Sola di fronte al Leone. Simone Arnold-Liebster. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Simone Arnold-Liebster
Издательство: Автор
Серия:
Жанр произведения: Биографии и Мемуары
Год издания: 0
isbn: 9782879531687
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un cuore sanguinante. Lo scrutai attentamente e mi parve battere e sanguinare ancora più forte, poi tutto sparì, inghiottito dall’oscurità.

      Qualcuno si alzò e accese la luce. Zio Germain riportò nel soggiorno le sedie e la tavola, sulla quale furono disposti delle ciotole e del latte. La mamma e zia Valentine sbucciarono le caldarroste, ma quella sera mi sembrarono senza sapore.

      ♠♠♠

      Dicembre 1936

      Ero in piedi su una sedia e guardavo la mamma inginocchiata davanti a me: appuntava gli spilli per segnare l’orlo del mio costume da angelo, confezionato con un vaporoso tulle bianco. Sulla schiena vi aveva applicato due ali. Ripetevo la mia parte all’infinito. I miei genitori avevano permesso alla maestra di inserirmi nelle Allodole, un circolo cattolico per bambini. Sotto la direttiva del parroco dovevo interpretare il ruolo dell’arcangelo Gabriele in una rappresentazione teatrale natalizia. I miei incubi sul fuoco dell’inferno mi avevano tormentata fin dalla festa di Ognissanti, ma ora i preparativi per la recita li avevano gradualmente scacciati. Ero di nuovo in piena forma!

      La vigilia di Natale non riuscivo a prendere sonno per l’eccitazione: finalmente era giunta la notte del 24 dicembre e Gesù Bambino sarebbe passato. Lottavo per tenere gli occhi aperti. Improvvisamente, verso mezzanotte, la mamma mi chiamò, mi pettinò e mi fece indossare una vestaglia. Dalla sala da pranzo proveniva una luce soffusa. Mi disse: “Gesù Bambino è venuto! Andiamo a vedere che cosa ti ha portato!”

      Quasi non ci credevo! In un angolo della stanza aveva lasciato un piccolo abete tutto addobbato: la luce delle candele accese, che si rifletteva sulle bocce di vetro multicolore, produceva un magico scintillio tra le ghirlande argentate. Sotto i rami erano disposte arance e noci. Nell’avvicinarmi, scorsi una carrozzella e una magnifica bambola. “Mamma, papà, guardate! Gesù Bambino ha indovinato i miei desideri!” Tempo prima la nostra vicina, una persona particolarmente curiosa, aveva domandato quale regalo avessi ordinato e la mamma aveva giustamente osservato: “Un regalo non si ordina! Sicuramente Gesù Bambino conosce con esattezza che cosa tu desideri e meriti, Simone!” Come aveva avuto ragione!

      La bambola era seduta con le braccia tese, come se reclamasse una mamma. Gesù sapeva quanto sognassi una bambina. Strinsi forte la bambola al mio petto e le diedi subito un nome, Claudine.

      Il giorno seguente ci esibimmo nella nostra rappresentazione teatrale. Il sipario calò sul primo atto e il pubblico applaudì, ma, per il secondo, furono gli incoraggiamenti dei miei insegnanti a infondermi la sicurezza necessaria: ultimamente avevo sognato spesso di trovarmi sul palcoscenico con la bocca spalancata e completamente afona.

      Zia Eugénie, che lavorava come governante presso la famiglia Koch, venne a trovarmi durante l’intervallo e mi disse: “Togliti il costume da angelo e seguimi! Fa’ pure con comodo, hai abbastanza tempo.

      “I Koch gradirebbero conoscerti; si trovano con i tuoi genitori in un palco della balconata”. Nella penombra avevo difficoltà a distinguere l’ambiente. Lo spazio era ridotto al minimo e le poltroncine ricoperte di velluto rosso emanavano uno strano odore. Il signor Koch si alzò tendendo la mano destra verso di me: “Sono molto onorato di incontrare una signorinella così incantevole e dotata”. Poi mi fece il baciamano! Ero completamente imbarazzata; per fortuna sua moglie aggiunse: “E con un vestitino così grazioso!”

      “Sì, è stata la mamma a cucirmelo”. Ne ero così fiera che desideravo farlo sapere a tutti quanti. Andavo pazza del mio completo di velluto nero con la giacchetta bordata di roselline.

      La porta del palco si aprì. Henriette, una piccola minorata mentale, era ferma sulla soglia; portava al collo un cestino appeso a una correggia. Scossa da tremiti in tutto il corpo, ce lo mise sotto il naso. Ci guardava con occhi supplichevoli e ripeteva con voce implorante: “Per favore, per favore, acquistate un biglietto della lotteria! Vincerete sicuramente!” Tutti noi ne comprammo e lei corse verso il palco successivo, dove era seduto un uomo solo, che manifestò il suo rifiuto scuotendo la testa. Lei allora fuggì via tutta rossa in volto. Povera ragazzina! Che pena! La mamma guardò con aria di rimprovero la persona che aveva rifiutato il biglietto. Lo riconobbi: era il curato della nostra parrocchia.

