Novelle Napolitane. Salvatore Di Giacomo. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Salvatore Di Giacomo
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066069001
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colle braccia conserte, gli occhi fissi su Tore che si scalmanava. Nel silenzio, delle tossi brevi, dei rumori di nasi soffiati con tutta forza, distraevano a mala pena. Di tanto in tanto, nei brevi momenti di sosta, l'acquafrescaio faceva il giro delle panche, monetine da due centesimi cadevano con leggero tintinnio nei bicchieri. Poi si ricominciava a stare attenti, confortati da quella specie di ristoro.

      Tore aveva già coperto il selciato attorno a lui d'un semicerchio di sputi, torceva il fazzoletto alla mano, gettava indietro sul cocuzzolo il cappello di paglia, con un moto rapido della bacchetta. Dei nuovi venuti che non trovavano posto rimanevano impiedi, dietro di lui, allungando il capo sulle spalle degli altri innanzi a loro, coll'orecchio attento. Dei carabinieri si fermavano, guardando nella folla con una occhiata rapida; qualche coppia d'innamorati s'allontanava, seccata, non provando nessun gusto. La donna tirava l'uomo pel braccio, all'inferriata che guarda il porto. Rimanevano lì estatici, innanzi alle grandi navi ancorate, poi si rimettevano a passeggiare, seguendo la lista d'ombra, chiacchierando, sorridendo, urtandosi coi gomiti.

      A intervalli, da lontano, lo strido acuto del Pulcinella d'un burattinaio arrivava sino alla folla, tra un mormorio vago di risate. Dal cielo azzurro il sole si spandeva sulla gran via larga con un chiarore abbagliante; il selciato arso, scottava. Rinaldo si trovava allora in male acque. Una banda di Saraceni gli tendeva agguato nel bosco. La situazione, pericolosa davvero, metteva nell'uditorio una straordinaria ansietà; si spaventavano, cogli occhi sbarrati, la bocca aperta.

      Un carretto che passava, con uno stridore aspro di ruote, coprì a un punto la voce del narratore e provocò nella folla un mormorio d'imprecazioni.

      — Guarda! — disse uno voltandosi, — proprio adesso!...

      — Zitto, — ammonì don Peppe, con uno sguardo terribile.

      Rinaldo, che avea giurato di liberare Angelica, càpita, triste e pensoso, nel più fitto del bosco. È una notte senza luna e senza stelle. I Saraceni escono in venti da una macchia, gli corrono addosso....

      — Cani di Saraceni, o traditori:

      Rinaldo esclama e a un sasso dà di piglio....

      Ma non ne uccide che uno, gli altri lo afferrano alle spalle, lo stringono in mezzo, lo stramazzano, lo pestano, gli tolgono la spada....

      .... Lo incatenano forte, e detto fatto,

      Meschin Rinaldo! prigioniero è tratto!...

      Un gran silenzio succedette: Tore abbassò la bacchetta e chiuse il libro, passandovi il segno di carta. La prima lettura era finita. Ma nell'uditorio, colpito dalla sconfitta, rimaneva un profondo rammarico. Come! Rinaldo vinto! Rinaldo prigione! Rinaldo! Era una sciagura a cui quasi non si voleva credere ancora.

      — Questo non me l'aspettava, — mormorò un vecchio a don Peppe, che guardava a terra.

      E come l'altro taceva:

      — A tradimento, però, l'hanno pigliato, — soggiunse, alzandosi.

      Don Peppe rimase seduto, immobile, colle mani spiegate sulle ginocchia, la bocca semiaperta, in silenzio. Aspettava, gli pareva che ci fosse ancora qualche cosa da sentire, non poteva esser finita proprio a quel modo. In quel dubbio le panche che si vuotavano lo sorpresero; alzò il capo, gli ultimi rimasti si movevano lentamente e sulle loro facce passava un'impressione di scontento che anche i loro movimenti tradivano. La tristezza per la sconfitta era comune. Quando fece per uscire mancò poco non scivolasse sopra una buccia di cocomero; allungò il braccio e il bastone, urtò la panca col ginocchio. La panca rovesciò a terra con un rumore lugubre. Allora don Peppe s'alzò anche lui, non sapendo più restare così. Nella impressione, che ancora durava, quella caduta mise una nuova nota di dispiacere; i suoi nervi scossi ne risentirono come d'un altro avvenimento malaugurato. Scese dal marciapiede e cercò con gli occhi il cantastorie.

      Tore era lì a due passi, innanzi ai venditore di mele, che glie ne pesava per un soldo. Si bisticciavano per una mela che il venditore s'ostinava a non voler mettere nella bilancia.

