Falco della rupe; O, La guerra di Musso. Bazzoni Giambattista. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Bazzoni Giambattista
Издательство: Public Domain
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Жанр произведения: Зарубежная классика
Год издания: 0
isbn: http://www.gutenberg.org/ebooks/27091
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accresceva in loro anzi che scemare la sorpresa.

      Nell'uno però, ed era quegli d'età giovanile, tal sentimento dipingeva in volto un non so che di contento; nell'altro all'incontro infondeva un cruccio, un disgusto che invano forzavasi di dominare: il che dovea naturalmente avvenire per l'indole e le inclinazioni tanto diverse de' loro pensieri. Il primo, che di poco oltrepassava il quarto lustro, abituato all'armi sin da fanciullo, aveva sempre esercitato il proprio valore in quella guerra per lui di sommo momento, poichè era desso Gabriele fratello ultimo nato di quel Gian Giacomo Medici che teneva la sovranità di Musso: un avverso ed un prospero evento s'erano combinati nel farlo colà pervenire. Uso a condur bande d'uomini armati contro i Ducali, era stato da essi sorpreso all'agguato, vinto dal numero, fatto prigione, e veniva condotto quella notte in una loro barca a Como per subire l'estremo supplizio, quando Falco il tolse ad essi dalle mani. Egli guardava soddisfatto le armi ivi sparse, oggetti per lui famigliari e graditi, e nell'atto di quella contemplazione essendo il suo sguardo trascorso un istante sulle vivaci e perfette sembianze della giovinetta figlia del suo liberatore, gli portò all'anima un'impressione nuova, indistinta, a cui la singolarità dell'evento e del luogo aggiungevano una secreta esaltazione, raffrenata però all'intutto da certa sua abituale ritenutezza, originata da una timidità che il mestiero delle armi non aveva in lui distrutta: per il che rimaneasi in un riserbato e quasi mesto atteggiamento. Gli abiti suoi, zeppi d'acqua in quel momento, consistevamo in un giubbetto di panno cremisino rannodato sul petto, da cui presso il collo a nudo risortiva la camicia frangiata, ed in calzoni azzurri aderenti strettamente alle coscie ed alle gambe; avea perduto nella zuffa il berretto, ed i capelli che portava lunghi e inanellati, molli allora d'acqua, li ricadevano sul collo e sulle spalle; il suo volto giovanile era appena segnato ne' contorni da peli nascenti, e nel suo occhio bruno s'appalesava un'anima ardente bensì, ma non sciolta da tutta la soggezione della prima giovinezza.

      L'altra persona seco lui colà venuta era un uomo di lettere Milanese, che aveva passati in patria cinquant'anni di pacifica vita e la maggior parte fra i libri, le pergamene ed i discepoli. Nel momento che stava per cogliere il frutto di sue lunghe meditazioni, l'avversità dei tempi e la malizia degli uomini, com'egli soleva dire, l'avevano forzato ad errare in triste esiglio abbandonando Milano, fuori delle cui porte non avea mai per l'addietro portato il piede. Siccome in questa città era stato conoscente della famiglia dei Medici, e precettore ben anco di Gian Giacomo nella sua puerizia, erasi nel proprio infortunio rivolto a lui chiedendo asilo, e questi l'aveva accolto e destinato a proprio Cancelliere, magistrato delle gabelle, e stenditore degli editti ed ordinazioni che pubblicava a reggimento della sua Signoria di Musso. Uno sciagurato accidente l'aveva fatto assentare dalla sala della Cancelleria del Castello, per seguir Gabriele, e per ciò era venuto seco lui fatto prigione dai Ducali, e seco lui da Falco liberato. Nomavasi desso Maestro Lucio Tanaglia, era d'ordinaria statura e sottile della persona; moveva due occhi bigi ma vivi; aveva guancie incavate e pallide, sul mento e sul labbro portava una barbetta a foggia di fiocco, e due mustacchi poveri di peli, che così voleva la costumanza; la capigliatura liscia e compatta formavagli una linea regolare intorno al capo. Il suo vestito constava d'una giubba di nero saio, abbottonato dalla cintura alla sommità del petto, di calzoni parimenti neri, calze cinericcie, e scarpe quadrate alla punta; aveva pure manichini e collare di tela di Fiandra trapunta; ma questi, ancor più che il restante del suo abbigliamento, erano scomposti per l'acqua e lordi in più luoghi di fango. La consuetudine della tranquillità d'un modo costante di vita lungi dalle brighe armigere e dai pericoli, gli facea rinvenire fastidiosissimo quel vedersi sempre circondato da uomini che ponevano ogni loro studio nella guerra e ne' rischii, con cui non poteva mai proporre una tesi filosofica, o dispiegare la scienza Blasonica che possedeva in esimio grado. Nutriva per questo in cuore una stizza, un'acritudine che s'aumentava per la necessità di non poterla mai disfogare, guardandosi egli rigorosamente dal dimostrare spiacevolezza o vigliaccheria alle persone fra cui gli era pur forza passar la vita, per tema di dover pagare troppo caro ogni lieve sospetto o rancore che avesse destato in uomini sì fieri e risoluti. Nel momento di cui parliamo, il suo spirito risentiva una parte di quel disgusto, di quella impazienza ch'era sempre costretto ad ingoiarsi, poichè, sebbene l'essere stato tolto di mano ai Ducali gli fosse sembrata fortuna inestimabile, il vedersi poscia colà condotto, il mirare quel guarnimento d'armi e d'arnesi, che il facevano avvertito che il proprio ospite essere non poteva che un uomo di mal affare, gli richiamavano alla mente una folla di disgustose idee e di paure. Stava quindi in quella stanza ritto accanto a Gabriele, volgendo intorno arcigno il viso se nessuno il vedeva, e forzandosi tantosto di sorridere se temeva ch'altri il guardasse.

