Falco della rupe; O, La guerra di Musso. Bazzoni Giambattista. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Bazzoni Giambattista
Издательство: Public Domain
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Жанр произведения: Зарубежная классика
Год издания: 0
isbn: http://www.gutenberg.org/ebooks/27091
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una concatenazione di idee che gli ideologi non durerebbero fatica ad ispiegare, i pensieri del Conte s'erano rivolti frattanto a far rivista del futuro desinare sul lago, indi con poca divergenza ritornati sulle sue sensazioni presenti, e ritrovarono l'urgente bisogno della cena, per il che rammemorò al Marchesino que' certi agoni di cui gli aveva parlato prima di sera, e soggiunse che gli sembrava venuto tempo d'assaggiarli. Il Marchesino chiamò, ordinò la cena, e in pochi tratti fu allestita la mensa, ed arrecate le vivande. Eglino vi si assisero d'intorno, obbligando cortesemente don Annibale a rimanerti seco loro. Gli agoni furono trovati saporitissimi, ed in ispecie dal Conte, che se ne fece una scorpacciata, e terminata la cena, s'assise di nuovo sul canapè a smaltirli addormentandosi profondamente.

      La Contessina, tutta occupata della lieta idea della promessa gita, si diede ad interrogare don Annibale intorno alle delizie del lago.

      "Onde conoscerle tutte perfettamente, rispose questi che ne aveva esatta cognizione, d'uopo sarebbe ch'ella visitasse ad una ad una le molte ville che sono sparse a diversi punti delle sue rive, e salisse in alcuni luoghi i monti, o s'internasse nelle valli onde mirare pittoresche vedute, o singolari accidenti di natura, che molti ve se ne trovano; ma giacchè non deve che percorrerne il lungo, ella cerchi di tracciarne bene in mente l'aspetto generale e le posizioni diverse, che poscia le descrizioni di chi ne ha esaminate le singole parti gioveranno a formargliene nello spirito un quadro completo. Un abbozzo preventivo del viaggio posso farglielo io con questa carta distesa in ampia scala". Così dicendo staccò una gran tavola geografica che stava appesa ad una delle pareti, e la stese sul tavoliere: donna Amalia e il Marchesino accostandovi i lumi vi portarono attento lo sguardo.

      "Il Lago di Como, come qui si vede, proseguì egli, ha la forma d'una zanca di granchio aperta in atto d'abbrancare".

      "Ah! ah! dite benissimo, lo interruppe ridendo il Marchesino, si può assomigliare la forma del lago di Como ad una zanca di gambero, come appunto si paragona quella dell'Italia ad uno stivale. Ah! ah! gambe da per tutto".

      "Sarebbe miglior cosa, vorresti forse dire, che vi si ravvisasse alcuna parte che raffigurasse una testa. Tu sei troppo maligno: ma torniamo a noi. Il grosso della zanca (e toccava coll'indice i luoghi che indicava) appare formato da questa porzione di lago che sta tra il suo incominciare e la punta di Bellaggio, e le due estremità sono la più sottile a sinistra, cioè a levante, il ramo di Lecco, ed a destra quello di Como. Quest'ultimo ramo ch'ella deve percorrere domani, presenta alla vista di chi lo viaggia una serie di circoli che si succedono, ciascuno de' quali ha un diverso aspetto, il che qui sulla carta non si scorge, essendo quell'ottico effetto prodotto dalle montagne che lo fiancheggiano, da cui apparentemente a diversi tratti è chiuso. Il carattere però generale di simile spazio di lago sino al principiare della Tramezzina è piuttosto alpestre e severo. Superata questa punta di Lavedo, che è la Gibilterra del lago, esso si presenta ridente da una sponda e dall'altra sino a Bellaggio, dove si vede in tutta la sua vastità, cinto da monti giganteschi. La barca a vapore perviene a Domaso, d'onde si scorgono a sinistra le bocche dell'Adda, ivi è il vero incominciamento del lago di Como, poichè quest'altro laghetto inameno e solitario posto all'estremità, detto di Riva di Chiavenna, si può considerare segregato e facente parte da se. Da Domaso poi si ritorna per lo stesso cammino dopo una brevissima fermata".

      "E quante ore si impiegano nel percorrere questo spazio?" disse la Contessina.

      "Quattro o cinque sì nell'andata che nel ritorno, secondo la quantità de' passeggieri, per ricevere i quali e dimetterli ne' varii luoghi d'uopo è perdere alcun tempo, e secondo la forza e la direzione del vento".

      "Così avremo, tornò a dire la Contessina tutta gioiosa, otto o dieci ore d'amenissimo sollazzo, di cui avrò obbligo a lei, caro don Annibale, che ha stornato mio marito dal commettere un fallo imperdonabile; ed a voi pure, Marchesino (e sogguardollo sorridendo), come promotore di questa gita. Ma, or me ne avveggo, avete trascurato di darmi un suggerimento importante, e si era di portar con noi qualche libro che ne indicasse per viaggio i nomi dei paesi e delle ville del lago".

