«Accetta le mie scuse, non era mia intenzione metterti a disagio», si sbrigò a scusarsi il mercante dispiaciuto.
Il giovane non sentì. Qualcosa lo aveva destabilizzato nel profondo, una sensazione nuova e tremendamente spiacevole. Per una frazione di secondo aveva sentito un forte impulso provenirgli dalle viscere, talmente rapido da accorgersene a malapena. L’impulso di uccidere.
«Alle tue spalle c’è un piccolo camerino, provalo pure», continuò Gult cercando di cambiare discorso.
Jack annuì ancora affannato, invaso dalla paura che il mercante o chiunque altro tra la folla lo avesse riconosciuto.
Santos era scomparso ormai da una trentina di minuti e di lui, ancora nessuna traccia.
Il giovane si voltò lentamente. Alle sue spalle un rudimentale camerino. Composto da quattro assi di legno grezzo piantate nel terreno e ricoperte da due grossi teloni, poteva essere il giusto luogo dove ritrovare la calma.
Provò ad alzarsi dallo sgabello ma il dolore lo fece sussultare. Stringendo i denti e poggiando il meno possibile il piede dolorante a terra, raggiunse il camerino per poi tirarsi alle spalle i lunghi e spessi teli.
Finalmente, si ritrovò solo.
Si sfilò veloce il sudicio mantello di dosso e respirò a pieni polmoni. La paura e l’ansia lo stavano ancora facendo ribollire.
Passò le mani tra i folti e ondulati capelli neri impregnati dal sudore e il senso d'oppressione lentamente iniziò a svanire. Appiccicati gli uni agli altri, gli impiastrarono entrambe le mani. Piegò la schiena in avanti e ripeté il gesto con più convinzione. Così facendo, i capelli si aprirono disordinati prendendo aria.
Poi mise la mano nel piccolo taschino interno del mantello poggiato a terra, senza però trovarci nulla.
Boris era sparito.
Fece un gran respiro guardandosi intorno.
Il sollievo trovato nel togliersi la sudicia veste di dosso lo aveva già abbandonato.
Stavano capitando tutte a lui, una dietro l’altra.
«Cerca di calmarti!», lo rimproverò serio Boris sbucando da sotto i lunghi teli del camerino.
Jack si lasciò andare in un lungo sospiro di sollievo.
«Ma dov'eri finito?»
Ricordava il forte pizzico sul petto pochi istanti prima.
«Ti avviso ragazzo, non osare più gettarmi a terra come fossi uno straccio!».
Nella frenesia di levarsi da dosso quella stoffa opprimente si era totalmente dimenticato di lui.
«Ti chiedo scusa, non volevo mancarti di rispetto», si affrettò dispiaciuto.
Vedendolo in quello stato, con i capelli arruffati e visibilmente scosso, Boris scoppiò a ridere di gusto spiazzandolo del tutto.
«Smettila con queste smancerie, stavo scherzando!», continuò il folletto massaggiandosi la folta barba dalle zone ancora bruciacchiate.
«Comunque, dobbiamo lavorare ancora molto sul tuo autocontrollo. Non puoi permetterti di reagire in questo modo e per tutti gli dei, finiscila di comportarti come una ragazzina!».
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