Mar sanguigno (Offerta al nostro buon vecchio Dio). Guido Milanesi. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Guido Milanesi
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066068745
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      — Sonia, ça suffit.

      — Russe?

      — Oui.

      — Ça suffit aussi...

      S'offende? No, ride. Regola: mantenersi impassibile quando una sconosciuta di questa specie ride.

      — Vous êtes bien original... — mi dice. Seconda regola: aprir le braccia senza parlare e accennare un breve gesto di accondiscendenza rassegnata.

      — D'où êtes-vous?

      — Italien, si vous permettez.

      — Ah! très-bien.

      — Pourquoi très-bien?

      — Parce qu'alors vous chantez.

      Ancora! Non so quante volte attraverso il mondo mi son sentito rivolgere le stesse esasperanti parole con la medesima intonazione di assoluta certezza. Ma in quale testo internazionale, sconosciuto soltanto a noi italiani, è scritto che noi cantiamo tutti e che le nostre aspirazioni spaziano tutto al più nel tratto di scala melodica che va dal soprano al basso profondo? La solita risposta:

      — Vous vous trompez: je ne chante pas du tout.

      — Et «alors» qu'est ce que vous êtes?

      Quell'«alors» è assolutamente notevole. Le indico vagamente il mare, il paziente assorbitore delle più grandi sciocchezze...

      — Entrepreneur de bains?

      Questa non me l'aspettavo. Cerco di risponderle «no» con naturalezza, ma non riesco forse a moderare abbastanza la vivacità del mio diniego.

      — Je vous ai offensé? Allons: vous me le direz après ce que vous êtes... Prenez mon bras et accompagnez-moi voir le tango là-bas...

      Prendo il braccio — è la parola nuda — e mi avvio con lei verso le lunghe file dei casotti che s'allineano dinanzi alla terrazza dell'Hôtel e dove s'annida, ferve e fermenta quasi tutto quello che s'annida, ferve e fermenta nella natura umana. E c'è infatti un tango, ballato sulla sabbia nel preciso succinto costume mio e della mia sconosciuta compagna. I soliti abbominevoli tziganes, personaggi che condividono con gli chauffeurs, coi couriers, coi manicure e con i masseurs, la loro moderna importanza — con un sovrappiù loro speciale, derivato dalle avventure del celebre Rigo, moderno Re della loro razza — si sdilinquiscono sui loro archetti, accompagnando le snervate battute della loro musica con guizzi da cavalli da monta che scuotono la criniera. Un ibrido personaggio, rasato, pettinato quasi «à la vièrge», dagli occhi cerchiati di nero, vestito di color perla e dalla calzatura estremamente «vetrina di gran calzolaio», agita in ritmo il suo corpo ambiguo trascinando con sè la femmina della sua specie, una creatura d'ossigeno, di labbra rosso-vizio e movenze di serpente caldo: maestro e maestra di tango: riverite e privilegiate posizioni sociali dell'anno 1914 dopo la passione di Nostro Signore Gesù Cristo.

      Il loro ballo è seguito con irrefrenabile ammirazione da cento occhi dipinti, è scrutato con sguardi di benevolenza attraverso occhialini d'oro di maestose matrone sedute là intorno in religioso silenzio, è applaudito da bambine dalle gambe nude e dalle vesti troppo corte, imitato da bambini aggrappati a mezza vita delle loro istitutrici tedesche, assurto all'onore di un'istituzione sociale che compendi in sè, grazia, bellezza, le più alte elezioni, tutte le più nobili aspirazioni.

      — Mais pourquoi ils font ça debout? — domanda a mezza voce una Canadese...

      — Qu'il est charmant ce Monsieur Kravna! Il est vraiment adorable! — mormora la mia compagna fissando i suoi occhi antropofagi sul maestro.

      — Allons: à nous! — esclama brevemente; e mi si appoggia addosso respirando forte, pronta al ballo.

      — Non: je deteste ça — le rispondo irrigidendomi.

