Una fuga prodigiosa
Quando hanno sentito l'ordine, un urlo di paura è uscito non solo dalla folla, ma anche dai soldati. Soprattutto i vicini, e con ragione, perché saltando la casa del notaio sarebbero crollate anche le loro. Solo il tenente è rimasto coraggiosamente al suo posto.
– No!.. Fermatevi, signore!.. – ha gridato. – Siete pazzo?
– Volete qualcosa? – gli ha chiesto il Corsaro, con la sua solita voce calma.
– Vi dico di non fare quello che avete detto.
– Volentieri, se mi lasciate in pace.
– Liberate il conte di Lerma e gli altri e vi prometto di non darvi fastidio[41].
– Lo farei volentieri, se prima accettaste le mie condizioni.
– Quali sarebbero?
– Di far ritirare le truppe, prima di tutto.
– E poi?
– Di farmi avere, a me e ai miei compagni, un permesso firmato dal Governatore, per poter lasciare la città senza essere fermati dai soldati.
– Ma chi siete voi, per avere bisogno di un permesso?.. – ha chiesto il tenente, sempre più stupito e sospettoso.
– Un gentiluomo straniero, – ha risposto il Corsaro, con orgoglio.
– Allora non vi serve nessun permesso per lasciare la città.
– Al contrario.
– Ma allora voi avete qualche delitto sulla coscienza. Ditemi il vostro nome, signore.
In quel momento, un uomo con una benda insanguinata sulla testa e che camminava con difficoltà è arrivato dal tenente.
Carmaux, che seguiva sempre il Corsaro, guardando i soldati, l'ha visto e ha gridato:
– Lampi!..
– Che succede, amico mio? – ha chiesto il Corsaro, voltandosi velocemente.
– Ci stanno per tradire, comandante. Quell'uomo è uno dei baschi che ci hanno attaccato con i coltelli.
– Ah!.. – ha fatto il Corsaro, alzando le spalle.
Il basco, che era proprio uno di quelli che avevano assistito al duello nella taverna e poi avevano attaccato i filibustieri con i loro coltelli enormi, si è rivolto al tenente, dicendo:
– Volete sapere chi è quel gentiluomo dal feltro nero, vero?
– Sì, – ha risposto il tenente. – Lo conosci?
– Certo!.. È stato uno dei suoi uomini a ridurmi così. Signor tenente, è uno dei filibustieri!..
Un urlo, ma questa volta non più di paura, ma di rabbia, è scoppiato da tutte le parti, seguito da uno sparo e da un grido di dolore. Carmaux, con un segno del Corsaro, ha alzato rapidamente il moschetto e con una palla ben mirata ha colpito il basco.
– Uccidete quei criminali!..
– No, prendeteli e appiccateli in piazza.
– Bruciateli vivi!..
– A morte!.. A morte!..
Il tenente ha fatto abbassare rapidamente i fucili e, spingendosi sotto la finestra, ha detto al Corsaro, che non si era mosso dal suo posto:
– Mio signore, la commedia è finita: arrendetevi!
Il Corsaro ha risposto alzando le spalle.
– Mi avete capito? – ha gridato il tenente, rosso di rabbia.
– Perfetto, signore.
– Arrendetevi o farò abbattere la porta.
– Fatelo, – ha detto il Corsaro con calma. – Vi avverto che il barile di polvere è pronto e farò esplodere la casa con i prigionieri.
– Ma esploderete anche voi!
– Bah!.. Morire tra le rovine[42] è meglio della morte che mi farete subire dopo la mia resa.
– Vi prometto di non uccidervi.
– Non credo alle vostre promesse. Sono le sei di pomeriggio e non ho ancora fatto colazione. Mentre decidete cosa fare, andrò a mangiare con il conte di Lerma e suo nipote. Faremo un brindisi alla sua salute, se la casa non esplode prima.
Detto questo, il Corsaro l'ha salutato e è rientrato, lasciando il tenente, i soldati e la folla stupiti.
– Venite, miei amici, – ha detto il Corsaro a Carmaux e a Wan Stiller. – Penso che avremo il tempo di parlare.
– E quei soldati? – ha chiesto Carmaux, sorpreso dal coraggio del comandante.
– Lasciamoli gridare.
– Andiamo a fare la cena della morte, allora, mio capitano.
– Bah!.. La nostra ultima ora è più lontana di quello che credi, – ha risposto il Corsaro. – Aspetta e vedrai cosa farà quel barile di polvere.
È entrato nella stanza, ha tagliato le corde che legavano il conte di Lerma e il ragazzo e li ha invitati a sedersi a tavola, dicendo:
– Tenetemi compagnia, conte. Ma non tentate nulla contro di noi.
– Sarebbe impossibile, cavaliere, – ha risposto il conte sorridendo. – Mio nipote non ha armi e so quanto è pericolosa la vostra spada. E così, cosa fanno i miei compatrioti?.. Ho sentito un gran rumore.
– Per ora ci stanno assediando.
– Temo che abbatteranno la porta.
– Io credo il contrario, conte.
– Allora vi assediano e prima o poi vi costringeranno a arrendervi. Vi assicuro che mi dispiacerebbe di vedere un uomo così valoroso ed amabile come siete voi, nelle mani del Governatore. Quell'uomo non perdona ai filibustieri.
– Wan Guld non mi prenderà. Devo vivere per regolare un vecchio conto con quel fiammingo.
– Lo conoscete?
– L'ho conosciuto per mia sventura[43], – ha detto il Corsaro, con un sospiro. – È stato un uomo fatale per la mia famiglia e se sono diventato filibustiere lo devo a lui. Ma non parliamo più di questo. Ogni volta che penso a lui, mi sento pieno di odio e triste come a un funerale. Bevete, conte. Carmaux, cosa fanno gli spagnoli?
– Stanno parlando tra di loro, comandante, – ha risposto il filibustiere che tornava dalla finestra. – Sembra che non sappiano decidersi ad attaccarci.
– Lo faranno più tardi, ma forse noi allora non saremo più qui. Il negro è ancora di guardia?
– È sul tetto.
– Wan Stiller, porta da bere a quell'uomo.
Detto questo, il Corsaro è sembrato pensare profondamente, mentre continuava a mangiare. Era diventato più triste che mai, e preoccupato, tanto da non sentire nemmeno più le parole del conte.
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