Il Re bello. Aldo Palazzeschi. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Aldo Palazzeschi
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066069698
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a che il braccio del Monarca si movesse il più possibile in tempo, ed era riuscito, l'eminente uomo di Stato, a farglielo tenere su alzato per tre quarti d'ora interi e a fargli dare il pugno proprio nel momento giusto.

      Quando Ludovico XII, allora Principe ereditario di Birònia, sposò la principessa Sofia Clementina Spifz Mai de Burgo Manèro, nove mesi in punto da quel giorno benedetto vide la luce la bella principessa Eufrasia ora diciottenne. Esultò il popolo all'avvento, e non molto tardò a nuovamente esultare quel popolo sapendo che un nuovo dono regale attendeva dall'augusta coppia e fu la principessa Angelica, alla quale seguì a breve distanza, quello delle principesse Giovanna Francesca, e Maria Carolina. E siccome era tradizione dei Ludovichi avere numerosa e fiera prole seguirono dipoi gli avventi delle principesse Olimpia, Zelinda, Zaira, Colomba.

      E fin qui nulla avrebbe turbato la pace del nostro Sovrano e del Regno tutto della Birònia se a tale punto, per la fatica dei parti troppo frequenti non ne fosse uscita turbata la salute della Regina Sofia Clementina, che venne assalita da una ancor lieve affezione di cuore per la quale i medici del regno e quelli chiamati dai regni limitrofi, si pronunziarono per un certo periodo di riposo dai doveri coniugali, e sopratutto a che Sua Maestà non avesse dovuto subire a breve scadenza le fatiche di una nuova gestazione e di un parto conseguente, per non dover gravemente risentirsene in salute.

      Attese fiducioso il Re di Birònia, e non appena l'augusta consorte parve guarita andò a lei con tutto il suo poderoso slancio e la più ardente speranza sicuro che quella sarebbe stata la sua ultima fatica e insieme il coronamento di tutte le altre.

      Non mentì il sangue Ludovico, la graziosa signora potè in breve fare annunziare a tutto il popolo suo che l'avvento troppo lungamente anelato era prossimo.

      Tutto fu alla Corte preparato colla sicurezza nel cuore, e primo il Re, dopo quasi due anni di tregua, dopo la malattia della Regina, certo sarebbe giunto quello ch'era aspettato in Birònia come il messia, l'erede, colui che doveva essere Ludovico XIII.

      Giunse il parto assai scabroso per la debolezza della Sovrana che fu dovuta sostenere con farmachi, e quando il Gran Maresciallo si presentò a darne annunzio al Re, che aspettava trepidante, comprese il Re da quello sguardo.

      — No! No! — gridò Sua Maestà — Vai via sai, brutto pagliaccio che non sei altro, via!

      E questa nuova principessa fu chiamata Geltrude.

       * * *

      Da quel giorno si oscurò la pace del felice Stato.

      — Sangue Ludovico! — urlava ora spaventosamente il Monarca come un'invocazione una minaccia e una bestemmia.

      Le nove principesse erano state segregate all'ultimo piano della Reggia, e venivano condotte a prendere aria per i giardini nelle ore che il Re dava udienze, acciò egli, attratto a carezzarle per quel dolce istinto paterno che è in tutti gli uomini, non venisse assalito dal pensiero orribile, che lo turbava dì e notte, proprio nel momento che le piccole teste gli erano fra le mani e non si sentisse lanciato a stritolarne una senza potersi rendere responsabile del suo operato.

      Cadeva il Regno nelle mani dei Ludovichi Giulii, ramo bastardo dei Ludovichi, e che viveva fuori Regno. Senza dubbio essi avrebbero stretto alleanza cogli Sgòrpi, dominatori di quattro secoli prima, vinti e cacciati da Ludovico il grande con soli settantasette uomini. E sulla piazza dei Settantasette era il monumento equestre di Ludovico il Grande. La Birònia sarebbe divenuta un lacchè della Sgorpìa. Tutto finiva, la tradizione eroica, tutto cadeva, era la fine dei Ludovichi!

      E tutto perchè una donna, una pallida donna dannata non riusciva a dare alla luce che delle miserabili principesse. Quale gastigo! Era dunque maledetta? Che aveva in corpo costei? E quella che aveva adorata e stretta nelle estasi pure della giovinezza prese a odiare come il peggiore nemico. Per la sua mano, per la sventura che l'aveva segnata tutto cadeva, Birònia, dinastìa, Ludovichi, la pace, tutto! E sapeva che il popolo con lui ne soffriva quanto lui.

