Il Re bello. Aldo Palazzeschi. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Aldo Palazzeschi
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066069698
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ah! che grulla! ma che! stupida! Non ci credi? Vedrai, vedrai, poi, ti farò vedere. Ora quando ci spogliamo, vedrai, vedi, se mi tolgo questa corazza che mi serra sono come te, ce l'ho anch'io il seno, guarda, come il tuo, tutto come te, sì, le poppe, come te, più belle delle tue, vedrai, grulla!

      Ma ella sempre più rattrappita rientrava in se stessa colla gola serrata indietreggiava verso la porta chiusa nella certezza di non potere più sfuggire alle grinfie orrende del mentecatto, come avesse voluto scomparire sotto il pavimento. E Ludovico XIII lasciandosi tutto andare sopra una di quelle ampissime e morbide poltrone rideva, rideva. — Ah! Ah! Ah! Ah!

       * * *

      E nell'ora dell'incoronazione la mattina seguente, e al pranzo di Corte poi, fu Ludovico XIII di una grazia e di una gaiezza divine. Pareva sprigionargli dagli occhi una felicità non più terrena.

      La Regina gli sedeva accanto colla faccia cerea, un poco contratta e sofferente di chi non abbia potuto dormire per una notte intera. Ma di lui solo s'occupavano tutti, affascinati dalla sua prodigiosa e pur delicata figura che tutto illuminava e riscaldava.

      — Come gli è bello!

      — E come è felice accanto alla sua sposa che pare una tortorella spaventata.

      — Dopo tanto trambusto di emozioni....

      — Il viaggio....

      — E la notte?

      — Dove la mettete la notte?

      — Come deve averla conciata!

      — Poverina!

      — Tutti così i Re di Birònia, tutti così!

      E intanto che la cerimonia lentamente si svolgeva Ludovico XIII che tutto cercò di illuminare intorno col suo sguardo e il suo sorriso, sopra la piazza dei Settantasette non volle lasciare all'oscuro alcuna delle magnifiche guardie reali che ai piedi del baldacchino impettite e immobili per quattro ore rimasero come statue.

      — Guarda, guarda — balbettò ad un certo punto impercettibilmente alla sua sposa. — Guardalo come è bello eh? È quello di ieri. Sì quello di ieri, ti ricordi? Alla finestra? Bello eh? Ti piace?

      Videsi il collo della Regina ingollare un singhiozzo e gli occhi due lacrime, e un «no» amarissimo parvero rientrare quelle labbra tremanti.

      — A me sì. Come ti guarda! E guarda anche me, figlio d'un cane. Sapessi un po' te che ci sta sotto!

      E allorquando infine si avanzarono i paggi seguìti dal Gran Maresciallo di Birònia Conte Ercole Pagano Silf, e da tutti i dignitari della Corte e dalle altissime cariche dello Stato, e dal corpo diplomatico e corpi religiosi, e i cavalieri tutti della Rosa di Birònia, e dame e ufficiali, e furono i paggi inginocchiati ai piedi del trono reggendo alto il cuscino di porpora, e le voci bianche, accompagnate da cento violini intonarono l'inno a Dio, s'alzò Ludovico XIII, erano le plebi nella polvere protese, e presa la corona di diamanti dal cuscino se la pose lentamente sulla bella testa, con tale gesto sì solenne e grazioso ad un tempo, come Re di nessun popolo di nessun tempo potè avere mai. E fu un vero miracolo se ognuno di quei cittadini non ne ritornò, per la gioia, pazzo alla propria casa.

       * * *

      Circa tre mesi dopo questi memorabili avvenimenti, una mattina il vecchio Maresciallo conte Ercole Pagano Silf veniva di premura chiamato in udienza privata dal Re.

      Ludovico XIII era ad attenderlo seduto al suo banco di lavoro con la consueta aria seccata e distratta colla quale sbrigava con lui le faccende più gravi dello Stato, accettando sempre con sorridente ironica naturalezza, ogni consiglio dell'ormai infallibile uomo di governo.

