La Marcia su Roma. Benito Mussolini. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Benito Mussolini
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Книги для детей: прочее
Год издания: 0
isbn: 9783967995138
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fa cacciare da questo una decina di giovani perché hanno presentato a lui domande scritte in italiano, ed afferma che la lingua italiana non serve per i suoi uffici: l’italiano tenetevelo per voi! Ciò evidentemente è fatto allo scopo di alterare i documenti e di ritardare i pagamenti delle pensioni a coloro che ne hanno diritto. E a presidente della Corte di Appello di Trento, redenta, italiana, tra tutti i concorrenti si è scelto un tale che nel 1915 si dimise da magistrato per poter correre volontario, come Kaiserjäger, a servizio dell’Austria-Ungheria! Costui oggi amministra giustizia nel nome dell’Italia! (Commenti).

      Credete che le comunicazioni postali e telegrafiche dell’Alto Adige siano in mani italiane? È un errore, è una illusione: il Deutscher Verband ha in mano tutte le comunicazioni e ne dispone a piacimento. Il 24 aprile, per quanto giorno festivo, i pangermanisti e i capi del movimento di Innsbruck erano informati minuto per minuto dello svolgersi dei fatti di Bolzano.

      A Innsbruck, cinque minuti dopo l’incidente, si conosceva la portata di esso in tutti i suoi particolari, mentre venivano tagliate tutte le comunicazioni colle autorità civili e militari e per quasi ventiquattro ore isolate completamente da Trento e dal resto d’Italia.

      Questa è la situazione.

      Ma a questo punto io debbo chiamare in causa l’onorevole Luigi Luzzatti. Io l’ho già chiamato in causa sul mio giornale; ma siccome quest’uomo appartiene alla specie dei padri eterni più o meno venerabili e venerandi, non si è degnato ancora di rispondere. Ora io spero che, chiamandolo in causa alla tribuna parlamentare, si deciderà di rispondere ad un quesito, che gli pongo nella maniera più chiara e categorica.

      Il Nuovo Trentino, un giornale molto serio che esce a Trento, il 27 maggio scrive:

      «L’onorevole Luigi Luzzatti, cavaliere della SS. Annunziata, relatore della Commissione parlamentare che esaminò ed approvò il trattato di San Germano, disse in presenza di Salata, del barone Toggenburg, già ministro austriaco di Francesco Giuseppe, del tenente austriaco Reuth Nicolussi: “Avere scritto nella relazione al Parlamento il passo riguardante l’autonomia dell’Alto Adige, aggiungendo però essere sua opinione personale che la regione tedesca dell’Alto Adige avrebbe fatto bene a non mandare alcun deputato al Parlamento di Roma, giacché essa avrebbe avuto poi, s’intende dall’Italia, istituzioni proprie e una propria rappresentanza politica, rimanendo così a suo agio unita all’Italia fino a che avesse potuto ricongiungersi alla sua nazione”».

      Ora noi contestiamo a Luigi Luzzatti, fosse egli anche più sapiente o più grande di quello che in realtà non sia, il diritto di disporre del territorio italiano. (Approvazioni, commenti).

      E allora, signori del Governo, per la situazione dell’Alto Adige, noi vi domandiamo queste immediate misure:

      Lo sfasciamento di ogni forma, anche esteriore, che ricordi la monarchia austro-ungarica. Perché è inutile, onorevole Sforza, fare dei patti per tutti gli eredi austriaci, più austriaci dell’Austria, per impedire il ritorno degli Absburgo, quando noi lasciamo intatta gran parte dell’Austria dentro i nostri confini.

      Scioglimento del Deutscher Verband.

      Deposizione immediata di Credaro e Salata. (Approvazioni all’estrema destra).

      Provincia unica Tridentina con sede a Trento e stretta osservanza della bilinguità in ogni atto pubblico ed amministrativo.

      Non so quali misure saranno adottate dal Governo, ma dichiaro qui, senza assumere pose solenni, e lo dichiaro ai quattro deputati tedeschi, che essi debbono dire e far sapere oltre Brennero che al Brennero ci siamo e ci resteremo a qualunque costo. (Applausi. Giolitti, presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell’Interno: «Su questo siamo tutti d’accordo». Vivi applausi).

      Prendo atto con molto piacere della dichiarazione esplicita, fattami in questo momento dal presidente del Consiglio.

      Nel discorso della Corona si parla di Alpi che scendono al Carnaro. Ora si desidera sapere se queste Alpi comprendono Fiume o l’escludono.

