«Non hai da preoccuparti, non stai avendo delle allucinazioni. Incantesimo di occultamento allo stato puro. Grazie a esso, i confini tra i distretti rimangono costantemente tranquilli e le ninfe, abituate a una vita tranquilla, non risentono dell'immane frastuono dei mercati».
Nel ricevere quelle informazioni, Jack si tranquillizzò rasserenato. La sua mente stava bene e quelle che credeva fossero allucinazioni, fortunatamente, non lo erano. Ma il suo malessere non svanì del tutto. Di suo, aveva sempre odiato i posti affollati e in primo luogo i mercati. Non tanto per quel che c’era al loro interno ma per la moltitudine di persone che li frequentavano, rendendo il cammino una vera e propria agonia.
Fin da piccolo, dopo le prime esperienze in compagnia della madre, aveva mostrato una scarsa resistenza in quei luoghi portando così la donna a scegliere, a malincuore, di lasciarlo a casa ogni volta che lei ci andava.
Questa volta però davanti a lui non c'erano le poche bancarelle del mercato di Sentils ma una vera e propria città. Una città costruita con il solo e unico scopo di vendere.
Nonostante il suo forte disagio, anche il mercato lo lasciò senza parole. Splendenti e lussuosi palazzi, appartenenti ai mercanti fondatori, si ergevano tra le catapecchie che regnavano in ogni direzione. Non c’era una distinzione tra le zone povere e quelle residenziali, sintomo dello stesso stile di vita di tutti gli abitanti della metropoli.
Il piccolo calesse proseguì a fatica nel traffico e vicolo dopo vicolo, Jack ne rimase sempre più affascinato. Nani, elfi e altre creature che non sapeva identificare erano impegnate a contrattare ogni tipo di merce.
Alla sua sinistra, su una piccola bancarella gestita da due giovani elfi, vide numerose ampolle contenenti svariati animali immersi in liquidi dai colori più strambi. Provò, senza riuscirci, a immaginarsi l’utilità di quelle strane fialette tanto affascinanti quanto macabre. Insetti, ratti, pesci e altri animali a lui sconosciuti erano lì, privi di vita, galleggianti nei colorati fluidi chissà per quale strano motivo.
Poco più avanti, su un’enorme bancarella di un grosso e vecchio nano, un’infinità di armi poggiavano le une sulle altre sopra a vecchi e sporchi pezzi di stoffa. Asce, pugnali, coltelli, archi, lance, balestre, mazze chiodate e armature dalle diverse misure ne facevano un vero e proprio arsenale in grado di armare un centinaio se non più di soldati.
Il grosso e basso mercante urlava elogiando l’affidabilità e la qualità delle proprie armi, impegnato ad affilarne una contro un’apposita pietra circolare messa in moto da uno strano strumento a pedali.
Con gli occhi arrossati a causa della polvere alzata dalle migliaia di stivali in movimento, Jack si strofinò fortemente il viso da sopra la rete del mantello, andando così a peggiorarne il fastidio.
Quel cambiamento, così improvviso quanto eccitante, lo stava travolgendo ogni secondo di più alternando in lui diverse sensazioni. L'intenso e inebriante profumo di fiori dei primi tre distretti aveva abbandonato le sue narici ormai sature dei forti fetori presenti. Muffa, sudore, escrementi e altre orribili e sconosciute esalazioni non gli davano tregua e nonostante l'immensa meraviglia, un forte conato lo contorse sul piccolo e scomodo sedile.
«Profumo del mercato, caro mio!», scoppiò a ridere da sotto il mantello il barbuto folletto abituato, come l'astro, a quei nauseabondi fetori.
Nell'assistere alla scena, Santos si lasciò scappare un leggero sorriso felice di avere al suo fianco il piccolo amico.
Forse, tutto sarebbe andato nel migliore dei modi e nel vedere Boris così spensierato, capì che, nonostante la situazione, ridere non poteva di certo peggiorarla ma, al contrario, renderla più piacevole.
Per sfuggire a quell'insopportabile tanfo, Jack si strinse il cappuccio sul viso nel tentativo di filtrare il più possibile l’aria circostante. Con il passare dei minuti, capì che non tutti gli odori poi erano così cattivi. Alcuni, nuovi per le sue narici, si dimostrarono addirittura piacevoli donandogli così piccoli sprazzi di tregua.
