Sola di fronte al Leone. Simone Arnold-Liebster. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Simone Arnold-Liebster
Издательство: Автор
Серия:
Жанр произведения: Биографии и Мемуары
Год издания: 0
isbn: 9782879531687
Скачать книгу
legno bianco ben lucidata, la spugna pulita e il fazzoletto piegato accuratamente. Anche le nostre dieci dita dovevano allinearsi alla perfezione sul banco. All’arrivo dell’insegnante piombò improvvisamente il silenzio, come quando si spegne una radio. L’ispezione richiese parecchio tempo perché la signorina esaminava tutto: le scarpe, le gonne e perfino le orecchie!

      Quel giorno non riuscivo a togliermi dalla mente l’agghiacciante spettacolo osservato nello Steinbächlein, il fiume che scorreva dietro casa nostra per poi sparire sotto terra. Qualcosa di azzurro veniva trasportato dalla corrente e due uomini cercavano di tirarlo fuori con dei ganci. “Simone, presto, entra in casa!”, mi aveva ordinato la mamma. Più tardi avevo sentito i vicini commentare la scomparsa di due gemelli di tre anni. Il corpo di uno era stato ritrovato, mentre quello dell’altro era stato inghiottito da un mulinello gorgogliante.

      “Mamma, dove sono ora i gemelli?”

      “Si trovano in cielo, sono degli angioletti”.

      Mentre camminava tra le file, la signorina ci avvisò dei pericoli del fiume. “La riva può essere traditrice. Il suolo può cedere sotto i vostri piedi”. Comprendemmo subito che quel giorno non ci avrebbe parlato come il solito dei santi, della loro vita o dei loro sacrifici, ma dell’annegamento e della morte. Ero molto dispiaciuta di perdere la lezione di religione.

      Quando tornavamo da scuola nel tardo pomeriggio, ero sempre triste di lasciare Frida davanti a casa sua. Non aveva la mamma ad aspettarla, né una dolce musica di benvenuto, niente tè per riscaldarla né una bevanda fresca per dissetarla, neppure un cagnolino che l’accogliesse festoso. Invece io avevo la mia mamma ad attendermi al ritorno. Nelle giornate di pioggia mi faceva sempre trovare il catino con l’acqua calda per un pediluvio e una deliziosa fetta di pane con della marmellata.

      Mi piacevano anche le conversazioni confidenziali tra noi due. Potevo aprirle il mio cuore e rivelarle tutto, o quasi. Avevo un piccolo segreto: provavo un’ammirazione travolgente anche per un’altra donna, ma, siccome temevo di farla ingelosire, avevo deciso di non parlargliene. Una giovane signora si era trasferita nel nostro quartiere. Ammiravo la sua bellezza e la sua eleganza. Divenne il mio modello. Ogni giorno, alla stessa ora, passava sotto casa nostra e io mi precipitavo alla finestra col batticuore per scorgerla. Quanto avrei voluto vederla da vicino!

      Il papà prendeva molto sul serio i miei compiti. Non accettava nessuno scarabocchio e se ce ne erano mi faceva ricominciare il lavoro, anche se mettevo il broncio. Amava ripetere: “So che puoi fare di meglio. Non dimenticare che porti il mio nome”. Esercitava la sua autorità in maniera dolce e piacevole. I rari momenti di ribellione mi facevano sprofondare dalla vergogna. Allora dicevo fra me: “Perché tenere testa a un papà così tenero?”

      CAPITOLO 2

      Riflessioni sulla morte e sull’inferno

      Le giornate si stavano accorciando. Coltri di nebbia si stendevano sopra i prati e le dalie reclinavano il capo. Noi bambini rincorrevamo le foglie morte sospinte dal vento e raccoglievamo anche le castagne che i maschi utilizzavano per bombardare le femminucce, costrette a nascondersi per scansarle. Quanto li detestavo!

      Era il periodo di Ognissanti e molte persone in visita ai cimiteri spingevano carriole ricolme di crisantemi bianchi e rosa. Presto le famiglie si sarebbero raccolte sulle tombe dei loro cari defunti. Anche zia Eugénie, pur abitando lontano, sarebbe venuta a Bergenbach per l’occasione.

      Con mio grande divertimento, i nostri vicini l’avrebbero di nuovo scambiata per mia madre. Aveva i capelli simili a quelli della mamma, ma la carnagione era ambrata, come le pietre della sua collana, e gli occhi parevano due ciliegie nere. Era facile prenderle per gemelle, perché avevano entrambe gli stessi modi allegri e vivaci. D’altronde era proprio così che si sentivano, perciò zia Eugénie era per me una seconda mamma.

