«A seguito dell’accordo intervenuto fra il ministro italiano degli Affari Esteri e il Governo del Montenegro (dunque un Governo del Montenegro esisteva ancora in data 30 aprile 1919) rappresentato dal suo console generale in Roma, commendatore Ramanadovich, si costituirà a Gaeta, per cura del Governo montenegrino, un nucleo di militari, ufficiali e truppa, tratti dai profughi montenegrini. Il Governo montenegrino riceverà da quello italiano i fondi in danaro necessari per il pagamento degli assegni, truppa ed ufficiali».
Seguono altre condizioni, fra le quali l’ultima è:
«La presente condizione non può essere modificata che col pieno accordo tra il Governo italiano ed il Governo del Montenegro».
Ora questa convenzione è stata stracciata dopo la morte di Nicola del Montenegro. Si notarono sintomi di disgregazione in mezzo alle truppe montenegrine, ed il comando di queste truppe chiese organi militari al nostro Governo per procedere ad una epurazione. Fu nominata una commissione, che venne presieduta dal colonnello Vigevano. La commissione, che doveva salvare dalla disgregazione l’esercito montenegrino, fu la causa principale della sua dissoluzione. Non solo, ma, in data 27 maggio, il conte Sforza mise nuovamente il coltello alla gola del Governo montenegrino dicendo: «O sciogliete le truppe o non vi darò più i fondi per mantenere questi vostri soldati!».
E con ciò il conte Sforza violava la convenzione 30 aprile 1919, perché in essa era detto: «La presente convenzione non può essere modificata che di pieno accordo fra i due Governi».
Dunque decisione unilaterale, perché il Governo del Montenegro, rappresentato dal suo console generale in Roma, non l’aveva mai accettata.
Ma, infine, il conte Sforza si è giovato dell’esercito montenegrino per un calcolo politico. Agevolandone l’esistenza in Italia, il conte Sforza credeva di potere avere dei patti migliori dalla Jugoslavia. Questo non è avvenuto, ed in un dato momento l’esercito montenegrino è stato buttato sotto il tavolo, come una carta che non si poteva più giuocare.
Il fatto nuovo, le elezioni della Costituente, non basta a giustificare l’abbandono tragico in cui l’Italia ha lasciato il Montenegro, perché solo il venti per cento degli elettori hanno partecipato alle elezioni, e solo il nove per cento ha votato per l’annessione alla Serbia. Le autorità serbe hanno instaurato nel Montenegro un regime di vero terrore e hanno impedito la presentazione di liste che contenessero nomi di candidati favorevoli all’indipendenza del Montenegro.
Ma non riteniate, onorevole Sforza, che la questione del Montenegro sia stata liquidata! Prima di tutto perché il popolo del Montenegro è ancora in armi contro la Serbia, e voi lo sapete; ed in secondo luogo perché il popolo italiano, per una volta tanto, è unanime in tale questione! Persino i socialisti, e lo dico a loro onore, parecchie volte nel loro giornale hanno dichiarato che la causa della indipendenza del Montenegro è sacrosanta. Le università, da quelle di Bologna e di Padova, si sono pronunziate per la indipendenza del Montenegro.
Noi, fascisti, abbiamo presentato una mozione. Voi dovete riscattare la pagina vergognosa che avete scritto assassinando il popolo montenegrino, con l’accettare la nostra mozione.
Se voi l’accetterete, cioè se voi porrete ancora la questione davanti alle grandi potenze, e se farete in modo che sia indetto un plebiscito, io sono certissimo che questo plebiscito, fatto in condizione di libertà, darà dei risultati antiserbi.
Vengo ad un’altra questione, molto delicata.
È una questione che bisogna affrontare, prima di tutto perché la cronaca lo ha imposto, ed in secondo luogo perché, dopo l’allocuzione pontificia davanti al Concistoro segreto di giorni fa, non è più possibile ignorare che esiste una questione della Palestina.
Bisogna scegliere; bisogna che il Governo abbia un suo punto di vista. O sceglie il punto di vista sionistico inglese, o sceglie il punto di vista di Benedetto XV.
Credo di non tediare la Camera ricordando brevemente i precedenti della questione.
