– Chi siete, signore? – ha chiesto il castigliano senza paura. – Dalle vostre vesti sembrate un gentiluomo, ma l'abito non fa il monaco[37]. Forse siete un bandito.
– Questa parola potrebbe costarvi cara, – ha risposto il Corsaro.
– Vedremo più tardi.
– Siete coraggioso, signore. Vi consiglio di deporre la spada e arrendervi.
– A chi?
– A me.
– Ad un bandito che tende un agguato[38] per uccidere le persone?
– No, al cavaliere Emilio di Roccanera, signore di Ventimiglia.
– Ah! Voi siete un gentiluomo! Perché il signore di Ventimiglia cerca di farmi uccidere dai suoi servi?
– Nessuno voleva uccidervi. Si voleva solo disarmarvi e tenervi prigioniero per qualche giorno.
– E perché?
– Per impedirvi di avvisare l'autorità di Maracaibo che mi trovo qui, – ha risposto il Corsaro.
– Forse il signore di Ventimiglia ha problemi con l'autorità di Maracaibo?
– Non sono amato da loro, soprattutto da Wan Guld. Sarebbe felice di catturarmi, come io sarei felice di catturarlo.
– Non vi capisco, signore, – ha detto il castigliano.
– Questo non vi interessa. Volete arrendervi?
– Oh! Lo pensate veramente? Un uomo con la spada cedere senza difendersi?
– Allora dovrò uccidervi. Non posso permettervi di andarvene. Io e i miei compagni saremmo in pericolo.
– Ma chi siete voi infine?
– Avreste dovuto capirlo: noi siamo filibustieri della Tortue. Difendetevi, ora vi ucciderò.
– Lo credo, affrontando tre avversari.
– Non preoccupatevi di loro, – ha detto il Corsaro, indicando Carmaux e il negro. – Quando combatto, loro non si intromettono.
– In tal caso, vi combatterò e spero di vincere. Non conoscete ancora la forza del conte di Lerma.
– Come voi non conoscete quello del signore di Ventimiglia. Conte, difendetevi!..
– Una parola se me lo permettete. Cosa avete fatto di mio nipote e del suo servo?
– Sono prigionieri con il notaio, ma non preoccupatevi per loro. Domani saranno liberi e vostro nipote potrà sposare la sua bella.
– Grazie, cavaliere.
Il Corsaro Nero si è inchinato leggermente, poi è sceso rapidamente le scale e ha attaccato il castigliano con tanta forza che lui ha dovuto indietreggiare di due passi.
Per alcuni istanti nel corridoio stretto si sentiva solo il rumore delle spade. Carmaux e il negro, appoggiati alla porta, guardavano il duello senza parlare, seguendo con gli occhi i movimenti rapidi delle lame. Il castigliano combatteva bene, parava con calma e colpiva con precisione, ma presto ha capito che ha un avversario molto forte.
Dopo i primi colpi, il Corsaro Nero era diventato calmo. Non attaccava spesso, difendeva solo, per stancare l'avversario e studiare il suo gioco. Fermo nelle sue gambe muscolose, con il corpo diritto e gli occhi attenti, sembrava giocare. All'improvviso, il Corsaro è avanzato. Con un colpo secco ha disarmato l'avversario facendogli cadere la spada. Il castigliano, senza arma, è diventato pallido e ha gridato. La punta della spada del Corsaro minacciava il suo petto, poi si è rialzata.
– Voi siete un valoroso, – ha detto, salutando l'avversario. – Voi non volevate cedere la vostra arma: ora io me la prendo, ma vi lascio la vita.
Il castigliano è rimasto immobile, sorpreso di essere ancora vivo. Ha fatto due passi in avanti e ha teso la mano[39] al Corsaro, dicendo:
– I miei compatrioti dicono che i filibustieri sono uomini senza fede, solo ladri di mare; io ora posso dire che fra loro ci sono anche dei valorosi. Signor cavaliere, ecco la mia mano: grazie!
Il Corsaro gliel'ha stretta cordialmente[40], poi raccogliendo la spada caduta e porgendola al conte ha risposto:
– Conservate la vostra arma, signore; mi basta che voi promettiate di non usarla contro di noi fino a domani.
– Ve lo prometto, cavaliere, sul mio onore.
– Ora lasciatevi legare senza resistenza. Mi dispiace fare questo, ma è necessario.
– Fate quello che credete.
Ad un cenno del Corsaro, Carmaux si è avvicinato al castigliano e gli ha legato le mani, poi l'ha affidato al negro, che l'ha condotto nella stanza superiore con il nipote, il servo e il notaio.
‹…›
Alla fine della viuzza è apparso un gruppo di soldati con un tenente e molti curiosi. Erano due dozzine di soldati con fucili, spade e altri armi. Con il tenente c'era un vecchio signore con la barba bianca e una spada; forse un parente del conte.
Il gruppo si è avvicinato alla casa e si è fermato a dieci passi. I soldati hanno preparato i fucili. Il tenente ha osservato le finestre, ha scambiato alcune parole con il vecchio e poi ha bussato alla porta gridando:
– In nome del Governatore, aprite!
– Siete pronti, miei prodi? – ha chiesto il Corsaro.
– Siamo pronti, signore, – hanno risposto Carmaux, Wan Stiller e il negro.
– Voi resterete con me. E tu, mio amico africano, vai su e guarda se c'è una finestra sul tetto da dove possiamo scappare.
Detto questo, ha aperto le persiane e, chinandosi sulla finestra, ha chiesto:
– Cosa volete, signore?..
Il tenente, vedendo quel uomo invece del notaio, è restato fermo e lo guardava con stupore.
– Chi siete? – ha chiesto dopo un momento. – Io cerco il notaio.
– Rispondo io per lui, non può muoversi ora.
– Allora aprite la porta: è un ordine del Governatore.
– E se non voglio?
– In tal caso, non rispondo delle conseguenze. Sono accadute cose strane in questa casa, e ho l'ordine di sapere cosa è avvenuto del Signor Pedro Conxevio, del suo servo e del suo zio, il conte di Lerma.
– Se volete saperlo, vi dico che sono tutti vivi e di buon umore.
– Fateli scendere.
– È impossibile, signore, – ha risposto il Corsaro.
– Vi ordino di obbedire o farò sfasciare la porta.
– Fatelo, ma vi avverto che dietro la porta c'è un barilotto di polvere e al primo tentativo di romperla, io accendo la miccia e faccio saltare la casa con il notaio, il signor Conxevio, il servo e il conte di Lerma. Ora provateci, se osate!..
Udendo quelle parole, i soldati e i curiosi si sono spaventati, alcuni di loro si sono allontanati. Anche il tenente ha fatto un passo indietro. Il Corsaro restava tranquillamente alla finestra, osservando gli archibugi dei soldati. Carmaux e Wan Stiller, dietro di lui, controllavano i vicini che si erano radunati sulle terrazze e sui balconi.
– Ma chi siete? – ha chiesto finalmente il tenente.
– Un uomo che non vuole essere disturbato da nessuno, nemmeno dagli ufficiali del governatore, – ha risposto il Corsaro.
– Ditemi il vostro nome.
– No.
– Vi costringerò.
– E