      E non appena questi fu entrato e la porta fu bene richiusa dietro a lui, gli fece cenno, il Sovrano, con l'indice della sinistra di avvicinarsi più del consueto.

      — Maresciallo, voi dite sempre: «poche parole» non è vero?

      — Così è Maestà.

      — Poche parole dunque: sono gravido.

      — Oh! Sua Maestà!

      — Il Re, proprio lui.

      — Oh! che sciagura!

      — Che sciagura d'Egitto? E non si sa che le donne fanno i figlioli, che è una cosa nuova?

      — Sì, sì, ma voi....

      — Io io io.... io. Così doveva finire.

      — E come fu?

      — Fu.... fu una cosa molto semplice, semplicissima, non dovevano venir di sopra quei giovinotti, i dragoni, per la Regina, la notte?

      — Sì.... ma....

      — Non siete voi che avete combinato il trucco?

      — Oh!

      — Già, e siccome la Regina poveretta è la più citrulla creatura che sia sopra la terra, non ne ha voluto sapere, perchè crede sempre che io sia il Re, e badate, non c'è da dire che non glie l'abbia fatto vedere che cosa sono io, ma lei è tanto grullerella che non se ne persuaderà mai, non gli c'entra, è inutile. Ho tentato di mostrarle.... tutto quanto, si cuopre la faccia e scappa inorridita con la stessa vergogna come se si trovasse davanti a un uomo davvero. D'altronde, non può farsene una ragione e non ha poi tutti i torti, via.... convenitene, è un bel trucco, ma bello davvero.

      Il vecchio Maresciallo chinava la testa sotto il peso della nuova arruffatura nell'intrigo reale del quale un giorno la disperazione l'aveva reso autore.

      — Allora.... allora — riprese Ludovico XIII con molta disinvoltura — non avendone voluto saper lei, l'ho pregata, anzi, sarò sincero, ce l'ho quasi costretta, a farmene sapere qualche coserellina a me, non ne potevo proprio più sapete, scoppiavo.... ed ho preso il suo posto. Del resto nemmeno questo è bastato a convincerla, sì, ci vuol altro....

      — Oh!

      — Che ragazzi, Maresciallo! Con quelli là non si estinguono i popoli, vivete pure tranquillo.

      — E voi, Maestà, ne avete conosciuto.... più d'uno?

      — Quanti sono?

      — La guardia reale si compone ora di... trentasei uomini.

      — Eh.... allora....

      — Che? Tutti?

      — Ho paura di sì.

      — Oh! Maestà! Maestà!

      — Tanto, uno più o uno meno, a voi che vi fa?

      — Bisogna allontanarli tutti dal regno, bisogna far cambiare la guardia.

      — Basta che me ne lasciate almeno tre o quattro eh? Se volete che le cose camminino, se no faccio baracca! Ve lo giuro io! — Poi rabbonendosi, quasi supplichevole — almeno.... almeno.... uno guardate, sono discreto, mi contento di uno, via siate buono maresciallino, uno solo, uno.... del quale forse.... sono così. E che da tante sere sempre ritorna, e vuole ritornare, sempre lui, il furfante, che animale Maresciallo!

      — E conoscete il suo nome?

      — Si chiama.... si chiama.... Gastone. È bruno, con delle enormi sopracciglia nere e i grandi occhi fieri e dolci, dove arriva quel ragazzo con quegli occhi.... e la faccia oblunga, e i denti bianchissimi, quando ride è bello come il sole. In queste ultime notti egli sempre volle ritornare ed io volli lui solo, e attende palpitante l'ora del segnale, e di giorno mi beo, insospettato a guardarlo, a fissarlo, quando è giù nel cortile a far la guardia, in fondo allo scalone....

      — Ma egli nulla sa?

      — Nulla, nulla povero bamboccione mio, nulla, e come potrebbe? Nulla ha compreso di chi abbia conosciuto. E guardate — alzò il capo fieramente il Re, aggrottando imperioso la fronte — guardate che se gli torcerete un capello solamente voi finite nel forno! Per il resto — continuò abbassando di tono. — Per il resto.... farò quello che voi vorrete.