Il Re bello. Aldo Palazzeschi. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Aldo Palazzeschi
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066069698
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di trovare sul momento una via d'uscita dal groviglio.

      — Mio caro Maresciallo, ne avete combinati tanti dei pasticci nella vostra lunga carriera, e io ne sono un bell'esempio, mi pare, coraggio, pensateci un pochino e ne troverete un altro senza dubbio che ci caverà tutti dall'impiccio.

      — Ma poi.... ma poi.... — balbettava smarrito il conte Ercole Pagano Silf — Gennaio, Febbraio, Marzo.... — e calcava i mesi puntando leggermente il polpastrello della destra sul banco del Sovrano — Luglio, Agosto!

      — Agosto, già, saremo lì, verso la metà del mese.

      — Dio! Dio! È il centenario della costituzione! Il quarto centenario, il quindicesimo giorno di Agosto.

      — E cosa volete che ci faccia?

      — Tutto, tutto in contrario.

      — Rimandate le feste.

      — Rimandare.... è una parola.

      — Non mi farete mica venir fuori con quella pancia, o, peggio ancora, appena sgravato, o partoriente? Bisogna rimandare le feste a Settembre, a Ottobre, meglio, è più fresco.

      — Ma voi Maestà, non conoscete il vostro popolo!

      — E cosa me ne importa a me del popolo? Se sapeste un po' dove ce l'ho io, il popolo, non sareste nemmeno capace di figurarvelo, signor Maresciallo!

      — Ah! Quale jattura!

      — Insomma, fate come volete, basta che non secchiate me, c'intendiamo? perchè io, non ne posso più.

       * * *

      Ora accadde che Ludovico XIII venne assalito da certe febbri intermittenti che poco a poco lo costrinsero a non uscire più dalla Reggia.

      Negli ultimi tempi si era presentato al popolo tutto ravvolto in un'ampissimo mantello bianco. Era stato notato con muto lacerante dolore il tremito delle sue labbra, e tutta una leggera deformazione del bel volto purissimo come s'esso si maturasse, ingrossasse e colorisse soverchiamente.

      Anche nelle udienze di Corte si stringeva sempre addosso freddolosamente quel solito mantello bianco così ampio come a nessun re era stato veduto mai. Infine nessuno lo potè più vedere, eccetto il Gran Maresciallo per gli affari urgenti del governo, e si recava nella camera dalla quale il Sovrano più non usciva.

      Il vecchio Maresciallo di Birònia gli era a fianco quasi costantemente per confortarlo e incoraggiarlo, oltre che per le decisioni supreme dello Stato.

      — Coraggio, coraggio Maestà — esortava l'abile uomo politico divenuto ricurvo sotto il peso degli anni e del governo aspro e difficile, coraggio.

      — Ah! Maresciallo mio, che frittata! Sono veramente una creatura da far compassione ai sassi. E quella povera Regina anche è compassionevole, disgraziata anche lei, in che ginepraio è venuta a ritrovarsi. Non è più che un'ombra, io ingrosso tutti i giorni e lei sempre scema, è tanto grullerella poverina. Eppoi? E dopo?... Dove andremo a finire? Si può durarla in una situazione di questo genere? Ah! Padre mio! Padre mio, che facesti mai! E anche voi c'entrate per la vostra parte. — Il vecchio Maresciallo di Birònia chinava il capo dinanzi al Sovrano tutto avvolto nell'ampissimo mantello. — Potevo essere felice.... e sono la più miserabile creatura dell'universo, tutto per i vostri pasticci, vecchio intrigante che non siete altro. Io.... non sono nulla.... non lo so nemmeno io che cosa sono, sento salirmi al cuore qualche cosa a inondarlo di dolcezza, e subito un pensiero lo riavvelena, ah! Maresciallo, che dolcezza sentirsi madre! E quando mi guardo con questi calzoni addosso.... e questa panciona grossa grossa.... — faceva atto di aprirsi l'immenso mantello davanti Ludovico XIII — mi viene da piangere....

      — Coraggio, coraggio Maestà, foste sì forte, sì superbamente forte in ogni istante della vostra vita, vero sangue Ludovico è il vostro, sangue d'eroi!

      — Ah! questo è certo.

      — Coraggio, ricordate il giuramento a vostro padre, egli vede e benedice la vostra meravigliosa fermezza dal cielo.

      — Benedice.... benedice.... e che cosa me ne importa a me se benedice, e io sono così? Che colpa ne ho io? Che feci mai? All'ultima delle dodici sorelle dovevano capitare tutte queste sciagure. Le mie sorelle sono felici, sparse per tutte le corti del mondo, vivono e godono, amano e sono riamate, possono partorire finchè vogliono circondate di carezze e di affetto, io.... eccomi qui, non sono nè maschio nè femmina, non lo so più neppure io che cosa sono....

