Falco della rupe; O, La guerra di Musso. Bazzoni Giambattista. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Bazzoni Giambattista
Издательство: Public Domain
Серия:
Жанр произведения: Зарубежная классика
Год издания: 0
isbn: http://www.gutenberg.org/ebooks/27091
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accusate voi i grandi storici, come Livio, Tacito, Guicciardini, d'essere menzogneri perchè facciano tenere ai duci d'armate, ai principi, ragionamenti in pubblico od in privato ch'essi non hanno di certo ascoltati, nè altri ha loro riferiti? No, risponderebbero essi, perchè è probabile e verisimile che in date circostanze que' personaggi dovevano consimilmente esprimersi. Ora, perchè, tenendosi nei limiti della verisimiglianza, non sarà lecito, anzi utilissimo intrecciare la storia con fatti d'invenzione che la rendano più drammatica, più evidente, quindi più studiata e proficua?"

      Don Annibale continuò in tal modo per lunga pezza ora colle opinioni di quel suo conoscente, ora colle proprie ad encomiare il genere dei Romanzi storici;, inutilmente però, perchè la Contessina non aveva d'uopo di tante parole per farseli aggradire, formandone da molto tempo l'esclusiva sua lettura; ed il Marchesino s'era occupato a svolgere i fogli del libro che conteneva le vedute del lago, nè aveva più oltre badato a quel chiaccherare erudito. Stanca però anche donna Amalia d'udire teorie, volle che don Annibale le dicesse il suo parere intorno ad alcuni Romanzi storici italiani, addomandandolo della Pianta dei sospiri, del Gabrino Fondulo, del Castello di Trezzo, della Sibilla Odaleta, e finalmente dei Promessi Sposi.

      "I Promessi Sposi, conchiuse don Annibale, s'udirono annunziare tanto tempo innanzi che apparissero al pubblico, ch'ebbero tutto il campo di ricevere dalle mani abilissime del loro valente autore quella forbita lucente, e veramente nuziale acconciatura, di cui egli seppe adornarli. V'ha in quei libri una inimitabile proprietà di vocaboli, espressioni fine, vere, incalzanti: vi si trova per tutto una vita, un'indagine profonda del cuore, delle circostanze, delle cause; un nesso invisibile, ma universale, efficace, che offre pascolo a tutti i gradi d'intelligenza; è un complesso in somma d'osservazioni e di quadri affatto nuovi e sublimi. È vero però che vi si rinvenne un lato vulnerabile come il calcagno nel fatato corpo d'Achille, ma però le saette scagliategli dai nostri Priamidi non lo ferirono sì addentro da toglierci la vita, che durerà anzi sempre robustissima".

      Il Conte, che aveva in tutto questo frattempo dormito russando tranquillamente, svegliossi di repente, balzò esagitato dal canapè, fece due o tre giri intorno a se stesso, e sarebbe andato a dar del volto in terra se non incontrava la tavola a cui affrancarsi colle mani. "Che c'è? che avete? Cosa è avvenuto? gridarono ad una voce gli altri accorrendo. – Ohimè! ohimè! esclamò egli cogli occhi stravolti: quel maledetto battello a vapore… quella fornace, oh! che incendio!.. puh! che spavento! Per fortuna che è stato un sogno… Ma il capo mi gira ancora, e sento un peso gravissimo allo stomaco".

      "Niente, caro Conte, gli disse il Marchesino, sono le quattro o sei dozzine di quei pesciuolini che v'avete trangugiati; prendete un caffè, ed andate a letto che tutto passerà in poco d'ora".

      Così fece di fatto, conducendosi accompagnato dalla Contessina nella stanza da letto. Il Marchesino e don Annibale, dopo aver conversato più a lungo, salirono essi pure nelle camere rispettivamente assegnate a riposo.

      Il primo segnale di partenza dato il mattino dalla campana della barca a vapore trovò la nostra comitiva già allestita pel viaggio nella sala dell'albergo. La Contessina era involta nel suo mantello di finissimo circasse foderato di felpa: il Marchesino portava un tabarro verdognolo alla cocher di stoffa scozzese ed un berretto all'inglese tessuto di neri crini di cavallo. Il Conte ancor sonnacchioso, ed a cui il freschetto mattutino recava più molesta sensazione d'ogni altro, stava imbacuccato in un sourtout di peluzzo color d'orecchio d'orso, e riceveva, senza rispondervi, i complimenti di don Annibale, che seco loro discese sino al lago, ove porgendo braccio alla Contessina ad entrare nel battelletto che li dovea trasportare alla barca a vapore, le rammentò i libri a lei consegnati, e salutò tutti affettuosamente a due mani quando quel battelletto s'allontanò dalla riva.

