Il Re bello. Aldo Palazzeschi. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Aldo Palazzeschi
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066069698
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       * * *

      Il sangue Ludovico che mai non mentì ebbe ragione anche questa volta e pochi giorni dopo il popolo di Birònia seppe quello che doveva aspettare.

      — Santa creatura!

      — Angelo sulla terra! — Gridava ogni cittadino.

      — Ella muore per noi!

      — Per salvare la sua patria diletta!

      La Regina fu dovuta assistere durante la pericolosissima gestazione quotidianamente con farmachi, caffeina, morfina e cocaina e strofanto. Il Re rimase torvo, cupo, levando ora la testa al cielo in atto che voleva essere di preghiera ma che pareva di atroce minaccia e di bestemmia, ora l'abbassava alla terra quasi volesse schiacciarla tutta come un rettile sotto il tallone, ora fissando paurosamente gli occhi sbarrati sul povero Maresciallo che sembrava divenuto la causa di tutta la sventura.

      Quando il conte Ercole Pagano Silf comparve tremante ad annunziare al Sovrano che Sua Maestà la Regina era stata assalita dal tremito del parto questi gli fu addosso e afferratolo per la nuca lo schiacciò a terra: «Odi, brutto pagliaccio che non sei altro, vai, annunzia al popolo l'erede del trono o sei morto».

      Sette ore dopo, fra gli squilli altissimi delle trombe e delle campane, e sventolare di bandiere e di fazzoletti e cenci tutti della Birònia, il conte Ercole Pagano Silf, Gran Maresciallo, apparve al balcone della Reggia dove la porpora era distesa ed annunziò che Ludovico XIII era nato vivo e vitale!

      Solo allorquando l'urlo della gioia più selvaggia, ch'era sprigionato così naturale dal seno di quella folla, fu potuto un pochino acquetare, con gesto lento, con voce spenta, dolorosamente il buon maresciallo annunziò che Sua Maestà la Regina Sofia Clementina era agonizzante.

       * * *

      Lontano dagli occhi di tutti cresceva il giovine principe. Si sapeva che mai non usciva dalle mani del suo istitutore, e mai non doveva uscirne, uomo straordinariamente dotto e rigidissimo appositamente fatto venire da Tatillon.

      Pure anelava il popolo di potere anche fuggevolmente vederlo, il suo giovine Re, ma non gli veniva concesso che assai di rado nelle più eccezionali solennità dello Stato, quando vi compariva alla sinistra del Monarca. Oh! Come ne gongolava tutto in quei giorni, in quei brevissimi istanti che gli era concesso goderlo.

      — Quali fattezze!

      — Che pelle vellutata!

      — Quali sguardi di fuoco!

      — La magnificenza dei capelli!

      — Come le ali dei corvi!

      — Le labbra coralline!

      — La bianchezza dei denti!

      — Tu ci hai fatto languire ad aspettarti perchè eri tanto bello!

      Si sapeva già di certi gesti imperiosi del Principe, di sguardi sdegnati che avevano abbruciato interi personaggi nella Corte.

      — Oh! s'egli era giustamente superbo d'essere tanto bello e tanto grande!

      Di tutti i Ludovichi questo, il più agognato, era il più bello e il più sovrano, nella sua eccezionale figura.

      La povera Regina s'era spenta nel dare alla luce un simile prodigio, era rimasta ancora per quattro anni colla bocca spalancata in agonia, prima d'esalare la sua anima purissima a Dio.

      Ma che voleva dire? Ella si era tutta sacrificata per la patria adorata, il sacrificio era stato a pieno coronato, s'era trasfusa intera in lui, e in lui più grande risplendeva, e la si venerava già come una martire santa.

      Lo stesso Ludovico XII, dopo la nascita dell'erede si era placato, offuscato, si sentiva più poco la sua presenza in ogni cosa, e infine il suo pugno di ferro s'era fatto mansueto, e il conte Ercole Pagano Silf poteva oramai manovrarlo come un manico qualsiasi attaccato alla spalla del Re.

      Un giorno, il bellissimo principe sarebbe stato incoronato! Con quale grandezza avrebbe salito il trono, e cinta la corona e vestito l'ermellino! Gli sarebbe stata scelta una sposa degna di lui, e tutto ritornava a sorridere lietamente in Birònia dopo il dramma delle undici principesse, e della infelice Regina Sofia Clementina.