      Qua le situazioni si decidono alla svelta, da gente da ferrovia, da piroscafo e d'albergo che ha la quasi certezza di non incontrarsi più. La mia è risoluta in due brevissime scene: la prima, una netta voltata di spalle dopo uno sguardo di indescrivibile, sprezzante stupore; la seconda, un conciso dialogo riferito a me e udito nel mentre, libero, mi avvio verso il mio casotto.

      — Sonia, quel est ce monsieur-là?

      — Sais pas: une éspèce de fou...

      Il mare è là: ripieno di corpi umani, punteggiato da cappelloni di paglia, da cuffie rosse, bianche, azzurre, cosparso di minuscole imbarcazioni bisessuali, si lascia pervadere da mille odori complicati e dorme respirando appena, come mastino sdraiato al sole e insensibile agli sciami di mosche.

      E sarebbe questo il mare giustiziere, il truce mare del vecchio marinaio di S. Benedetto del Tronto? Eh! Via! Ha il sonno così duro! E lo sguazzio della lascivia umana non alza di un centimetro le placide, silenziose sue piccole onde che vengono ad una ad una a cancellare mollemente le traccie lasciate da centinaia di piedi nudi, mossi in ritmo...

       Indice

      La metà delle lettere che si scrivono nel salone di un grande albergo sono scritte per essere scritte e come relazione vera con la persona a cui vengono indirizzate, non hanno generalmente che l'indirizzo. Quanti occhi assorti e quante penne sospese a mezz'aria, in questi tavoli omnibus, dove ciascuno sembra cercare i periodi sul viso femminile incontro e fa durar le lettere più che può!

      Io son venuto a sedermi qui per questo motivo: che una signora, forse ungherese, forse peggio, nello scendere dall'automobile dell'Hôtel si è diretta subito verso la mia uniforme e mi ha chiesto due stanze non esposte al mare. Invano il direttore si è precipitato dal suo banco ad avvertir dell'equivoco. Niente: la predetta dama ha insistito freddamente nel chiedermi le sue due stanze non esposte al mare e il mio neutro silenzio non le ha spiegato nulla. È stato necessario voltarle le spalle: e siccome ella ha certamente ritenuto che io le mostrassi il cammino, mi ha seguito dentro il salone di scrittura già affollato. E allora mi son seduto pacatamente a un tavolo, piantandola in asso. E una volta seduto, bisogna ben scrivere qualche cosa. Bene! Quando alcuni di questi foglietti saranno riempiti, metterò «Amico mio» in testa al primo, — «cordiali saluti» in fondo all'ultimo, e sceglierò un indirizzo che corrisponda ad una persona di spirito.

      Ed ecco, caro Indeterminato, perchè ti scrivo. Chiama queste pagine «note sincere di un'ora di grande Albergo» invece che lettera; e supponi di avermene dato l'incarico. Prometto l'assoluta verità.

      Intanto il posto di fronte a me s'è riempito e al disopra del basso cristallo che taglia in due la larghezza del tavolo, vedo un'ondata di capelli biondi, molto sapientemente pettinati secondo la foggia di alcune di quelle figurine etrusche la cui missione consiste nell'essere dipinte eternamente in fila attorno ad un vaso.

      Continuare a scrivere: far mostra di niente; vediamo quanto tempo resterà chinata la testa.

      Molto. Una manina lunga e gemmata scrive, scrive di là dal vetro, dritta, veloce, sicura, animata da reale impulso: quindi, o l'amante o l'interesse. E una busta è chiusa e gettata affrettatamente di lato. L'educazione degli alberghi prescrive che una busta si guardi sempre.

       Una linea di caratteri che non conosco.

       Ministère de la Guerre

       Bureau 628

       St. Pétersbourg.

      Un'altra busta copre presto la prima.

       M.r le Comte Raoul de F...

       Poste restante

       Paris.

      Ma!... E la testa bionda si leva, fissando lo spazio avanti a sè.

      Due occhi di acqua marina velati da lunghe ciglia mandano come