      Saliti ch'essi furono a bordo, fu dato l'ultimo segno, ed alzata l'áncora, il Lario salpò, spinto rapidamente dalle sue ampie ruote. Non è a dirsi quanto riuscisse gradevole quel viaggio alla Contessina, che instancabile si recava ora da un lato, ora dall'altro del ponte della nave tutto rimirando, di tutto interrogando il Marchesino, servendosi del libro delle vedute per aver notizia del nome d'ogni luogo più interessante a sapersi.

      Riconobbero la villa d'Este, la Tanzi, la Passalacqua, la solitaria Pliniana, videro la cascata di Nesso; e nella popolosa Tramezzina ravvisarono varie case di persone conoscenti; scórsero la villa Melzi co' suoi vaghi giardini, e il bel viale d'ipocastani che la fiancheggia, e presso che di fronte sull'opposta sponda l'elevato palazzo Sommariva, che tanti contiene eccellenti capi d'arte. Prossimi a sopravanzare la punta di Bellaggio, gli occorse alla vista il Plinio, altra barca a vapore che viaggiava alla lor volta con spiegata bandiera: a poca distanza le due navi s'arrestarono, e calati a fior d'acqua i palischermi, fecero cambio di passeggieri, indi ripresero cammino, il Plinio tagliando a levante per Lecco, e il Lario in retta linea al nord. Lasciato a mancina Menaggio, volsero i loro sguardi al famoso Sasso rancio, e mentre la Contessina contemplava ammirata quell'erta sinuosa rupe, rammentando i miserandi casi che lesse ivi avvenuti, attrasse da destra la loro attenzione lo scoppio delle mine che aprivano il varco alla nuova strada, che correndo pei monti della Valtellina, riesce al cuore della Germania. Sempre più avanzandosi indicarono a destra Bellano, già celebre per l'orrido che gli stava vicino, e che da pochi anni dirupatosi perdette tutta la maestà del suo orrendo aspetto. Passato il promontorio di Dervio, scórsero le antiche ruinose mura del forte di Rezzonico, la vecchia torre di Corenno, e più inoltrandosi mirarono attentamente i pochi avanzi del castello sopra Musso, della cui guerra faceasi cenno nel titolo del racconto storico; quindi Dongo in un seno, e per ultimo il biancheggiante castello di Gravedona, presso alla quale sta Domaso, innanzi a cui la barca a vapore venne a fermarsi. Dopo non lunga posa quella barca virò di bordo e s'avviò colla stessa rapidità al ritorno.

      Un lauto pranzo che si protrasse in lungo, il conversare, il rimirare di nuovo tutti i punti più belli e rimarchevoli delle sponde, non lasciarono mai alla Contessina rinvenire un momento da dare alla lettura del manoscritto consegnatole da don Annibale, nè, ritornata che fu alla sua villa del Lambro, il che avvenne il giorno seguente di buon mattino come avea voluto il Conte, potè ritrovar tempo da leggerlo sinchè ivi rimase il Marchesino. Partito però che questi si fu, s'occupò di quel libro sbadatamente da prima, poscia con attenzione; e rendendolo a don Annibale, lo accertò che quella lettura le era riuscita in più parti interessante in modo da farle desiderare di poter gire un'altra volta sul lago di Como per visitare molti luoghi di cui teneva poetica impressione nello spirito, derivatale dalle narrazioni contenute in quel libro.

      Per il che siamo venuti in pensiero di pubblicarlo, affinchè possa, chi lo vuole, ottenerne lo stesso effetto senza difficoltà, persuasi d'altronde che se quell'accertazione non avesse contenuto ombra di verità, la qual cosa non è impossibile, pure alcuno fra i molti che percorrono di frequente quel lago ci saprà grado di porgergli un mezzo di più onde passare alcune ore d'un giorno nebuloso o di pioggia, acquistando minute notizie di fatti che avvennero in questa bella parte di Lombardia ch'ora non offre che placide e liete situazioni ad amene e ricche villeggiature, e numerose mete sulle sue ridenti sponde a sollazzevoli gite.

      FALCO DELLA RUPE

      O

      LA GUERRA DI MUSSO

      CAPITOLO PRIMO

      Era la notte e il mar non avea lume

      Quando s'incominciar l'aspre contese

      .......

      Dalla rabbia del vento che si fende

      Fra i scogli e l'onde escon orribil suoni;

      Di spessi lampi l'aria si raccende;

      Risuona il ciel di spaventosi tuoni.

ARIOSTO, Orl. Fur. Can. 41.

      Veleggiando da Como verso settentrione, passata la penisola di Torno, perviensi ad un lago solitario e di selvagge sponde. Fiancheggiato a levante dagli alti monti della Valle Assina e da quelli di Val d'Intelvi a ponente, non offre al riguardante che ripide balze e annosi boschi sparsi per le loro falde e per le loro sommità; ivi le acque nereggiano riflettendo il bruno aspetto delle vaste rupi da cui sono cinte, e più d'un torrente in esse si versa precipitando biancheggiante dalle nude roccie.

      Sorge