      — Coraggio, coraggio Maestà, ricordate la promessa a vostro padre, i suoi occhi come vi fissarono in quell'istante supremo.

       * * *

      Era la festa dello Stato. Il quattrocentesimo anniversario della costituzione del regno di Birònia. Per quanto i festeggiamenti, che avrebbero dovuto avvenire strepitosi, fossero stati rimandati per la malattia del Re, i cittadini tutti fino dai grigiori dell'alba si aggiravano cupamente sopra la piazza dei Settantasette che avrebbe dovuto essere una giostra di colori, un vulcano di gioia e di felicità, ed era invece grigia e muta in quell'alba, non uno spiraglio di finestra vi era aperto in segno di lutto, cupamente si aggiravano i cittadini dinanzi alla Reggia, sull'ampio piazzale, nei parchi adiacenti, per i viali, a capo chino e scoperto.

      La festa rimaneva serrata dentro i cuori, gelosamente custodita e il gaudio vi si raccoglieva in un'invocazione al Signore perchè presto facesse risanare il Sovrano adorato.

      E in quell'alba istessa, il conte Ercole Pagano Silf Gran Maresciallo di Birònia, veniva d'urgenza chiamato al letto del Re sofferente.

      — Ohi! Ohi! Maresciallo, ci siamo, lo fo! Proprio oggi, sembra fatto apposta.

      Corse il vecchio Maresciallo a chiamare il chirurgo di Corte che di lì a poco giunse con un'infermiera, e insieme si chiusero nella camera regale.

      In poco tutto fu preparato e il conte Ercole Pagano Silf andava e veniva per la stanza in una trepidazione incontenibile. All'uomo che aveva atteso i dodici parti desolati della Regina Sofia Clementina, pareva che una speranza fosse rimasta accesa sotto le ceneri in fondo all'anima e giungesse ora ad irradiarne la pupilla.

      — Ohi! Ohi! — gridava il Re tenendo la bella testa bruna scomposta sui cuscini — Ohi! Ohi! — mordendo il fazzoletto che spremeva nella mano bianca, mentre il chirurgo e l'infermiera gli sottoponevano aromi alle narici affannosamente spalancate, e ne bagnavano con farmachi ristoratori le tempie che pulsavano forte — Ohi! Ohi! Dio mio, che male! Ohi! Ohi! questi non sono dolori da Re caro Maresciallo, vorrei un po' sapere come ve la caverete ora! Ohi! Ohi! Uhm.... che male atroce! Finchè era qui dentro.... Ohi! Ohi! era un'altra faccenda, c'era il mantello che cuopriva ogni cosa.... Ohi! Ohi! Ohi! Ah! Che tortura.... Uhm!... vorrei sapere come farete a ricuoprire ora, ci vuole altro che mantello! Ohi! Ohi! Ohi!... Cosa pensate di farne di questa mia povera creaturina?...

      Neppure badava il Maresciallo alle parole del Sovrano spasimante, ma continuava a passeggiare nervoso stirando le gambe, le braccia, torturandosi l'una l'altra le dita.

      — Almeno se ero nato maschio davvero! Mi sono toccate tutte le sciagure delle donne, tutte quelle degli uomini senza un benefizio di nessuno. Ohi! Ohi! Povera mamma mia, come devi aver patito a farci tutte e dodici, scalcinata come eri povera donna! Questi uomini sono proprio delle bestie irragionevoli, irragionevoli! Ohi! Ohi! Povero piccino mio, tu non ne hai colpa ma mi fai soffrire troppo così. Chi sa suo padre a quest'ora come se la gode, che ne sa lui, se ne frega, il maiale! Ohi! Ohi! Ohi! Ah! Mi sento strappare i reni! Mi par d'averci dentro un battaglione di soldati. Ohi! Ohi! Ohi! Maresciallino mio che male.

      Passeggiava nervosamente il vecchio Maresciallo invaso dal suo pensiero che gli bruciava in seno e gli dava la febbre per tutte le membra.

      Un urlo lacerante uscì dal petto del Re, alzò presto le coltri il chirurgo e ne scuoprì il corpo candido, il parto era aperto. Tele cerate e topponi e ovatte gli furono destramente posti di sotto, e facendosi uno da un lato uno dall'altro il chirurgo e l'infermiera presero le gambe d'avorio che si spalancarono, mentre un mugghio atroce