Novelle Napolitane. Salvatore Di Giacomo. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Salvatore Di Giacomo
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066069001
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      — Ebbene, — borbottava, — vi siete offeso?... Vi siete offeso?...

      — Andiamo, — fece don Michele, tornando a stringerselo sotto al braccio.

      Quello si lasciò fare, mormorando. Tirarono innanzi fermandosi a ogni quattro passi, ragionando ognuno per suo conto. Nella via deserta don Michele, senza saper come, si mise a raccontare le prodezze della sua gioventù, affastellando bugie come più gli capitavano. Il cocchiere ascoltava, interrompendolo a monosillabi.

      — Una volta, — diceva don Michele, — io quando facevo il soldato.... Se sapeste che fatti potrei dire.... Vi ricordate la guerra di Crimea? Mio padre ci stette.... Sentite il fatto del re di Russia coll'ambasciatore della Francia.... Sentite, voi?...

      E come l'altro mugolava senza rispondere, seguitò:

      — Il re di Russia aveva detto non so che parole d'offesa.... Venne l'ambasciatore e disse: Maestà vi voglio far vedere una cosa.... Va bene, disse il re di Russia, andiamo a vedere.... Voi sentite?

      — Sissignore, — balbettò il cocchiere.

      — L'ambasciatore se lo portò a braccetto al porto di mare e gli mostrò tanti bastimenti tutti pieni di soldati.... e tenevano i cannoni pronti e le miccie accese.... Compare, voi sentite?

      — Sicuro, — rispose il cocchiere, — e poi?

      — Perchè se non mi sentite è inutile parlare, — disse don Michele. — Disse l'ambasciatore: Maestà se vi movete spariamo tutti i cannoni contro la città.

      — Sangue di Bacco! — urlò il cocchiere, interessandosi. — Bene.... e poi?

      — Disse il re di Prussia: Ora venite con me, all'ambasciatore. E se lo portò a palazzo reale. Là c'erano più di centomila cannoni pronti a far fuoco e.... state a sentire.... lui disse all'ambasciatore: Vedi questi cannoni?... Sì, Maestà.... Sai che sei solo?... Sì, Maestà.... Ebbene, disse il re di Prussia, ora spara....

      Seguì una parolaccia a cui fece eco un'esclamazione del cocchiere.

      — Evviva! Bravo! — gridava costui, entusiasmandosi. — Così gli disse? Evviva! Evviva!...

      — Che vi pare? — disse don Michele.

      — Evviva il re di Prussia! — urlò il cocchiere con le braccia levate.

      — Zitto.... per carità!... Mi volete far arrestare? — mormorava don Michele.

      — Bella parola! bella parola! — gridava il cocchiere, trascinandoselo dietro. — Evviva!...

      Fece due passi e cadde.

      — Ah! compare! — esclamò don Michele, tirandolo per un braccio. — Non vi buttate per terra....

      — Aiutatemi, — borbottava il cocchiere, brancicando.

      Passavano delle signore; due che stavano a braccetto chiacchierando, si trassero indietro spaventate, e misero dei piccoli strilli di terrore. Poi scapparono, guardandosi indietro, come se li avessero alle spalle.

      — Ah! mio Dio! mio Dio! — piagnucolava una, tenendosi stretta per mano una bimba incappucciata che le cacciava il capo fra le sottane.

      Dei signori che le accompagnavano correvano dietro, rassicurandole. — Ah, davvero, era una cosa abbastanza sconvenevole veder degli uomini che si gettano per terra, in mezzo a una via pubblica, per dove la gente passa all'uscire del teatro! — E come il più giovanotto si dava assai da fare, e strepitava per la paura che s'eran pigliata le donne, e a forza voleva chiamare una guardia, un vecchietto che andava con loro disse che lasciasse stare, perchè era l'ultimo giorno di carnevale e per un anno si sarebbe rimasti in pace.

      Laggiù, sotto una bottega, i due continuavano a questionare come se stessero a casa loro. Da lontano le signore si voltavano ancora a guardarli, affrettando il passo. Era una macchia nera che a volte si moveva comicamente sul gran bianco del marciapiedi, e a volte, nel silenzio, un'esclamazione rauca che metteva loro i brividi addosso.