      Don Peppe s'accostò e toccò Tore al braccio.

      — C'è ancora una seconda lettura? — gli chiese, sottovoce.

      — Già, di qui a mezz'ora.... Lasciala stare, mannaggia!... — gridò poi al fruttivendolo che voleva levar via a forza la mela. — Ora non le piglio più e buona notte.

      — E.... uscirà di prigione? — arrischiò don Peppe, timidamente.

      Tore non gli badò: si chinava a pigliar le mele, e d'una più piccola avea già fatto una boccata.

      — Eh? — fece.

      — Uscirà Rinaldo?

      — Che ne so, io? — disse Tore stropicciando una mela sulla giacchetta, — può essere.

      Gli volse le spalle e chiamò il monello delle panchette. Don Peppe, confuso, mortificato, lo guardò che s'allontanava. Non gli tenne dietro per suggezione, intanto stava sulle spine. Dimandò a un signore che ore fossero; mancava poco alle tre.

      — Torniamoci, — pensò, — tanto dimani dimanderò com'è andata a finire.

      S'incamminò a piccoli passi. S'era levato un vento forte; la polvere del carbone che scaricavano dalle barcacce, vi turbinava, spinta qua e là, battendogli sulla faccia. Don Peppe dovette fermarsi, ne avea piene le narici e negli occhi sentiva delle punture irritanti. Mentre provava a strofinarseli il vento gli portò via il berretto.

      — Cristo! — mormorò lui, che adesso perdeva la pazienza.

      Con le labbra strette guardò il berretto che rotolava per terra e che infine si fermò, impigliato sotto la ruota d'un carro. Allora gli si accostò senza fretta, brontolando. Quando gli fu vicino gli tirò una pedata violenta, accompagnando l'atto con una bestemmia. Tante piccole contraddizioni lo mettevano in un orgasmo insopportabile. Ora, per un'altra volta, la disgrazia di Rinaldo gli tornava nell'animo, persistente, seria. Un ragionamento che glielo presentava sotto un aspetto orroroso gli rimetteva nella memoria il combattimento. Vincitore, nella fantasia, nel cuore degli uditori sarebbe rimasto sempre il tipo di personaggio soprannaturale, invincibile, sorprendente. Vinto, diveniva uomo, diveniva comune, la superiorità spariva. Ah! corpo di Dio!

      — E come farà a liberare Angelica? — si domandava don Peppe, camminando, con le mani dietro alle spalle, guardando a terra, tutto astratto. — Almeno scappasse! Sta a vedere che non uscirà più! Lo volessero ammazzare? Eh! e lui se ne starebbe così con le mani in mano? L'hanno attaccato con le corde. Attaccato? e che vuol dire? Le spezza. Gli sta bene, l'ha voluta lui! Quando s'ha il prurito d'arrischiarsi solo, in un bosco, di notte.... Ah! mannaggia! Questi Saraceni che fanno i rodomonti! Ora vonno essere allegri, vonno. Già, l'abbiamo preso Rinaldo, l'abbiamo carcerato! Sì, a tradimento l'avete preso, avrebbe fatto un boccone di tutti!... E lui che non se li ha mangiati vivi! Puh!...

      Sputò, violentemente.

      — Che animale! — mormorò, perdendo il rispetto.

      E in una straordinaria commozione giunse a casa che suonavano le tre. La moglie e la figlia lo aspettavano. Sul ballatoio il più piccolo dei marmocchi riempiva la scala dei suoi strilli infantili:

      — Il nonno! il nonno! È arrivato! È arrivato!

      — Finalmente! — disse la siè Nunzia, colle mani in cintola, — fossi venuto stanotte, fossi! La gallina a quest'ora si sarà spappata.

      Dall'uscio, dirimpetto, appariva la camera da pranzo, piena di sole, colla gran tavola tutta bianca del mensale di bucato, col luccichio dei bicchieri, con le posate in simmetria, co' mucchi di piatti nell'angolo, sulla credenza. Attraverso alla porta un gran mazzo di fiori si vedeva a metà sopra un ricamo di carta, accanto alla grande zuppiera delle occasioni solenni. Dalla cesta bislunga, ove s'ammonticchiavano le ostriche del Fusaro, i nicchi e i datteri ancora vivi, si partiva un odore forte di mare.

      Quando furono nella camera da letto, e don Peppe si tolse la giacchetta, la siè Nunzia, mentre gli preparava la camicia fresca, gli si mise innanzi tutta amorosa.

      —