La Marcia su Roma
Scritti e discorsi degli anni 1921-1922
Benito Mussolini
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ISBN: 9783967995138
PREFAZIONE
Articoli di Benito Mussolini pubblicati sul quotidiano “Il Popolo d’Italia”, in un periodo temporale che inizia con il primo discorso alla camera (21 giugno 1921) e si conclude con l’arringa alla grande adunata fascista di Napoli, del 24 ottobre 1922, che anticipa di pochi giorni la “Marcia su Roma”.
Mussolini è un oratore e scrittore forbito, pungente contro gli avversari e pugnace nelle proprie idee.
Questa raccolta è una straordinaria testimonianza storica della strada che condusse alla marcia su Roma e alla presa del potere da parte del fascismo.
IL PRIMO DISCORSO ALLA CAMERA DEI DEPUTATI
(Segni di attenzione). Non mi dispiace, onorevoli colleghi, di iniziare il mio discorso da quei banchi dell’estrema destra, dove, nei tempi in cui lo spaccio della bestia trionfante aveva le sue porte spalancate ed un commercio avviatissimo, nessuno osava più sedere.
Vi dichiaro subito, con quel sovrano disprezzo che ho di tutti i nominalismi, che sosterrò nel mio discorso tesi reazionarie.
Sarà quindi il mio un discorso non so quanto parlamentare nella forma, ma nettamente antidemocratico e antisocialista nella sostanza (approvazioni all’estrema destra); e quando dico antisocialista, intendo dire anche antigiolittiano (ilarità), perché non mai come in questi giorni fu assidua la corrispondenza d’amorosi sensi tra l’onorevole Giolitti e il Gruppo parlamentare socialista. Oso dire che fra di essi esiste il broncio effimero degli innamorati, non già l’irreconciliabilità irreparabile dei nemici.
Ciò non ostante ho la immodestia di affermare che il mio discorso può essere ascoltato con qualche utilità da tutti i settori della Camera. In primo luogo dal Governo, il quale si renderà conto del nostro atteggiamento verso di lui; in secondo luogo dai socialisti, i quali, dopo sette anni di fortunose vicende, vedono innanzi a sé, nell’atteggiamento orgoglioso dell’eretico, l’uomo che essi espulsero dalla loro chiesa ortodossa. D’altra parte essi mi ascolteranno perché, avendo io tenuto nel pugno le vicende del loro movimento per due anni, forse nel loro cuore sono anche delle segrete nostalgie. (Commenti).
Potrò essere ascoltato con interesse anche dai popolari e da tutti gli altri gruppi e partiti. Infine, poiché io mi riprometto di precisare alcune posizioni politiche, e oserei dire storiche, di quel movimento così complesso e così forte che si chiama fascismo, può darsi che il mio discorso provochi conseguenze politiche degne di qualche rilievo.
Vi prego di non interrompermi, perché io non interromperò mai nessuno; e aggiungo fin da questo momento che farò un uso assai parco in questo ambiente della mia libertà di parola.
E vengo all’argomento.
Nel discorso della Corona, voi, onorevole Giolitti, avete fatto dire al sovrano che la barriera alpina è tutta in nostro potere. Io vi contesto l’esattezza geografica e politica di questa affermazione. A pochi chilometri da Milano, noi non abbiamo ancora, a difesa di tutta la Lombardia e di tutta la valle del Po, la barriera alpina. Tocco un tasto molto delicato; ma d’altra parte in questa Camera e fuori tutti sanno che nel Canton Ticino, che si sta tedeschizzando e imbastardendo, affiora un movimento di avanguardie nazionali, che io segnalo e che noi fascisti seguiamo con viva simpatia.
Che cosa fa il Governo presente per difendere la barriera alpina al Brennero e al Nevoso? La politica seguita da questo Governo, per ciò che riguarda l’Alto Adige, è quanto di più lacrimevole si possa immaginare.
L’onorevole Credaro avrà i numeri per governare un asilo infantile (ilarità), ma io nego recisamente che abbia le qualità necessarie e sufficienti per governare una regione mistilingue dove il contrasto delle razze è antico e acerbissimo.
Altro responsabile della situazione difficile che gli italiani hanno nell’Alto Adige è il signor Salata. Egli ha regalato il collegio di Gorizia agli sloveni e ha regalato quattro deputati tedeschi alla Camera italiana.