      Il cocchiere s'era steso addirittura a terra e non voleva saperne di tornare a casa. Tutto il corpo gli si era intorpidito, balbettava parole confuse e rotte, con la lingua grossa che gli pesava, girando il capo da ogni verso. Don Michele, poveretto, perdeva il fiato a volerlo persuadere. Gli si chinava all'orecchio, lo tirava pel braccio, impietosendosi.

      — Ah! compare, — lamentava, — che m'avete fatto, compare mio!...

      Provò a sollevarlo e gli cadde sulla pancia. Il cocchiere mise un urlo di dolore, bestemmiò sottovoce e non si mosse più.

      Don Michele, annaspando con le mani nella polvere, s'afferrò alla colonnina del fanale per rimettersi in piedi.

      — L'ho ammazzato.... — mormorò. E fu preso da un terrore improvviso.

      Gli tornò accosto e lo scosse, dolcemente.

      — Compare.... compare.... v'ho fatto male?

      L'altro sospirava; ora il vino gli diventava nero, tanto che, di colpo, si mise a piangere come un vitello.

      — Gli ho fatto male, — balbettò don Michele, udendolo singhiozzare a quel modo che faceva proprio compassione.

      Poi, all'improvviso, fu preso da un impeto d'egoismo.

      — Ora me ne vado e lo lascio solo, — pensò, guardandolo mentre si lamentava ancora e balbettava nel pianto.

      Così, pian pianino, s'allontanò, voltandosi indietro a ogni passo. Ora nella strada si faceva un silenzio profondo; lui s'aspettava da un momento all'altro di vedersi capitare addosso i carabinieri. Per questo rasentava i muri, cercando l'oscurità e l'appoggio. A volte uscendo dal buio la sua ombra si disegnava a terra, dondolandosi come la campana del Carmine quando suona a morto. Allo svolto, nel chiarore d'un fanale che gli faceva veder doppio, inciampò, sbattendo le mani all'aria.

      Poi daccapo rientrò nel buio che per buon tratto si fondeva su i muri, nel vicoletto. Parlava solo, pensando ancora al compare abbandonato laggiù in mezzo alla via.

      — Io? — mormorava, figurandosi di dover rispondere del cocchiere a qualcuno. — Ma io non lo conosco!... Com'è vero Dio non lo conosco.... Lui è caduto e s'è fatto male.... Come si chiama?... E se io non lo conosco?... Che vi posso dire?... È stata una disgrazia.... è caduto e s'è fatto male.... È ubriaco.... È un porco.... Ha bevuto quattro litri.... Così ha detto lui.... Chi ne sa niente? Signor brigadiere.... Se mi credete.... Sull'onore della mia famiglia....

      Si fermò, parlando a un muro, nell'ombra. Ora il silenzio era grande, nessuno passava. Si tolse il cappello, salutando; poi fece spallucce e si rimise in cammino. E continuò a negare:

      — Non lo conosco! Ma a forza mi dev'esser compare?... Ma se io non lo conosco!...

       Indice

       Fronn 'e vurraccia,

       Se nun te piglie a me te taglio 'a faccia!

      Con Peppinella si volevano tanto bene che avrebbero fatto a morsi; così di quello scandalo Nunziata n'empì tutto il quartiere per due giorni di fila e ne parlava sempre, tanto che al sabato, quando Peppinella seppe chi avesse data la voce e andò a trovare la spiona proprio innanzi alla casa, vennero alle brutte e si strapparono i capelli a manate. Quando le divisero, e ci volle molto, ansimavano che pareva avessero fatto una corsa e si guardavano ancora con tali occhiate velenose che si credette volessero ricominciar daccapo. La lotta era stata muta, senza un grido, nè un'insolenza; ora pigliavano fiato per lanciarsi ingiurie da trivio e giuravano sull'onore offeso ch'era un divertimento a sentirle.

      — Parla mo', — disse Peppinella, mentre la tiravano via, — t'ho sciolta la lingua, bruttona!

      — Schifosa! schifosa! — urlava l'altra, con le braccia levate, — sappiamo tutto, sappiamo! Sei stata