Politica estera: memorie e documenti. Francesco Crispi. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Francesco Crispi
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066088132
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ai tedeschi nell'esercizio dei diritti civili in Germania. Mi consigliò di andare da Leonhardt e d'intendermi con lui su cotesto argomento.

      Si parlò del banchetto e del pranzo alla Corte di Potsdam. Il Principe era lieto di coteste manifestazioni.

      Alle due e mezza, accompagnato dal conte di Launay vado al Ministero di Giustizia per rivedere il dottor Leonhardt. Questi è un uomo sui 60 anni: viso aperto, maniere affabili. Entrammo subito in materia. Dissi come sia oramai giunto il tempo che all'infuori della vita politica cessi ogni disparità di trattamento tra i cittadini dei vari Stati. Nella sfera delle relazioni individuali un giure universale deve garentire gli stessi diritti in ogni paese a tutti gli uomini, senza distinzione di nazionalità. Ricordai che l'Italia col suo nuovo Codice aveva dato l'esempio agli altri popoli, ammettendo gli stranieri al pieno esercizio dei diritti civili. Osservai essere deplorevole che nessun governo ci avesse seguito in quella via. Dimostrai la necessità di un trattato tra la Germania e l'Italia per togliere ogni difformità nelle legislazioni dei due paesi.

      Il Leonhardt si dichiarò favorevole e promise che si sarebbe adoperato per esaudire i nostri desideri.

      23 settembre. — Alle 4 ½ giungono al Kaiserhof gli onorevoli Loewe e Dernburg; e ci rechiamo insieme alla trattoria dell'Europa (Poppenberg), la quale è sita nella strada Unter den Linden (Sotto i tigli).

      Il banchetto era preparato nella gran sala, con molta semplicità, ma con vera eleganza.

      Vi trovai il conte di Launay, il quale mi aveva preceduto, membri del Reichstag e delle due Camere del Landtag, plenipotenziarii al Consiglio Federale, direttori ministeriali, e sottosegretari di Stato, il Borgomastro di Berlino, artisti, scienziati, giornalisti. Al banchetto era rappresentato ogni partito politico, il nazionale in maggioranza, il progressista quasi al completo, e per la Destra era il sig. Grävenitz.

      Appena arrivai, il presidente von Bennigsen fece le presentazioni; e poco dopo ci siam posti a mensa. Il presidente della Camera Prussiana aveva me alla sua sinistra, il conte di Launay a destra.

      Venuta l'ora dei brindisi, il signor de Bennigsen si levò e propose un evviva a Guglielmo imperatore ed al re Vittorio Emanuele.

      Tutti si alzarono entusiasti, acclamando i due sovrani.

      Vi fu un momento di pausa; ed il Bennigsen surse nuovamente, e propose un brindisi in onore del Presidente della Camera italiana. Egli parlò in francese, ed i brindisi, che poscia seguirono, furono quasi tutti in francese.[8]

       L'oratore ricordò gli antichi rapporti intellettuali e scientifici fra l'Italia e la Germania. Parlò delle bellezze artistiche e naturali della penisola, le quali in ogni tempo attrassero i tedeschi a visitarla ed esercitarono sui medesimi un predominio morale.

      Accennò di volo alle lotte medioevali, ma subito soggiunse che, alle guerre di conquista, succedettero i tempi di pace, nei quali il mutuo affetto fra le due nazioni fu cementato dal vincolo degli interessi comuni.

      «La Germania — egli disse — sente per l'Italia una franca e leale amicizia. Le due nazioni hanno le medesime aspirazioni e gli stessi scopi, il mantenimento dell'unità nazionale, lo svolgimento di una costituzione liberale e parlamentare. Esse devono difendere in comune cotesti beni, e devono con la loro unione rendersi prospere all'interno, forti e rispettate all'estero. Così nel presente, come nell'avvenire, l'Italia e la Germania sono interessate a procedere d'accordo.

      Saranno pochi in questa sala coloro i quali non abbiano visitato l'Italia, mentre avvien di rado che un italiano giunga fra noi, ed affronti il nostro clima, forse troppo temuto. Quindi è che ci dobbiamo tanto più rallegrare della presenza del nostro ospite.

      Nel sig. Crispi, noi onoriamo uno dei più valorosi uomini del suo paese, un uomo animato da un entusiastico amor di patria, eminente per grande avvedutezza politica e per conoscenza di tutto ciò che possa meglio giovare alla terra natia.

