In una sala attigua stavano riuniti il figlio e le due figlie del duca.
Il primo, don Francesco dell'Isola, erede del titolo e dei beni del padre morente, era un uomo che non varcava i trentacinque anni, ed al quale nondimeno se ne sarebbero dati di più; tanto la sua fisonomia regolare e distinta aveva un carattere serio e riflessivo.
Soltanto i suoi occhi neri erano di una vivacità estrema; non si poteva quasi afferrare l'espressione di quello sguardo, ma se ne rimaneva soggiogati.
Quando don Francesco taceva, o fissava gli occhi al suolo, l'osservatore più acuto non avrebbe potuto leggere sul suo volto che la più grande impassibilità, l'indifferenza più altiera. L'insieme del di lui aspetto era burbero ed imperioso.
Da due anni era ammogliato. La sua sposa, unica figlia del marchese del Faro, uno dei più ricchi signori della Sicilia, morto quasi subito dopo quelle nozze, trovavasi nella notte, di cui si parla, ad un vicino castello con suo figlio, bambino di un anno.
Le sorelle di don Francesco erano molto più giovani di lui: quantunque entrambe belle, presentavano due tipi diversi.
Donna Maria contava poco più di vent'anni: bionda, dagli occhi nerissimi e lucenti, dai tratti fini ed incantevoli, aveva veramente alcun che di affascinante.
Donna Rosalia, la sorella minore, aveva pure occhi neri: bellissime trecce, parimenti nere, circondavano perfettamente il suo volto bruno, pallido e melanconico. Toccava appena i diciassette anni, e non pertanto sembrava che il dolore avesse già stampata la sua traccia su quella fronte pensosa.
Tutti tacevano.
Aspettavano per entrare dal duca che il confessore ne uscisse: se non si fosse udito un leggiero bisbiglio nella camera dell'ammalato, avrebbero cominciato a temere qualche accidente.
Infatti il tempo di una confessione ordinaria era già spirato da un pezzo.
Perchè mai quella durava sì a lungo?
Don Francesco e le sue sorelle se lo chiedevano forse tacitamente, ma non iscambiavano le loro riflessioni.
Finalmente la porta si aprì, ed il padre benedettino disse con agitazione:
—Non vi è tempo da perdere. Il duca vi attende: io tornerò fra breve.
Ed escì.
I figli del duca entrarono tosto nella camera di lui.
Donna Rosalia sola sembrava comprendere quanto quell'istante avesse di terribile: l'indifferenza si leggeva sul volto degli altri.
Certo, malgrado il turbamento del frate, credevano si trattasse soltanto di un addio supremo, e compivano quest'atto come una formalità.
Quando il vecchio duca vide i suoi figli, tentò rizzarsi, e con voce tronca disse loro:
—Avvicinatevi tutti ed ascoltate.
Essi obbedirono.
Il morente sembrava agitatissimo. La più viva ansietà era dipinta sul suo volto livido e contraffatto. Egli parve riunire tutte le sue forze: indi, prendendo la destra di suo figlio e stringendogliela:
—Devo chiedervi molto, don Francesco, gli disse: un sacrificio: ma spero che voi me lo farete.
Don Francesco lo guardò sorpreso.
—Devo palesarvi, continuò l'ammalato, ciò che ho palesato ora al confessore: un segreto importantissimo, che riguarda la nostra famiglia.
—Un segreto! esclamarono attoniti i figli.
—Sì: ma non ho tempo da perdere: udite, udite! Io aveva un fratello, il sapete, figlio della seconda moglie di mio padre, il cavaliere dell'Isola, che tutti credono morto.
—Come, egli esiste forse? chiese don Francesco accigliato.
—Non lo so: lasciatemi continuare. Mio padre lo prediligeva: lo preferiva di gran lunga a me suo primogenito…. Io lo odiava…. ed avrei voluto….
Qui parve che al morente mancasse il respiro: ed infatti per qualche momento non potè proseguire. Ma quella specie d'affanno si dileguò, grazie a qualche goccia di un cordiale che donna Rosalia gli aveva appressato alle labbra.
—Avrei voluto nuocergli, riprese; farlo cadere in disgrazia di nostro padre; rovinarlo….
Il duca s'interruppe ancora, vedendo la porta aprirsi.
—Il conte di San Giorgio, disse il cameriere di confidenza dell'ammalato, che Vostra Eccellenza mi aveva ordinato di andar a chiamare.
E si ritirò per lasciar passare colui che aveva annunciato.
Un uomo di circa trentasei anni entrò nella stanza. Era il figlio dell'unica sorella del duca.
Vestiva di velluto nero, ed era fregiato della croce ottagona dei cavalieri di Malta. Quell'abito severo dava maggior risalto alla maschia bellezza dei suoi lineamenti.
Alla vista di lui un lampo di soddisfazione apparve sul pallido viso del duca.
Donna Rosalia guardò il conte come se sperasse qualche cosa dalla sua venuta.
Donna Maria e don Francesco fecero un gesto d'impazienza.
—Avvicinatevi, cavaliere, esclamò l'infermo.
—Ma, disse sommessamente don Francesco a suo padre, è conveniente ch'egli oda?…
—Oh sì! rispose l'ammalato ad alta voce: io lo voglio! D'altronde egli è della famiglia.
—Ma che avviene? domandò il cavaliere di Malta, accostandosi al letto.
—Lo vedete, disse il duca con un tristissimo sorriso: sto per morire.
E continuò subito:
—Mentre giungeste, conte, stavo confidando a' miei figli un segreto di famiglia. Rimanete: voi pure dovete udirlo…. Vi ho mandato a prendere espressamente….—Così, aggiunse tra sè, don Francesco non potrà….
Ma sentiva la vita spegnersi nel suo seno, e si affrettò:
—Il cavaliere dell'Isola, mio fratello secondogenito, non è forse morto….
—Come? che dite? interruppe il conte.
—La verità; lo odiavo: ascoltate. Vedevo con dispetto che, malgrado quella mia avversione, nostro padre, che l'adorava, avrebbe fatto in favor suo tutto quanto gli fosse stato possibile. Fu dunque con una gioja grandissima che mi avvidi dell'amore appassionato di mio fratello per una giovane avventuriera di meravigliosa bellezza, da poco giunta a Catania. Favorii segretamente quella sua inclinazione, consigliando ad un tempo la fanciulla ad essere severa seco lui. Mi guardai bene dal parlarne per allora a nostro padre: volevo attendere che le cose fossero giunte ad un punto che quel disgraziato, il quale contava appena venti anni, non potesse più retrocedere…. Ah che feci?… Quali rimorsi mi preparai!… Ma ora sono vani i rimpianti!… Almeno si potesse riparare!…
—Riparare? chiese freddamente don Francesco.
—Sì, rispose il vecchio, guardandolo fiso con ansietà mista a terrore.
Sospirò profondamente; indi proseguì:
—Io tacqui dunque, e mi adoperai in modo che mio fratello sposasse segretamente la sua amante. Non sostenni poi apertamente la parte di delatore; ma nostro padre fu istrutto presto d'ogni cosa per opera mia. Gli si fornirono le prove: non potè dubitare. La sua collera, nell'apprendere quelle nozze così ineguali, fu terribile, maggiore di quanto lo avessi sperato. Ne provai una infernale soddisfazione!… Oh! mio Dio! come potei esser sì tristo?…
Il vecchio duca era oltremodo commosso: sollevava al cielo lo sguardo, come per chiedergli perdono.
Tutti i testimoni di quella scena tacevano.
—Mio