La pergamena distrutta. Virginia Mulazzi. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Virginia Mulazzi
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066073343
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a tali rimproveri?

      Cosa strana! Quell'uomo era coraggioso, franco: eppure rimase intimidito: si pentì quasi di aver ceduto ad un subito impulso di collera.

      Certe sensazioni non si ragionano: non si comprendono nemmeno talvolta: ma si provano, benchè non abbiasi il coraggio di confessarle.

      Don Francesco si era pure avvicinato al letto funebre del padre, ed immergeva i suoi sguardi ora in questo, ora nella sposa, ora in donna Rosalia.

      Era impaziente: il prolungarsi di quella situazione gli pesava: ma però si conteneva perfettamente, tanto che il conte di San Giorgio, il quale l'osservava di continuo, si chiese se egli si fosse risolto a perdonar tutto ed a riparare la colpa del padre.

      Dopo breve tempo il cavaliere di Malta si congedò freddamente da don Francesco: non sapeva che fare: andò a stringere con amicizia le mani di donna Rosalia, sua figlioccia: poi fece per parlare alla giovane duchessa; ma in quell'istante vide donna Maria guardarlo in un modo che lo spaventò: sicchè senza proferir parola, salutò profondamente donna Livia, ed escì.

      Che significava tutto ciò?

      Don Francesco fece sortire le sue sorelle: indi si rivolse a donna

       Livia:

      —Venite, signora, le disse.

      Ella si alzò e lo seguì. Era commossa; ma nulla indicava che fosse atterrita.

      Il duca silenzioso la condusse nel loro appartamento in una sala, di cui rinchiuse gli usci: indi, piantandosi in faccia a lei, la fissò qualche momento senza parlare: finalmente diede libero sfogo alla sua collera.

      —Ah! esclamò, voi pensaste dunque di potermi offendere impunemente? Mi credeste vostro schiavo, vostro trastullo? Non mi conoscete ancora?… Vi pentirete, signora, di quanto avete fatto: ve ne do la mia parola!…

      —Mai! rispose donna Livia con voce sicura; mai mi pentirò di un'azione giusta.

      —Un'azione giusta!… Osate chiamarla tale in faccia mia?…

      Ed il duca furibondo fece un passo verso di lei: ma subito si arrestò. Gli è ch'ella era pur bella in quell'istante, in cui un nobile sdegno aveva acceso delle scintille ne' suoi grandi occhi, e ch'egli l'amava con vera passione.

      Pure si vedeva ch'ella non cercava di affascinarlo: forse perciò appunto riesciva intieramente.

      —Ah! mormorò tra sè don Francesco retrocedendo; mi sarebbe impossibile offenderla troppo! Dunque, cederò io questa volta a lei? No!

      E si mise a percorrere la sala agitatissimo.

      Egli aveva sposato donna Livia sapendo ch'ella non lo amava: anzi dopo che ella stessa lo aveva pregato di rinunziare alla sua mano, adducendo a motivo di quel rifiunto l'essere stata perdutamente innamorata di un cavaliere morto poco prima.

      Bella, nobile, ricchissima, don Francesco aveva tentato ugualmente ogni mezzo per conseguirla; ma allora egli sperava dominarla facilmente: sin là aveva creduto la donna un oggetto di piacere, una distrazione, non di più; ma quando ebbe sposato donna Livia, comprese che ciò non era: non voleva convenirne però, e si rivoltava contro sè stesso per pensare talora il contrario.

      Ed intanto si sentiva ogni giorno più trascinare verso quella donna giovane e bella, che metteva nel bene tanta forza quanta ei ne metteva nel male; e che al fascino della bellezza, della grazia, della gioventù, aggiungeva quello della superiorità del carattere.

      Dopo aver passeggiato qualche tempo come un pazzo, il duca si rivolse di nuovo a donna Livia, che era rimasta in piedi dinanzi al camino.

      —Voi non parlate, signora? le chiese con amarezza; perchè?

