Fummo anco d'accordo sulla necessità di migliorare le condizioni commerciali dei tre Stati, stipulando dei favori speciali che ne rendano più facili le relazioni, e talmente intimi i vincoli da resistere alla guerra che potrebbe venirci dalla Francia, qualora la nuova legge doganale uscisse così aspra da quel Parlamento da non permetterci di venire a patti. Non una lega doganale si vorrebbe fra i tre Stati, ma una maggiore mitezza nei dazii d'importazione.
Ciò posto, siam rimasti intesi che i tre governi metterebbero allo studio le varie questioni, che il grave argomento comprende. Quando gli studii saran terminati, affideremo a delegati speciali, che potrebbero esser due per ciascuno Stato, l'esame del problema e le proposte per la sua soluzione.
Finchè la Francia è in repubblica — ed ormai questa forma di governo colà sembra consolidata — essa sarà sempre una minaccia per le monarchie in Europa. La [pg!13] Russia deve capirlo, essendo ormai Parigi l'asilo dei nihilisti — e le due penisole, l'Italiana e l'Iberica, lo sanno per la propaganda morale e gli aiuti finanziari dati ai partiti sovversivi dal governo del finitimo territorio.
Noi in Italia siamo abbastanza forti: il sentimento monarchico nelle nostre popolazioni è profondo, e resiste all'apostolato rivoluzionario. Ci battiamo e non ci faremo vincere. Non bisogna però nascondere a noi stessi che il Vaticano accenna a valersi dei radicali, e si è visto nelle ultime elezioni. Il cardinale Lavigerie, nella sua nuova fase, lavora d'accordo col Papa. I cardinali in parte dissentono, ed anche il clero francese non è compatto; ma ignoriamo quello che ne potrà avvenire più tardi.
Le monarchie pericolanti sono la portoghese e la spagnuola, e la prima più della seconda. Ove esse cadessero, e a Lisbona e Madrid la repubblica fosse proclamata, nissun dubbio che codesto sarebbe il principio di una trasformazione politica, che la Francia è interessata ad apportare in Europa. I tre governi alleati dovrebbero meditare sul possibile avvenimento, comunicarsi le loro idee, ed agire, ove d'uopo, nelle vie diplomatiche.
Il conte di Caprivi si disse convinto di ciò, e promise di procedere d'accordo.
Stabiliti gli argomenti che importa meditare e determinati i criterii secondo i quali i governi delle tre monarchie alleate dovrebbero condursi, resta a Lei, signor conte, di ragionarne con codesto ministro degli affari esteri, prendere con lui gli accordi necessarii, e manifestarmi le sue intenzioni. La lunga esperienza dell'E. V. supplirà alle lacune che può presentare questa mia lettera, affinchè si possano raggiungere gli scopi che io mi son prefisso, e nei quali è consenziente il Cancelliere germanico.
E dopo ciò accolga i miei più cordiali saluti.
Devotissimo
F. Crispi.»
[pg!14]
«Vienna, 10 dicembre 1890.
Le confermo mio precedente telegramma. Esposi a Kálnoky il contenuto della lettera. Egli d'accordo in massima con V. E. e Caprivi,....
Quanto alle questioni commerciali prevede un intoppo nell'articolo XI del Trattato di Francoforte.2 Chiede tempo per studiare le due questioni. Intanto si vedrà fra non molto su quali basi si potranno fare concessioni commerciali fra l'Austria-Ungheria e la Germania, il che faciliterebbe la soluzione anche per l'Italia. Nell'esame delle due questioni Kálnoky apporterà vivo desiderio d'accordo completo. Divide poi l'opinione di V. E. sulla convenienza di una direzione diplomatica uniforme per la difesa delle istituzioni monarchiche.
Nigra.»
[Telegramma]
«Roma, 15 dicembre 1890.
Il barone de Bruck mi ha letto una nota del conte Kálnoky con la quale dichiara che il ministro austriaco [pg!15] è meco d'accordo in tutte le quistioni le quali furono oggetto del colloquio col conte Caprivi e che riassunsi a Lei con mia particolare del 4 corrente. Chiede intanto che io concreti le mie idee sulle modificazioni alla convenzione del 1887, il che sarà fatto.