      Il conte Ercole Pagano Silf, aveva tentato di condurre il sovrano a riflettere, si sarebbe potuta ritoccare la costituzione ed ammettere la donna al regno. La bella principessa Eufrasia sarebbe stata una regina meravigliosa.

      — Mai! — urlava il Re. — Mai!

      Sotto il regno dei Ludovichi la femmina era stata amata solamente come tale, ma non le era stato concesso da nessuno dei dodici Re l'ombra di accesso nelle cure dello Stato. Furono le donne dei Ludovichi sagge ed ottime spose, e migliori madri; giunse taluna ad occuparsi colle proprie mani della cucina della Reggia, non più in là. Che direbbero gli occhi di Ludovico il Grande dalla Piazza dei Settantasette nel vedere un giorno una gonnella ai suoi piedi, sul suo trono, per la festa della costituzione?

      — Mai!

      Il buono e saggio Maresciallo aveva anche consigliato qualche strattagemma per salvare la situazione e il Regno dalla rovina, avrebbe potuto il Re segretamente giacersi con altra donna, fingere una nuova gestazione della Regina, operare sapientemente il baratto, come in mille altri casi del genere erasi usato.

      — Mai!

      E su questa faccenda il conte Ercole Pagano Silf non era mai riuscito ad attaccare un filo solo al braccio del Monarca e il pugno Ludovico era sempre caduto disperatamente senza pietà e fuori di tempo.

      Non c'era che una via, sottoporre la Regina ad un'ultima estrema prova e fu fatto. I medici, dopo avere preparata l'augusta donna al cimento, e avere cercato prima ogni mezzo per sollevarla e rinforzarla, si espressero che pure essendo assai pericoloso il farlo si poteva tentare, e fu l'avvento, il decimo, della principessa Genovieffa.

      E siccome Sua Maestà aveva resistito, pure soffrendo orribilmente, Ludovico XII con tutta la furia della sua disperazione la costrinse brutalmente ad un undicesimo fatto del genere che fu l'avvento della principessa Penelope, durante il quale la Regina fu dichiarata perduta.

      Nè si sa come riuscì dipoi a tenersi in vita, ma rimase in condizioni tali da non potersi più sollevare, e colla bocca sempre aperta come i pesci.

       * * *

      Era avvenuto da due anni il parto tragico della principessa Penelope.

      Il Re compariva ora solo, come un vedovo, nelle grandi solennità dello Stato, guardava torvo, minaccioso, il popolo suo, ultimamente aveva firmato una sentenza di morte colla più grande naturalezza di questo mondo, cosa mai avvenuta in Birònia. Tutto il Regno ne era turbato, sconvolto.

      Consultati ancora una volta e chirurghi e ostetrici e specialisti e fattone venire uno apposta dall'America, dopo due anni sua Maestà si era ridotto a questo ultimo inumano tentativo pure nella certezza che la Regina vi sarebbe rimasta definitivamente uccisa.

      Ma che voleva dire ormai? S'ella avesse dato alla luce l'anelato erede? L'eroe! S'ella moriva, moriva sì eroicamente per la sua patria! E il conte Ercole Pagano Silf, e tutti i dignitari e medici della corte, e lo stesso monsignore Vicario, e Monsignora Superiora delle Clarisse, e Monsignora Generalissima delle Rocchettine ve l'avevano persuasa.

      E allorchè il Grande Maresciallo di Birònia fu ad annunziare che Sua Maestà la Regina lo attendeva nella camera dell'appartamento ufficiale dove la prima volta l'aveva stretta fra le sue braccia possenti, folle di amore e di desiderio, vergine, forte e bella, si sentì invaso da un tremito convulso, egli andava per l'ultima volta da lei quasi morente, ella si era rassegnata a soggiacere ancora una volta, poteva darsi che gli rimanesse cadavere fra le braccia, pareva che l'odio gli si placasse in cuore e vi rinascesse l'amore, per quella donna che poco a poco aveva dovuto odiare, ma che tutto il suo istinto avrebbe portato all'adorazione. Certo, prima di darle quella suprema stretta le sarebbe caduto ai ginocchi ed avrebbe pianto con lei come un fanciullo in una più viva commozione di quando soli a vent'anni si dettero il primo bacio, ora che la sorte dopo tanto amore li aveva rabbiosamente divisi.

      Due ore dopo la porta della camera regale fu aperta ne uscì il Re, e vi entrarono con premura il medico e il chirurgo della Corte e le infermiere e cameriere, e di lì a poco il Vicario. Il Gran Maresciallo che aveva vegliato e forse sperato e pregato, seguì in silenzio