      Io deploro che nel discorso della Corona non ci sia stato un accenno all’azione esplicata da Gabriele d’Annunzio e dai suoi legionari (applausi all’estrema destra), senza la quale noi oggi saremmo col confine al Monte Maggiore e non già al Nevoso.

      Un tale accenno era generoso ed anche politicamente opportuno. Io non mi dilungo sul sacrificio della Dalmazia. Ne ha parlato ieri, con molta eloquenza, il mio amico onorevole Federzoni. Ma mi fa sorridere il discorso della Corona quando afferma che Zara deve rappresentare sull’altra sponda un faro di luce italiano. Zara è una città assassinata di fronte al mare slavo, e al retroterra completamente slavo. C’è a Zara oggi un Buonfanti Linares, che, se vi rimarrà ancora, sarà causa di fieri e seri incidenti.

      Sempre in tema adriatico, o signori del Governo, non possiamo dimenticare, noi che parliamo per la prima volta in quest’aula, il contegno che avete tenuto di fronte all’impresa di Fiume; non possiamo dimenticare che voi avete attaccato Fiume alla vigilia di Natale, utilizzando anche i due giorni di sospensione di tutti i giornali; non possiamo dimenticare che avete imposto l’accettazione del trattato di Rapallo con un atto di violenza e di crudeltà raffinata. Quando il 28 dicembre il generale Ferrario disse che «non poteva sospendere l’ordine di esecuzione di bombardamento, che avrebbe raso al suolo Fiume», quel generale e il Governo, che gli ordinava di agire in quel modo, si misero un poco fuori dai limiti della coscienza e della dignità nazionale. E non possiamo dimenticare nemmeno quel foglio riservatissimo numero 22 del generale Ferrario, in cui per il giorno di Natale si dava un soprassoldo, più o meno lucroso, a soldati italiani, che andavano a combattere contro altri italiani. (Approvazioni a destra).

      Avete posto un coltello al collo di Fiume, ma non avete risolto il problema di Fiume. Avete mandato là il comandante Foschini, con un piano diabolico di realizzare un Governo, che accetti i patti che sono stati convenuti col signor Quartieri a Belgrado, che accetti cioè quel consorzio, che è la rovina, se non immediata, mediata del porto di Fiume, perché voi sapete che dopo dodici anni porto Baross e il Delta dovrebbero andare alla Jugoslavia, perché voi ora alla Jugoslavia l’avete già consegnato e, se non l’avete consegnato, avreste dovuto fare già delle dichiarazioni specifiche, che sono mancate.

      Infine quali sono gli orientamenti della nostra politica estera di fronte a quel vasto focolare di discordie che il trattato di pace, o meglio i vari trattati di non pace, hanno lasciato in tutte le parti del mondo?

      Non vi parlo del focolare di discordie greco-turche, quantunque esso possa avere delle complicazioni impensate, se è vero, come si dice, che Lenin è alleato di Kemal Pascià e manda già le avanguardie degli eserciti rossi verso l’Asia Minore. Non vi parlo dell’Alta Slesia, perché non sono ancora riuscito a decifrare il punto di vista del nostro Governo. Non vi parlo degli avvenimenti di Egitto, ma non posso tacere sulla sorte che si prepara al Montenegro.

      Come ha perduto la sua indipendenza il Montenegro? De jure non l’ha mai perduta; ma de facto l’ha perduta nell’ottobre 1918. E pure il conte Sforza mi insegna che l’indipendenza del Montenegro era completamente garantita dal patto di Londra del 1915, che prevedeva l’ingrandimento del Montenegro a spese dell’Austria e la restituzione di Scutari; dalle condizioni di pace esposte da Wilson agli Alleati, in cui l’esistenza indipendente del Montenegro veniva garantita come quella del Belgio e della Serbia; dalla decisione del Consiglio supremo della conferenza della pace del 13 gennaio 1919, nella quale si riconosceva al Montenegro il diritto di essere rappresentato da un delegato alla conferenza di Parigi. Non solo, ma quando Franchet d’Esperey andò, con alcuni elementi francesi e serbi, in Montenegro, diede ad intendere che avrebbe governato in nome di Sua Maestà re Nicola. Quando, però, re Nicola, la Corte ed il Governo intendevano riguadagnare la Montagna Nera, la Francia, che aveva tutto l’interesse di creare la grande Jugoslavia, per fare da contro-altare nell’Adriatico all’Italia, fece sapere al Governo del Montenegro che avrebbe rotto le relazioni diplomatiche se il re e la sua Corte fossero ritornati a Cettigne.

      Quale è stata la politica italiana in questo frangente?

      L’onorevole Federzoni ha ieri parlato di una convenzione, che è diventata