Discorrendo col Bruck intorno al miglioramento delle relazioni commerciali ed economiche, si cadde d'accordo sulla necessità della proroga, di un anno almeno, del diritto alla denunzia del trattato 7 dicembre 1887, affinchè le due parti avesser agio a studiare la grave quistione. Bruck scrive oggi stesso a cotesto scopo a Kálnoky affinchè fosse autorizzato ad uno scambio di note. Voglia parlargliene e fare le debite sollecitazioni, stringendo il tempo e dovendo io rispondere ad interpellanze parlamentari sull'argomento.
Crispi.»
[Telegramma]
«Vienna, 16 dicembre 1890.
Ho vivamente impegnato Kálnoky allo scambio di note per proroga di un anno del diritto di denunzia del trattato di commercio. Kálnoky consente pienamente con V. E.; ha subito telegrafato a Pest ed ha fatto la proposta al Ministero austriaco d'agricoltura e commercio. Egli crede che non vi sarà ostacolo, ma forse bisognerà sottomettere scambio di note alla sanzione del Parlamento, che secondo Kálnoky potrebbe essere data anche dopo il dicembre.
Kálnoky mi ha promesso che non porrà indugio alla soluzione ed io lo solleciterò più che posso.
Nigra.»
[pg!16]
Capitolo Secondo. — La Tripolitania e la Francia.
La Triplice Alleanza e gl'interessi italiani nel Nord-Africa. — La Francia sulla frontiera tripolo-tunisina sino al 1890. — Una memoria del generale Dal Verme sul confine storico tra la Tunisia e la Tripolitania. — L'accordo anglo-francese del 5 agosto 1890. — Rimostranze di Crispi presso il governo inglese. — Nota di Said pascià su l'hinterland tripolitano. — Come si potevano impedire le ulteriori usurpazioni della Francia. — Crispi e il governo francese; questo nega di aver delle mire sulla Tripolitania. — Una nuova carta francese dell'Africa. — Dichiarazioni del ministro Ribot alla Camera. — Protesta di Crispi. — Stato della questione al 1894. — La convenzione franco-germanica. — La Francia tenta avanzarsi nel Sudan egiziano. — Fascioda. — Nuovi accordi anglo-francesi a danno dell'hinterland tripolitano. — L'Italia rinunzia senza compensi ai suoi diritti in Tunisia. — L'accordo franco-italiano del 1902. — L'opera di Crispi nel Marocco. — L'occupazione italiana della Tripolitania e un cattivo presagio.
Dai documenti che precedono — i quali, per quanto si riferisce alle precise stipulazioni della alleanza dell'Italia con la Germania e con l'Austria, sono necessariamente reticenti, un dovere elementare vietandoci di rivelare segreti di Stato — si deduce tuttavia quali fossero, alla fine del 1890, gli obiettivi della politica estera di Crispi. Il trattato d'alleanza non era lontano a scadere; l'esperienza aveva dimostrato che se esso garentiva la pace, l'Italia era esposta per questo beneficio comune alle tre potenze, a sopportare da sola i danni della guerra accanita che la Francia le faceva nel campo economico e, fuori d'Europa, anche nel campo politico. La teoria che i rapporti economici e i rapporti politici non debbano influirsi scambievolmente, non poteva convenirci perchè era innegabile che a cagione dell'alleanza noi subivamo danni ingenti dalla ostilità francese, con la rottura delle relazioni commerciali e coi colpi incessanti al nostro credito internazionale. [pg!17]
Crispi aveva dimostrato al Cancelliere germanico che le grandi alleanze politiche non possono essere limitate a categorie d'interessi e che il trattato della Triplice per arrecare tutti i suoi benefici doveva comprendere, oltre la garenzia territoriale, la difesa d'ogni interesse essenziale di ciascuno degli alleati nelle complesse relazioni della vita internazionale. E il generale Caprivi aveva aderito a tali vedute e domandato che il ministro italiano concretasse le sue proposte.
Ma l'argomento sul quale Crispi richiamò più vivamente l'attenzione del suo collega, come quello che racchiudeva un pericolo imminente e grave per l'Italia, fu la condotta della Francia nel Nord-Africa.
Crispi