      Vogliate dunque associarvi a me con un evviva all'unione delle due nazioni, alla gloria ed alla grandezza d'Italia, al Presidente della Camera dei deputati italiani, uno dei più nobili figli del suo paese».

      Tutti si alzarono ed acclamarono. Fui quindi anch'io obbligato a parlare e mi dichiarai innanzi tutto dolente di non poter adoperare la lingua tedesca. Ringraziai in nome dell'Italia e dissi che al di là delle Alpi viveva per i tedeschi un popolo di fratelli. Il giorno in cui l'Italia e la Germania si sono rilevate, esse hanno compreso la solidarietà dei loro interessi. Ricordai lo stato dei due paesi dal medio-evo al 1815. L'antico impero non ebbe vera grandezza, fu reazione e dispotismo; il Congresso del 1815 negò all'Italia come alla Germania ogni esistenza politica nel vecchio continente. Fortunatamente il movimento nazionale iniziato nel 1848, dopo infinite prove e sacrifizi, e grazie alle due dinastie che compresero lo spirito del popolo e le tendenze dei loro tempi, ci ha condotto alla costituzione di due nazioni le quali, vivificate all'interno dalla libertà, sono all'estero un pegno di pace per l'Europa.

      Il nuovo impero germanico nulla ha da fare con l'antico, la bandiera di Ratisbona fu abbassata; la bandiera attuale è segnacolo di libertà e di unità, e ispira fiducia all'Italia. Conclusi proponendo un brindisi all'Imperatore, rappresentante dell'unità germanica, e alla perpetua amicizia della Italia e della Germania.

      Parlarono poi Schulze-Delitzsch; l'ambasciatore d'Italia di Launay, e il borgomastro di Berlino, Dunker, il quale dopo aver ricordato che l'Italia fu madre di civiltà agli altri popoli, propose un saluto a Roma, applauditissimo.

      24 settembre. — Alle 11 visita alle carceri correzionali. Divisione dei giovani dagli adulti — gli opifici comuni e le nicchie da letto — la sinagoga e la cappella — le celle ed il lavoro — trenta mestieri — le scuole — la cucina, l'infermeria — gl'impiegati — i soldati di guardia alla porta del carcere.

      All'una, visita al principe di Bismarck.

      Seguendo il consiglio del barone di Holstein salii all'appartamento del Gran Cancelliere. Appena introdotto, il Principe si levò, ci siamo stretti affettuosamente la mano, ed io:

      — Non volevo lasciar Berlino senza avervi veduto.

      — Ed io son venuto apposta a Berlino per darvi la promessa risposta.

      Per la reciprocità, fra i due paesi, nel godimento dei diritti civili, sulla base dell'art. 3 del vostro Codice, noi siamo pronti a stipulare il trattato.

      Mandate la regolare autorizzazione e faremo tutto.

      — Non è questo solo che io desidero, e che il mio Re domanda. Che mi dite del progetto di alleanza tra il regno d'Italia e l'impero germanico nel caso che l'uno o l'altro o ambedue fossero attaccati dalla Francia?

      — Non ho visto ancora il Re e non è cosa di cui potrò scrivergli. Bisogna parlargli e riceverne gli ordini a voce.

       — Ma in Germania chi più potente di Bismarck? Se siete deciso, se ritenete che quello che io propongo è utile ai due paesi, il Re non ha motivo di esservi contrario.

      — Io sono pronto a negoziare. Fatevi spedire il mandato e ci metteremo d'accordo per la stipulazione del trattato.

      — Su quali basi? Quali dovranno essere i principii regolatori? E che faremo per l'Austria?

      — Vi dissi, che per la Francia son pronto a trattare: per l'Austria no. La posizione nostra coi due paesi non è la stessa. Lo stato attuale della Francia è incerto. Nella lotta tra Mac-Mahon e il Parlamento non sappiamo chi riuscirà vincitore. Il General Presidente, col suo proclama elettorale, si è molto compromesso e non sappiamo se dalle prossime elezioni generali verrà una Camera monarchica. Un Re non si potrà sostenere che con l'esercito, il quale vorrà la rivincita....

      — Ed io vi soggiungo che si appoggerà anche sul clero, il quale vorrà la restaurazione del potere temporale del Papa.

      — Nissuno di cotesti pericoli possiamo temere dall'Austria, ed a noi conviene tenercela amica. Vado anche più in là: io non voglio neanco presumere che possa divenirci nemica. Del resto, se essa cangerà politica, il che non credo, avremo sempre tempo per intenderci.

      — Limitiamoci