto comprendere quanto la vita terrena fosse difficoltosa e che io, per divenire santa, avrei dovuto sopportare molte prove. Questa era diventata la mia principale preoccupazione. Un anno di catechismo mi aveva immersa in uno stato permanente di terrore di Dio, questo Padre così severo ed esigente! Come avrei mai potuto essere dell’umore adatto per ballare?

      Seduta su uno sgabello, istruivo ancora Claudine. Cercavo di insegnarle la pronuncia dell’alfabeto tedesco. La mamma era sulle scale del caseggiato per il suo turno delle pulizie. La nostra vicina si accontentava di lavarle con uno straccio umido, invece la mamma passava la cera con insistenza fino a fare brillare il legno. La sentii parlare con qualcuno sul pianerottolo, rientrare nell’appartamento per prendere del denaro e riuscire subito.