«Hooo…», fermò di colpo il carro il suo maestro.
«Ho una faccenda da sbrigare, restate qui sul carro e non muovetevi per nessuna ragione.» ordinò l’astro scendendo dal calesse con agilità.
Jack, stupito da quell'improvvisa fermata, annuì da sotto il cappuccio, ben attento a tenerselo stretto sul viso.
«Tranquillo, è con me!» gli rispose di petto Boris sbucando leggermente dal mantello.
«Ed è per questo che mi preoccupo» urlò l'astro ormai avvolto dalla folla.
«Sfacciato che non sei altro!», s'infuriò il folletto strattonando i lembi rugosi della cappa.
Jack, nell’assistere all’ennesima scenetta, si lasciò scappare una lieve risata. Aumentò così la furia del piccolo re dell'Ovest, che paonazzo lo fissò seriamente.
«Ma chi si crede di essere?», continuò Boris offeso.
«Sono un re, non il primo scapestrato che gli si è parato davanti. Sono un re!».
Jack, nonostante il simpatico siparietto, smise di ascoltarlo. Nei suoi occhi, lo sguardo indecifrabile di Santos visto di sfuggita da sotto il cappuccio poco prima di essere inghiottito dal mare d'individui presenti.
Per quanto l’astro avesse provato a nasconderglielo, non era sfuggito. Qualcosa turbava il suo maestro, un qualcosa di intimo e profondo.
Tristezza?
Preoccupazione?
Non era riuscito a capirlo in uno sguardo così veloce e l'unica cosa che poteva fare era aspettare il suo ritorno.
Poi, nel mezzo della confusione, la sua attenzione si spostò su un acceso diverbio poco distante.
«Non scherzare, elfo, ne vale almeno il doppio!»
«Sono serio più che mai, nano! Nel mio pianeta costano quindici Pugni e se vuoi fregare qualcuno, di certo non sarò io!»
«Chiudi quella sporca bocca e apri le tue ridicole orecchie a punta: Brit non frega nessuno, hai capito, razza d’ignorante?»
«Non ti conviene alzare la voce, mercante, potresti ritrovarti con un pugnale conficcato nel collo senza accorgertene!» minacciò l'alto e mingherlino elfo portando la mano all'elsa legata in vita.
Di fronte a lui, quattro volte più largo e decisamente più basso, il nano lo fissò in cagnesco impugnando con sicurezza un'accetta dai bordi affilati.
«Non cambieranno mai… Zoticoni!», si lamentò Boris infastidito.
Ne aveva per tutti, sempre.
«Tieniti pure la tua merce, ladro di un mercante!» urlò infine l’elfo andandosene adirato. Il nano restò immobile e rosso dalla collera.
«Mantelli, mantelli signori! Ottimi mantelli di ogni taglia e per qualsiasi esigenza!» urlò improvvisamente un grosso e muscoloso individuo dal viso ricoperto da strani tatuaggi.
Jack, senza accorgersene, si voltò nella sua direzione. Nel vederlo, socchiuse gli occhi incredulo cercando di metterlo a fuoco nel migliore dei modi.
«È un umano?» chiese stupito.
«Quell'irresponsabile allora non ti ha detto proprio nulla!», scosse il capo Boris nell'ennesima predica.
«Mi ha parlato della Grande Guerra, di Marmorn e dell’esclusione della Terra dalla Grande Costellazione»
«Abbassa la voce… sciocco!», lo rimproverò l'amico cambiando subito espressione.
Nel vederlo così serio, Jack si portò le mani alla bocca spaventato.
Cosa mai aveva detto di così grave?
«Dovunque sarai e con chiunque mai parlerai, tieniti per te queste informazioni. E come cosa più importante, prima di ogni altra cosa non pronunciare più il nome del Re Nero! Hai capito bene?».
Jack, stupito da quella reazione, annuì sentendosi in colpa.
«Da molti anni ormai non se ne parla più. La gente vuole dimenticare, vivere in pace.»
«Anche sulla Terra ci