      —Perchè parlando non potrei che ripetere quanto ho già detto, rispose ella freddamente.

      Egli tacque: eppure soffocava dalla collera. Quando si vuol dir troppo non si dice nulla, talvolta…. Ma poi, ritornando alla sua idea fissa, che cioè non doveva cedere, nè sopportare in pace un'offesa, abbandonò quella calma forzata.

      —Oh, disse, io saprò punire quelli che non rispettarono il mio volere, che tentarono farmi arrossire!… E colei che venne ad incontrarvi, ad informarvi di tutto, proverà prima il mio sdegno… Donna Rosalia…

      —Voi non farete ciò, signore, rispose la duchessa; d'altronde su di me sola deve pesare la responsabilità di quanto io sola feci.

      —Ah! è così che voi… Ma neghereste che mia sorella vi aveva avvertita, prevenuta?

      —Non lo nego.

      —Dunque?

      —Dunque è egualmente inutile che vi adiriate con donna Rosalia: perchè, ove anche ella non mi avesse informata a tempo, e non mi fosse stato possibile distruggere quella pergamena….

      —Ebbene?

      —Mi sarei opposta a che voi la conservaste, e non cercaste rimediare….

      —Oh, voi non avreste potuto nulla, signora! disse egli alzando le spalle.

      —Perchè? Il segreto non era noto a voi solo, ed io certo lo avrei presto conosciuto.

      —E che m'importa se mi rimaneva in mano quella prova? disse il duca con veemenza.

      Ed aggiunse con maggior calma:

      —Allora non avreste potuto cangiare assolutamente la menoma cosa, nè vincere la mia volontà, ve lo assicuro…. Vedete dunque che senza quella sciocca fanatica….

      —Non insultate vostra sorella, che meriterebbe invece la vostra stima…. Poi, ve lo ripeto: è vano…. Non so ciò che avrei fatto; ma in ogni modo non avrei mai permesso che rimanesse a mio figlio ciò che non gli appartiene.

      Don Francesco durava veramente fatica ad ascoltare ancora: meravigliava di sè stesso, della sua sofferenza. Certo la situazione, in cui si trovava, era penosa: poichè l'orgoglio, l'interesse, il risentimento combattevano nel suo cuore coll'amore una lotta orribile.

      —Ah! esclamò dopo un istante; ciò che non gli appartiene? Eppure, signora, quell'atto era fatto volontariamente, e colui che lo fece aveva il potere di diseredare un figlio ribelle, che era disceso ad una unione disonorante.

      —Sì; ma lo aveva revocato.

      —Ah, sapete anche questo? chiese il duca con sdegno.

      —Sì, disse donna Livia: e guardate, aggiunse con fermezza; per persuadervi che io avrei riparato egualmente, anche malgrado l'esistenza della pergamena, vi dirò in qual modo avrei agito.

      —E come?

      —Disponendo delle mie sostanze, di cui sapete che, per volere di mio padre, ho quasi per intiero l'assoluta proprietà, sino all'ammontare della parte di eredità legittima che spetta a vostro zio, e…

      Il duca interruppe.

      —E credete che ciò vi sarebbe stato possibile? le domandò con ironia.

      —Nulla è impossibile quando la giustizia lo esige.

      —Che volete dire con ciò? Che io sono ingiusto?

      —No; ma che ringrazio il cielo, il quale non permise….

      —Tacete! tacete! esclamò il duca furioso.

      Egli si sentiva tratto con violenza ad imporre colla forza silenzio a sua moglie, a gettarle almeno in viso una di quelle parole umilianti che trafiggono coloro cui sono dirette, ed avviliscono tante donne, le quali cadono allora ai piedi di chi le insulta; ma donna Livia! Ei la conosceva: guai se non l'avesse rispettata!

      Che avrebbe dato in quell'istante per non amarla?…

      Ed invece la fermezza di lei, il suo coraggio gliela rendevano maggiormente cara.

      Ella sembrava riflettere.

      —Signore, disse poi con calma; io voglio sperare che,