Del resto, l’onorevole Credaro appartiene a quella categoria di personaggi, più o meno rispettabili, che sono schiavi dei cosiddetti immortali principi, i quali consistono nel ritenere che ci sia un solo Governo buono in questo mondo, che esso sia applicabile a tutti i popoli, in tutti i tempi, in tutte le parti del mondo.
Mi permetto di esporre alla Camera i risultati di una mia inchiesta personale sulla situazione dell’Alto Adige.
Il movimento politico antitaliano nell’Alto Adige è monopolizzato dal Deutscher Verband, il quale è la emanazione dell’Andreas Hoferbund, che ha sede a Monaco, e che rivendica quale confine tedesco non già la stretta di Salorno, ma la Bern Clause o chiusa di Verona.
Ora il signor Credaro è responsabile della propaganda pangermanista nell’Alto Adige, perché ha avallato, prefazionandolo, un libro dove si dice che il confine naturale della Germania è ai piedi delle Alpi, verso la valle del Po.
Nei primi tempi, immediatamente dopo l’armistizio, della occupazione militare, il movimento italofobo non fu possibile, ma da quando per somma sventura sulla seggiola di governatore si pose l’onorevole Credaro, i rapporti cambiarono immediatamente; e alla sottomissione sorniona si sostituì l’insolente arroganza di gente che negava la disfatta austriaca e covava nell’animo le ardenti nostalgie degli Absburgo. La fiera campionaria fu voluta dalla Camera di commercio di Bolzano, nido di pangermanisti, con esclusione di ditte italiane, tanto vero che gli inviti furono fatti solo in lingua tedesca e durante il periodo della fiera una banda bavarese in costume suonò continuamente.
Vengo ai fatti del 24 aprile, quando una bomba fascista, giustamente collocata a scopo di rappresaglia e per la quale rivendico la mia parte di responsabilità morale (vive approvazioni, commenti), segnò il limite al di là del quale il fascismo non intende che vada l’elemento tedesco.
La manifestazione del 24 aprile nel Tirolo non era che una manifestazione simultanea al plebiscito che in quel giorno oltre il Brennero era stato indetto.
Perché, nell’Alto Adige, i pangermanisti ricorrono a questo sottile trucco: di far coincidere le stesse manifestazioni sotto veste diversa. Così quando oltre Brennero si fecero le cerimonie di lutto per la perdita dell’Alto Adige, di qua del Brennero si commemorò con altrettanta manifestazione il lutto per la morte dei caduti di guerra per l’Austria-Ungheria!
Del resto, quando i fascisti si presentarono a Bolzano, trovarono una polizia con tanto di elmo e fiocco; e quando furono arrestati, l’istruttoria fu affidata al conte Breitemberg, il quale è notoriamente socio della Deutscher Verband.
Non vi voglio intrattenere sui casi di Mamelter perché formano un capitolo da romanzo; ma non posso rinunciare a citarvi un episodio curiosissimo.
Il commissario di Merano si reca al comune di Maia Alta, ed è ricevuto non già al municipio, ma in una stamberga nella quale si sono radunati il sindaco ed i consiglieri. Il commissario legge la formula del giuramento, il sindaco ed i consiglieri immediatamente si mettono a sedere, si coprono il capo e scoppiano in una grande risata. Il commissario non si è ancora rimesso dalla sorpresa che il sindaco, levatosi in piedi, con una valanga d’insulti lancia ingiurie al re, alla monarchia, all’Italia e al commissario. Questi ritorna a Merano e domanda a Trento lo scioglimento di quel Consiglio; ma interviene il Deutscher Verband presso il governatore. E Salata restituisce il rapporto scrivendo al commissario che non è bene fare dell’irredentismo. E la rappresentanza del Comune rimase quale era!
Da quando Credaro sgoverna nell’Alto Adige la bilinguità è totalmente scomparsa. Il Perathoner, che non è altro che un Pierantoni, rinnegato italiano diventato tedesco, si rifiuta di accettare la deposizione che egli stesso invita a fare sui fatti del 24 aprile, perché narrata e scritta in italiano. Sono piccoli episodi analitici, ma che danno il panorama della