      D'anno in anno le principesse crescevano e andavano spose alle più lontane e vicine corti, e venivano per loro mezzo strette nuove e salde amicizie, in tutto era tornata la pace e la felicità.

       * * *

      Compiva il ventesimo anno il giovine Principe, e Ludovico XII Re di Birònia, moriva.

      Si sa che negli ultimi istanti della sua vita volle al suo capezzale solo il figlio, e che proprio prima di chinarvi sopra la testa definitivamente fece chiamare ancora una volta il conte Ercole Pagano Silf, che rimase fino all'ultimo presso il morente Sovrano, e a fianco di quello che sorgeva.

      E per primissima cosa terminati i funerali imponentissimi di Ludovico XII ed il lutto brevissimo, se pure angoscioso e sincero, fu deciso di dare una sposa a Ludovico XIII.

      Il popolo reclamava il giusto atto, reclamava una Regina, della quale da tanto si sentiva privo, degna di tanto Re.

      E fu precisamente alla corte di Caudiria che una delle più pure e soavi principesse della terra gli venne destinata.

      I giorni che precederono le fauste nozze tutto il popolo andò sottosopra per l'avvenimento, ognuno coltivò fiori nel campo e nel giardino, nell'orto, sopra il balcone, e in un testo, nell'angolo del più umile davanzale fiorì una rosa per quel giorno e fu la Birònia un solo giardino.

      Il Re di Caudiria conduceva di sua mano la graziosa principessa fino alla soglia della Reggia di Ludovico XIII dove l'altare era inalzato, ai piedi del quale ei l'avrebbe impalmata dinanzi al popolo.

      Come egli fu bello quella mattina benedetta dal più smagliante azzurro del cielo, dal sole più fulgido, si sarebbe lasciato uccidere ogni cittadino per un suo bacio.

      Escono maestosamente dalla porta della reggia le guardie reali, e dipoi i componenti il corpo diplomatico e corpi religiosi, i grandi dignitari della Corte, le dame, i cavalieri, gli ufficiali, squillano alto nel cielo le trombe d'argento e il tutto s'apre in due bande, appare alla soglia il Re coronato, fermo, alto, superbo, lanciando con divina semplicità tali sguardi fieri sulle plebi in ginocchio ammonticchiate, nella polvere.... tali sguardi che ognuno implora dal cielo gli sia messo quel piede sopra le spalle per sentirsene schiacciato e posseduto.

      Altre trombe d'argento rispondono come coro di angeli dal fondo del viale, una berlina come cigno d'oro si muove e al volo s'avanza. Il Re di Caudiria conduce di sua mano la sposa, e appena la berlina giunge e si ferma ne discende essa e il padre l'accompagna ai piedi dell'altare dove Ludovico XIII con un sorriso sovrumano, alzando il braccio verso di lei, intreccia la sua in quella mano, e insieme sul broccato d'argento s'inginocchiano.

      Nel silenzio della piazza e degli attigui viali, scoppiano e sussultano i singhiozzi di tutto un popolo, nessuno ha saputo contenere il pianto.

      E quante volte volle poi quel popolo che i graziosi sovrani venissero al balcone della Reggia, mai dissetandosi di quella religiosa ammirazione, nessuno poteva mai sentirsene satollo. E quel popolo che aveva trascorsa la notte intera sul piazzale, che nemmeno la fame sarebbe stata capace di allontanare, avendoci portate le provvigioni, incominciò i bivacchi, furono accesi i fuochi dell'accampamento, in attesa del dì seguente, per l'incoronazione del Sovrano e della sua sposa.

       * * *

      Congedati i grandi dignitari della Corte, quelli delle cariche, i gentiluomini, i cavalieri, le dame, gli ufficiali, tutto quanto il corpo diplomatico e corpi religiosi, i giovani sposi vennero alfine lasciati soli. Ultimo a congedarsi fu il vecchio conte Ercole Pagano Silf, che, fattosi presso al Sovrano, balbettò qualche parola sommessamente, guardingo, in aria sospetta, alla quale il Sovrano rispose con una mossa della più brusca e completa seccatura.

      Aveva