      "Perdonatemi, Amalia, ma la colpa non è mia. Ieri guardai e riguardai nella vostra picciola biblioteca della villa, e non vi scorsi di opere relative al lago di Como che le Lettere del Giovio, e il Viaggio ai tre laghi dell'Amoretti; dunque tenni per fermo che il vostro favorito autore, il dipintor delle belle, il pellegrinante, il romanziere sentimentale, Bertolotti, l'aveste già con voi, o il teneste chiuso nella cassetta da viaggio".

      "No, v'ingannaste, perchè il dovetti quest'anno lasciare a Milano, essendo il suo, ed il posto di due o tre altre mie predilette opere occupato dai Promessi Sposi, e da altri romanzi recenti: sebbene vi dirò che le Peregrinazioni di quel finto vecchio militare, la cui vivacità e galanteria ne smentiscono ad ogni linea l'età e la professione, me le so quasi a memoria. Desiderava non altro per domani che un indicatore, una nomenclatura, una guida".

      "Per questo, bella Contessina, poss'io soddisfarla immediatamente", disse don Annibale, e tolse dalle tasche del redingotte che vestiva, due libri stretti in elegante copertura, ed uno gliene presentò aggiungendo: "Questa è una raccolta di disegni miniati rappresentanti vedute del lago, con brevi descrizioni: avrà in esse una guida, un Cicerone laconico, ma vero e compiuto. Caso poi mai che pioggia impreveduta, incomodi soffii di vento od altro accidente l'avessero a costringere a tenersi nella sala sottocoperta, e così non le fosse dato occupare il tempo a contemplare le viste, eccole in quest'altro libro manoscritto un Racconto del lago, che potrà leggere per divagarsi".

      "Oh gli sono doppiamente obbligata, disse la Contessina ricevendo con piacere anche quel secondo libro, e sarà mia premura il fargliene, appena letti, immediata restituzione; ma dica, dica: questo è una novella, una vera storia, od un romanzo?"

      "Non è, parlando a rigore, alcuno dei tre, ma tiene un po' di ciascuno: si potrebbe collocare in quel genere botanico in cui mischiandosi il seme di varii fiori, ne nasce un tutto più fragrante, più aggradevole ed attraente delle specie separate: in una parola, è un romanzo storico. – Oh! lo conosco questo genere cui tu alludi, disse il Marchesino; esso si chiama dai Botanici ebridismo, che significa non legittimo, e poco giudiziosamente raccomandi il tuo manoscritto, mio caro Annibale, dichiarandolo appartenente ad un genere che si appella con sì brutta parola. D'altronde non sai, continuò in tuono comicamente enfatico, che uomini gravi, tenuti maestri in letteratura, disprezzano appunto come spurie e deformi quelle opere in cui la storia è vestita coi falsi colori del romanzo, e il romanzo foggiato coll'imponenze storiche, che in alcune parti appaiono drammatiche, in altre filosofiche o politiche, ma in conclusione non appartengono ad alcuna di quelle classi, e recano il grave disordine di stravolgere o render false le idee a quelle persone di spirito debole che hanno la sfortuna d'averle nelle mani? Sono incalcolabili i danni che questo genere di moderno lavoro detto Romanzo storico ha recati ai buoni studii ed alle profonde storiche e filologiche investigazioni. Dappoichè la manía di simili superficiali opere ha invase due parti del mondo…

      "Ih ih che sermone! Non imiti male un pedagogo di sessant'anni che ritrova sullo scrittoio d'uno scolaro un tomo di Walter-Scott in vece della grammatica. – Sappi però che io non posso nè difendere nè commendare quel libro, perchè l'Autore, che è un giovine mio conoscente, me lo ha espressamente proibito; non ripeterò altro che alcune opinioni dello stesso intorno a tal genere di componimenti. La storia, egli pensa, si può chiamare un gran quadro ove sono tracciati tutti gli avvenimenti, collocati i grandi personaggi, e la serie d'alcuni fatti esposta con ordine, ma dove la moltitudine delle cose v'è negletta o appena accennata in confuso e di scorcio, e sole le azioni più straordinarie e gli uomini sommi vi stanno dipinti isolatamente e quasi sempre nella unica relazione dei pubblici interessi. Il Romanzo storico è una gran lente che si applica ad un punto di quell'immenso quadro: per esso ciò ch'era appena visibile riceve le sue naturali dimensioni, un lieve abbozzato contorno diventa un disegno regolare e perfetto, o meglio un quadro in cui tutti gli oggetti riprendono il loro vero colore. Non più i soli re, i duci, i magistrati, ma la gente del popolo, le donne, i fanciulli vi fanno la loro mostra: vi sono messi in azione i vizii, le virtù domestiche, e palesata l'influenza delle pubbliche istituzioni sui privati costumi, sui bisogni e la felicità della vita, che è quanto deve alla fin fine interessare l'universalità degli uomini. I romanzi di tal genere sono in somma i panorama della storia. Alcuni rigoristi portano loro l'accusa di frammischiare cose menzognere alle reali,