Sola di fronte al Leone. Simone Arnold-Liebster. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Simone Arnold-Liebster
Издательство: Автор
Серия:
Жанр произведения: Биографии и Мемуары
Год издания: 0
isbn: 9782879531687
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“spazio vitale”, ma “spazio necessario alla vita” secondo i nazisti che volevano giustificare così la loro politica espansionistica, com’è noto, verso oriente.

      Come ogni anno, poco prima di Pasqua, la nonna decise di acquistare un nuovo maialino e di scambiare le uova destinate alla cova per “immettere sangue nuovo all’interno dell’allevamento”.

      Ci arrampicammo insieme su per la montagna, sotto un sole abbagliante che la nonna definiva “pungente”. Notò una nuvola lontana e previde che il tempo sarebbe cambiato. Dopo due ore di cammino raggiungemmo una piccola valle quieta e verdeggiante, dove erano raggruppate alcune fattorie, che terminava con una ripida parete rocciosa, la Felleringkopf, il nostro angolo preferito per la raccolta di mirtilli. La meta era Langenbach e, quando infine vi arrivammo, tirammo un sospiro di sollievo. Durante il percorso la nonna aveva insistito a più riprese: “Cerca di convincere tua madre a ritornare alla Chiesa, altrimenti causerà disgrazie a tutti noi!”

      “Ma la Bibbia non è un libro malvagio!”

      “Il Diavolo vuole farvi lasciare la Chiesa cattolica per impossessarsi della vostra anima. Vi spedirà direttamente all’inferno”.

      “Ma nonna, l’inferno non esiste! E poi io non ho un’anima, io sono un’anima!”

      “È proprio così che il Diavolo raggiunge i suoi scopi: prima vi toglie la paura dell’inferno, poi vi ci fa cadere dentro!” Allora mi raccontò delle storie orribili su Lucifero che per ingannare gli uomini si mostrava molto attraente.

      A Langenbach la cugina della nonna era contentissima di ricevere notizie dall’altro lato della valle. I soldi e le uova vennero scambiati, poi, fra le graziose creature rosa che scorrazzavano sgambettando in tutte le direzioni, scegliemmo il nostro maialino. Infine lo acchiappammo e, quando gli legammo le zampe posteriori, protestò energicamente con dei versi stridenti. La nonna lo chiuse subito in un sacco e se lo mise intorno al collo. La cugina indicò il cielo: “Sbrigatevi a prendere la strada del ritorno!”

      Il cumulo si ingrandiva a vista d’occhio. Seguivo a fatica la rapida andatura della nonna. Quando raggiungemmo la cima del Thalhorn, l’alto promontorio dal quale si godeva una vista meravigliosa sulle due vallate, eravamo entrambe in un bagno di sudore. All’improvviso ci trovammo esposte alle raffiche di un vento glaciale. La nonna gridò: “Corriamo, altrimenti prenderemo freddo! Fa molto male ai polmoni”.

      L’enorme nube nera che si stava dirigendo verso di noi coprì a poco a poco la vallata. Iniziò a cadere una forte grandine e, siccome in quel nudo versante non esisteva alcun riparo, non ci rimase altra scelta che continuare. Esposto ai chicchi di grandine, il nostro povero porcellino emetteva in continuazione grida strazianti, che si mescolavano al gemito del vento impetuoso. Era terribilmente buio e noi non riuscimmo più a distinguere il sentiero, perciò fummo costrette ad avanzare alla cieca. All’inizio non piansi – ero un maschio, vero? – ma il freddo mi faceva battere i denti ed ero inzuppata. Il mio vestito di maglia lavorato a mano si ritrovò tutto a buchi e finì per ridursi a un cencio. Sfinita e col fiato mozzo, quasi non riuscivo a resistere alla bufera. Mi sentii prigioniera della nuvola, che aveva ormai invaso tutta la montagna. Allora iniziarono a scendermi le lacrime. La nonna aveva entrambe le mani occupate a trattenere il sacco, dove il maialino si dibatteva come un forsennato, perciò dovetti aggrapparmi al suo grembiule.

      Arrivate ai piedi del pendio, uscimmo finalmente dalla nuvola e scorgemmo Bergenbach. Il fumo del nostro camino ricadeva sul tetto e ondeggiava lungo le tegole come un gigantesco serpente.

      “Ne siamo uscite! Dio sia lodato!” Ma ero certa che la nonna riteneva la nostra esperienza una punizione divina. Secondo lei, tutte le sciagure venivano da Dio, soprattutto il maltempo.

      Ci toccava percorrere ancora un lungo tratto attraverso la vasta palude della Runz. “Guarda, il nostro sentiero è laggiù!” Avevamo deviato molto ed era difficile avanzare sul suolo spugnoso. Ogni volta che posavamo il piede su una superficie sassosa, l’acqua sprizzava dalle nostre scarpe con dei gorgoglii. Finalmente riuscimmo a raggiungere la fattoria.