      Accompagnai la nonna al cimitero di Oderen per ripulire le tombe dei nostri morti. Zia Eugénie, con in mano un grosso vaso di crisantemi, si accostò alla tomba di suo marito. La vidi pregare e piangere.

      “Nonna, perché piange?”

      “Perché tuo zio è morto da poco, a soli tre anni dal matrimonio”.

      “È annegato nel fiume?”

      “No, è morto di tubercolosi”.

      “La mamma mi ha detto che la morte è la porta per il paradiso”.

      Il giorno in cui ero entrata per sbaglio nella camera del mio bisnonno materno ero ancora molto piccola. Giaceva sul letto: con gli occhi chiusi e attorniato da corone di fiori finti, sembrava raccolto in preghiera. La tremolante luce di quattro grossi ceri e il soffocante odore di incenso si diffondevano nella stanza in penombra. In quell’occasione mi era stato spiegato che il nostro caro era in viaggio per raggiungere il cielo. Adesso, dunque, davanti alla sua tomba, ero confusa.

      “Nonna, la morte è veramente la porta per il cielo?”

      “Dipende, potrebbe anche essere la porta per l’inferno”.

      “Io ho già visto il fumo del fuoco dell’inferno. Qualche volta esce dallo scantinato della fabbrica dove lavora il papà. Quando lo vedo, mi allontano!”

      La nonna sorrise, prese le mie mani tra le sue e iniziò a recitare una preghiera, alla quale si unì anche zia Eugénie.

      “Perché preghi? I morti possono sentirci?”

      “Certo! Possono anche aiutarci, se non si trovano in purgatorio”.

      “In purga-che?”

      “Il purgatorio è il luogo dove, attraverso il fuoco, veniamo purificati dalle cattive azioni compiute e dai peccati commessi. Solo i santi salgono direttamente in cielo”.

      “Chi si occupa del fuoco dell’inferno?”

      “Il Diavolo, Lucifero. Una volta era un arcangelo, ma, per la sua superbia, fu costretto ad abbandonare il cielo e divenne il guardiano dell’inferno”.

      “Nonna, fa freddo! Sto tremando! Vorrei andar via di qua”.

      In Alsazia il cimitero viene chiamato “Kirchhof”, vale a dire “cortile della chiesa”. All’uscita l’ombra del campanile avvolgeva tutte le tombe. Su ognuna erano stati sistemati dei fiori, perciò conclusi che lì dovessero esserci sepolti solo dei santi.

      Raggiungemmo la fattoria dei nonni, dove attesi con trepidazione l’arrivo di mia cugina Angèle.

      ♠♠♠

      Tutta la famiglia contribuì agli ultimi preparativi per la festa di Ognissanti; zio Germain spostò la tavola e le sedie del soggiorno in un altro locale; il nonno portò in casa dei grossi ceppi per il camino; la mamma e zia Valentine prepararono le castagne da arrostire e la nonna accese un grosso cero vicino al crocifisso tra le due finestre. Tutti ci inginocchiammo, a parte la piccola Angèle che non sembrava particolarmente interessata alle pratiche religiose. Pronunciammo il nome di un defunto: “Reciteremo il rosario per il riposo della sua anima”. Le litanie parevano lunghi mormorii lamentosi. I gemiti del vento e i secchi scoppiettii del fuoco resero l’atmosfera più pesante del solito. Esaminai tutti i visi uno a uno.

      Zio Alfred non aveva gli occhi chiusi.

      “Zio, perché non preghi come si deve?”

      “Se tu stessa l’avessi fatto, non avresti potuto vedermi”, replicò prontamente. Non era vero! Ero perfettamente in grado di guardarmi attorno e allo stesso tempo pregare, io! Il bagliore del cero danzava sul soffitto. Era forse questo il fuoco dell’inferno? O quello del purgatorio? Fuori potevo vedere una luna livida scivolare tra le nuvole e animare ombre bizzarre e lugubri. Erano forse gli spiriti dei morti? Mi pervase un crescente sconforto, tutte quelle preghiere non finivano più… Le ginocchia mi dolevano. L’ultimo ceppo si spense e le castagne smisero di scoppiettare. La tremula luce del cero cominciò ad affievolirsi e la stanza a oscurarsi. Anch’io tremavo! Il filo di fumo nero dello stoppino si contorceva nell’aria in forme curiose. A un tratto il lucignolo, ormai quasi interamente consumato, lanciò un ultimo vacillante bagliore che illuminò