      Avendo Falco compiuto il colloquio con Orsola, la quale si diede subito ad affaccendarsi per la casa, volgendo di tratto in tratto curiosi sguardi a que' forestieri, s'appressò a loro e disse: "Mia moglie m'assicura, che si trova ancora un po' di sangue nel ventre della vecchia botte che teniamo qui fuori in un buco del sasso: ho pensato per ciò di farglielo spillare pel frammischiarlo all'acqua che può esserci penetrata nel corpo. Sediamo frattanto qui dintorno al focolare perché il lungo ballo di là giù deve avere ad essi lasciate stanche le gambe. Ma che temerità! (proseguì dopo aver accostati rozzi sedili su cui tutti e tre si assisero) che audacia! sorprendere il mio signor Gabriele, questo sì bravo giovine, per condurselo a Como a fare il mal fine: e pensavano que' cialtroni d'approfittare della notte onde passare per di qua inosservati: ma l'occhio di Falco vede nel buio, e avrei voluto perderli entrambi, se s'avesse potuto dire che una barca di Ducali che conduceva prigioniero il fratello del signor Gian Giacomo avesse passate le acque di Nesso senza che Falco mandasse una palla del suo moschetto a visitarli".

      "Io debbo la vita, mio caro Falco, alla sola tua bravura, disse Gabriele stendendogli la mano e stringendo la sua affettuosamente. Se tu non eri, non avrei veduta la sera di domani, poiché il Gonzaga che co' suoi Spagnuoli mi prese impensatamente sulla spiaggia di Dorio, facendomi strascinare in barca, giurava che appena giunti a Como il mio capo sarebbe stato reciso, e infisso su un'asta innanzi al Duomo".

      Maestro Tanaglia, fissando Falco, con rispettoso sogghigno "Erano tali, aggiunse, da fare il boia colle proprie mani, perché le loro faccie non promettevano dì meglio; e pur troppo anch'io senza il vostro soccorso m'avrei avuta cattiva parte di tal trattamento, perché so che i soldati non sogliono far distinzione fra la persona efficiente e la concomitante".

      "Voi sareste stato squartato, od abbruciato vivo, disse Falco con una vivacità che le sue dure fattezze e la voce fieramente espressiva assomigliavano ad una minaccia, poiché gli Spagnuoli non usano altrimenti con chi ha l'aspetto di mago o di giudeo".

      Maestro Tanaglia illividì, fece una inclinazione profonda del capo, nè s'avrebbe potuto dire se questa fosse un atto di ringraziamento, riferibile alla liberazione da sì atroce aspettativa, o un moto involontario di terrore. Ma Falco non gli porse mente, poiché sopravvenutogli un subitaneo e triste pensiero, ottenebrossi in volto, e cogli occhi fissi al suolo: "Dio non voglia, esclamò, che il colpo d'archibugio che ha stramazzato Grampo nel mio navicello lo abbia a cacciare sotterra: se le sue braccia diventano immobili, cesserebbero queste acque d'essere trattate dai due remi più vigorosi del lago. Trincone e Guazzo di Brieno, che rimasero nella barca quando noi ne uscimmo a piè della rupe, l'avranno a quest'ora condotto a Palanzo e recato a spalle a sua madre. Oh! che farà la vecchia Imazza quando vedrà il suo Grampo traforato nella gola? le sue imprecazioni basteranno a far affogare dieci barche di spiriti, non quella sola dei Ducali, se pure non è già stata capovolta dal vento, e non sono già calati tutti a radere la sabbia, tenuti in fondo dalle loro pesanti armature".

      Orsola, uscita dal casolare poco prima, ne era rientrata mentre Falco pronunciava quelle parole. "La vecchia Comare, diss'ella al marito, mi predisse che si sarebbe questa notte sparso sangue sul lago, e mi rattristò tenendomi in ispavento per te: ma era di quello di suo figlio che s'era inteso parlarle la voce del Tivano, ed essa nol comprese. Povero Grampo, quanto mi duole per lui!"

      "Che la sua ferita (disse Falco con voce commossa) non sia più difficile a serrarsi che il fesso d'una barca, o che la sua anima, se già gli uscì dai denti, possa vogare in calma verso il cielo, perché egli era più ardito d'un uomo d'armi, più destro d'un cacciatore. Quando s'accostammo tacitamente col navicello alla barca in cui voi stavate prigionieri, egli fu il primo ad afferrarla, e in mezzo a quel trabalzo furioso delle onde non l'abbandonò mai sicché non cadde riverso dall'archibugiata, ed io v'aveva già allora tratto di mezzo agli Spagnuoli, che fatti