      “Piccola mia, il tuo vestito è ridotto a un colabrodo!” Ci stavano scaldando della biancheria di ricambio davanti ai fornelli della stufa. Un pediluvio caldo mi riattivò la circolazione del sangue. Raccontai tutta eccitata la nostra avventura. La nonna mi guardò e le lessi negli occhi il suo totale disappunto. Non si aspettava affatto quel racconto così pieno di entusiasmo. In silenzio cominciò a rianimare con energiche frizioni il povero maialino congelato.

      ♠♠♠

      All’entrata del nostro palazzo mi accolse un odore di pittura fresca. Ero talmente impaziente di vedere i risultati del lavoro di Jean nella mia cameretta che salii le scale a gran velocità. Lui era tutto orgoglioso: non si era mai occupato di una stanza intera in modo così “professionale”. Aveva anche ridipinto l’armadio di un verde pastello! Il papà aveva spostato il mio letto in un angolo le cui pareti erano state decorate, fino a una certa altezza, con una stoffa a fiori abbinata al copriletto. Sopra erano stati appesi sette quadretti con i nani di Biancaneve. Jean li aveva dipinti per me e mio padre li aveva completati con vetro e cornice. Ero incantata! Com’era bella la mia cameretta! Con la porta aperta, tutti i nostri ospiti avrebbero potuto ammirarla fin dall’ingresso.

      La mamma mi fece una saggia raccomandazione: “È la tua stanza; dovrai metterla in ordine e rassettare il letto, altrimenti a mezzogiorno la ritroverai così come l’avrai lasciata il mattino. Adesso sai che cosa devi fare per mantenere una buona reputazione”.

      I miei genitori avevano regalato a Jean una Bibbia cattolica. Il papà ci disse che lui l’aveva accettata con piacere, ma la sua mamma si era infuriata e gli aveva fatto una scenata. La signora continuava a trattarlo come uno scolaretto. Il papà cercò di giustificarla: “È vedova. Probabilmente trova difficile accettare la graduale indipendenza del figlio”.

      Come tutte le mattine, il papà scese a prendere il secchiello del latte e il pane nel cesto appeso vicino alla porta della cantina. Risalì bianco come un cencio e si accasciò ansimante su una sedia. Gocce di sudore gli imperlavano la fronte. Raccontò che, mentre era giù, una porta si era bruscamente aperta: il signor Eguemann gli stava andando incontro brandendo un’ascia. “Sono scappato sulla strada col secchiello e ho anche versato un po’ di latte. Lui mi ha inseguito urlando: ‘Specie di traditore, meriti di essere giustiziato!’ Si è fermato solo quando ha visto arrivare qualcuno”.

      “Emma – riprese – d’ora in poi sarà il caso di comprare il pane e il latte in drogheria. Mi rincresce darti questo peso in più, ma bisogna essere prudenti… con questo alcolizzato nel palazzo! Cercherò anche di cambiare l’orario di lavoro, almeno non rischierò più di incontrarlo da solo lungo il cammino. Non bisogna esporsi inutilmente!”

      Che shock! Un buon cattolico come il signor Eguemann aveva cercato di uccidere mio padre! Sentii il cuore riempirsi di risentimento. La mamma, per calmarmi, lesse le parole di Gesù: “Sarete oggetto di odio fra tutti i popoli”. Poi citò l’apostolo Paolo: “Non bisogna rendere male per male”.

      Il papà suggerì alcune opportune precauzioni. Tutti e tre saremmo usciti dal palazzo con cautela; per evitare reazioni violente, non avremmo più rivolto la parola alla famiglia Eguemann; avremmo portato fuori Zita con discrezione, possibilmente di giorno, rimanendo davanti all’edificio e solo in presenza di qualcuno in grado di proteggerci se necessario. Da quando aveva preteso che fossi punita davanti a lui, avevo serbato del rancore nei confronti del signor Eguemann, ma adesso lo detestavo decisamente!

      ♠♠♠

      Il secondo anno di scuola terminò con una giornata calda e molto piovosa. Ci ripeterono le solite raccomandazioni prima delle vacanze estive: comprare un quaderno per i compiti da svolgersi ogni giorno e non dimenticare di ripassare quotidianamente il catechismo. Era arrivato il momento di salutare la signorina, che andava in pensione. Rispose con un sorriso e parole gentili a tutte le ragazze che si avvicinavano alla cattedra… insomma, quasi a tutte! L’idea di cambiare insegnante il successivo anno scolastico mi fu di grande sollievo.

      I canaletti di scolo straripavano. Siccome indossavo gli stivali