      Il campanello annunciò l’inizio del secondo atto. Dovevo sbrigarmi! Ormai le luci si stavano abbassando. Incrociai Henriette che tornava indietro. Il prete le aveva fatto cenno di avvicinarsi.

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      La rappresentazione fu un vero successo! Il sipario calò, si rialzò immediatamente e fummo richiamate sul palcoscenico. Alcune di noi avanzarono di qualche passo per salutare. Il teatro era gremito, tutti applaudivano e allora mi commossi fino alle lacrime. Avevo voglia di fuggire, ma rimasi inchiodata al pavimento. Allora Il sipario si abbassò definitivamente. Qualcuno dovette prendermi per mano e accompagnarmi fuori con le altre. Ero esausta e desideravo soltanto rifugiarmi nel mio letto, sotto le coperte.

      La mamma mi raggiunse dietro le quinte, mi abbracciò e mi diede un bacio. Rannicchiata in quell’affettuosa stretta, la sentii irritata e tesa. Qualcosa doveva averla contrariata. Si rivolse incollerita al regista: “Simone non reciterà più con voi e si ritirerà dal gruppo delle Allodole. Non allevo mia figlia per poi esporla al pericolo!”

      “Ma che intendete dire?”, domandò lui molto stupito.

      “Avreste dovuto vedere che cos’è successo nel palco accanto al nostro!” (Anni dopo venni a sapere che il curato aveva trattenuto Henriette e si era abbandonato ad atti sconvenienti.)

      La mamma mi portò via in fretta e mi disse: “A casa ti attende la tua bambola Claudine, la tua bimba e lei ha bisogno di te! È sicuramente più importante di queste Allodole! Presto, rientriamo!” Attribuii il suo dissenso alla mia evidente stanchezza e le fui molto riconoscente.

      “Sì, devo occuparmi di Claudine, povera piccola, è a casa tutta sola!”

      L’indomani, con Claudine al mio fianco, imparai a lavorare a maglia. Anche Zita mi teneva compagnia. Guardai dalla finestra e vidi i fiocchi di neve mutarsi a poco a poco in gocce di pioggia, che rovinarono il bel manto immacolato.

      Ci recammo sul posto di lavoro di zia Eugénie. A forza di sguazzare nella fanghiglia gelata, i nostri piedi erano fradici e intirizziti. La signora Koch aveva pregato la zia di invitarmi alla festa di Natale che stranamente lei celebrava qualche giorno dopo il 24 dicembre.

      La mamma mi aveva ripetuto allo sfinimento le arcinote raccomandazioni: ‘Sii educata! Non devi mettere un piede sopra l’altro quando sei in posizione eretta! Non devi toccare i mobili! Non devi servirti da sola! Non devi masticare con la bocca aperta! Non devi entrare in un locale senza esservi stata invitata! Non devi mettere i gomiti sulla tavola né appoggiare la testa sulle mani! Non devi giocare con i capelli! Non devi… non devi… non devi!’

      La grande villa mi riempì di soggezione. Aveva una scalinata di marmo, degli specchi di cristallo sfaccettato e un tappeto dai colori vivaci. La miscela di aromi di pino, candela, cioccolato e torta, le fragorose risate dei tre piccoli Koch e dei loro cugini, un albero di Natale alto fino al soffitto con un mucchio di pacchetti multicolori ai piedi… ero talmente frastornata che avrei voluto avere le ali ai piedi per fuggire via!

      “Accomodati, Simone, non essere timida, non ti faranno certo del male!”

      Zia Eugénie mi presentò ai bambini e ai loro cugini, che non parevano per nulla entusiasti di trovarsi in presenza di una ragazzina. “I maschi sono tutti uguali – pensai – anche questi sono dispettosi come i miei compagni di scuola, che continuano a lanciarci le castagne”. Non li sopportavo proprio!

      Mi fecero accomodare su una sedia così alta che i piedi penzolavano e in più i capelli mi infastidivano. Osservando la scena la zia sorrise. Con un gesto dolce, ma deciso mi toccò le ginocchia per farmi smettere di ciondolare le gambe, poi spostò la mia mano che si trastullava con i capelli. Io arrossii. Qualcun altro aveva forse notato i miei atteggiamenti poco garbati?

      La signora Koch, in un elegante abito di pizzo e con una collana a tre fili, si sedette accanto a me. Mi rivolse la