Il 2 novembre 1917 il Governo inglese si dichiarava favorevole alla questione della creazione, in Palestina, di un focolare nazionale per il popolo ebraico, restando bene inteso che nulla sarebbe fatto che potesse recare offesa ai diritti civili e religiosi delle comunità non ebraiche esistenti in Palestina, e ai diritti ed agli istituti politici, di cui godono gli ebrei in tutte le altre nazioni del mondo. In un secondo tempo le potenze alleate hanno adottato questa dichiarazione. Finalmente con l’articolo 222 del trattato di pace, sottoscritto il 20 agosto 1920 a Sèvres, la Turchia rinunziava a tutti i suoi diritti sulla Palestina, e le potenze alleate sceglievano come mandataria l’Inghilterra.
Ora, mentre le nazioni civili dell’Occidente non hanno modificato il regime comune di libertà per le diverse confessioni religiose, in Palestina è accaduto tutto il contrario, anche perché l’amministrazione di quello Stato in embrione è stata affidata all’organizzazione politica del sionismo.
Ma in Palestina ci sono seicentomila arabi, che vivono là da dieci secoli, e settantamila cristiani, mentre gli ebrei non arrivano che a cinquantamila. Si è così determinata una situazione straordinariamente interessante. Gli ebrei autoctoni, che hanno vissuto per secoli e secoli all’ombra delle moschee di Gerusalemme, non possono soffrire gli elementi che vengono dalla Polonia, dall’Ucraina, dalla Russia, perché hanno delle arie straordinariamente emancipate; e quelli che sono immigrati si sono già divisi in tre frazioni, una delle quali, che si chiama abbreviatamente Mopsi, è già iscritta regolarmente come frazione comunista alla terza Internazionale di Mosca.
Apro una parentesi, per dire che non si deve vedere nelle mie parole alcun accenno ad un antisemitismo, che sarebbe nuovo in quest’aula. Riconosco che il sacrificio di sangue dato dagli ebrei italiani in guerra è stato largo e generoso, ma qui si tratta di esaminare una determinata situazione politica e indicare quali possono essere le direttive eventuali del Governo.
Ora in Palestina si è determinata l’alleanza tra cristiani ed arabi, si è formato il partito della conferenza di Giaffa, che si oppone colla guerra civile e col boicottaggio ad ogni immigrazione ebraica, ed il 1° maggio ed il 14 maggio si sono verificati disordini sanguinosi, in cui ci sono stati qualche centinaio di feriti e vari morti, tra i quali uno scrittore di una certa fama. Ora, a quanto si legge sul Bulletin du Comité des délégations juives, a pagina 19, pare che il testo del mandato inglese per la Palestina debba essere sottomesso al Consiglio della Società delle nazioni nella prossima riunione di Ginevra. Ed io desidererei che il Governo accettasse, in questa questione delicatissima, il punto di vista espresso dal Vaticano.
Ciò è anche negli interessi degli ebrei, i quali, fuggiti ai pogroms dell’Ucraina e della Polonia, non devono incontrare i pogroms arabici della Palestina, ed anche perché non si determini nelle nazioni occidentali una penosa situazione giuridica per gli ebrei, in quanto, se domani gli ebrei fossero cittadini sudditi del loro Stato, potrebbero diventare immediatamente colonie straniere negli altri Stati.
Oh, io non voglio allargarmi in tema di politica estera, perché allora potrei navigare in alto mare e potrei domandare al conte Sforza qual è la posizione dell’Italia nei formidabili conflitti che si delineano nell’agone internazionale. Ma, in fondo, il conte Sforza fa una politica che è riflessa dai suoi lineamenti di un diplomatico blasé (si ride)…. dell’uomo che ha molto vissuto, che ha molto visto, del diplomatico di carriera, in fondo scettico e senza pathos. (Si ride).
Finché al Governo di Giolitti vi sia, titolare della politica estera, il conte Sforza, noi non possiamo che trovarci all’opposizione. (Commenti).
Passo alla politica interna. Vengo cioè a precisare la posizione del fascismo di fronte ai diversi partiti.
(Segni di attenzione).
Comincio dal Partito Comunista.
Il comunismo, l’onorevole Graziadei me lo insegna, è una dottrina che spunta nelle epoche di miseria e di disperazione. (Commenti).
Quando la somma dei beni è decimata, il primo pensiero che balza alla mente degli umani