«Oh, mamma!» scoppiò a piangere la bambina correndo verso il letto, «ho avuto tanta paura! Ho visto tutto alla tivù, le ambulanze, la polizia, tutta quella gente. E quelle persone morte... perché debbono accadere queste cose, perché?» le chiese. Carezzò il pancione della mamma, che creava una collinetta sotto il lenzuolo, e la interrogò con lo sguardo. Nicole non riuscì più a tenere a freno le lacrime, tirò a sé la bambina e la strinse con tutte le sue forze.
«Adesso è tutto a posto. Stai tranquilla tesoro, è tutto finito» le sussurrò all’orecchio evitando di guardarla negli occhi, altrimenti Jodie avrebbe capito che le stava mentendo.
Dopo qualche giorno e molti accertamenti Giuda e Nicole furono dimessi, tentarono con tutte le loro forze di ricominciare la vita di sempre ma trovarono che niente era più come prima. Ormai avevano paura di tutto e di tutti, evitavano di frequentare luoghi affollati e ogni minimo rumore inconsueto, o talvolta anche soltanto uno sguardo da parte di qualcuno, apriva in loro la strada a un terrore tanto incontenibile quanto irrazionale. Non si sentivano più al sicuro neanche tra le mura di casa ed erano preoccupati, ancor più che per loro stessi, per il futuro di Jodie e per quello del nascituro. Continuavano a domandarsi se quello in cui li avevano invitati a venire era davvero un buon mondo, dal momento che era sufficiente il capriccio di una sola persona a generare tanto dolore gratuito negli altri.
PARTE II
LA MORTE DI NICOLE
«Allora, hai finito di prendermi in giro?» domandò risentito Freddy a Giuda, mentre giocavano l’abituale partita a tennis del martedì. Aveva deciso di riprendere a giocare dopo aver saltato per alcune settimane, per provare a darsi una scossa, ma quella mattina i suoi scambi erano finiti quasi tutti contro la rete. Fred era affannato a causa dei chili di troppo e per questo ancora più irascibile del solito, Giuda si disse che strippato in quella sua maglietta aderente, resa quasi trasparente dall’abbondante quantità di sudore della quale era impregnata, somigliava a un ridicolo salsicciotto.
«Scusami ma non ci sono con la testa, è meglio se per oggi la finiamo qui» si giustificò incamminandosi verso lo spogliatoio.
Fino ad allora la doccia bollente del dopopartita si era sempre portata via stanchezza e pensieri per lasciargli addosso un senso di rilassato benessere, quella volta invece non aveva sortito alcun effetto. L’ombra scura che lo accompagnava da tempo gli era rimasta appiccicata addosso come una seconda pelle, si domandò se sarebbe mai riuscito a ritrovare un briciolo di serenità.
«Se mi hai lasciato vincere così vuol dire che c’è proprio qualcosa che non va» osservò Fred continuando a fissarlo immusonito, quasi offeso, mentre si asciugava i capelli.
«Lo sai bene di cosa si tratta, sono molto preoccupato per Nicole. Tra poche settimane dovrebbe dare alla luce il bambino, ma alla visita periodica le hanno detto che probabilmente ci saranno problemi.»
«Che genere di problemi dovrebbero esserci?»
«Non ne ho idea, lei non vuole che l’accompagni alle visite e non parla praticamente più, si è completamente chiusa in sé stessa. Ogni volta che tento di affrontare l’argomento lo stronca sul nascere dicendo che andrà comunque tutto bene, ma io temo che non sarà così.»
«Ma com’è possibile, queste cose non accadono più da decenni!»
«E’ per via dell’aggressione. Le hanno detto che probabilmente il feto ha riportato alcuni danni, ma ancora non riusciamo a sapere in quale misura» gli spiegò Giuda. «Sono stato un vero idiota!» sbottò poi sferrando un pugno rabbioso all’armadietto metallico, «non avrei mai dovuto lasciare che entrasse in quella casa. E poi non mi era mai capitato di sentirmi così impotente, quel maledetto chip... »
«E’ per proprio per questo, che tutti ne abbiamo impiantato uno addosso. Il chip recepisce dalle Antenne il segnale che abbassa il livello della nostra aggressività e lo trasmette al nostro corpo. E come hai potuto sperimentare di persona, se questo non è sufficiente a farci stare buoni, scatena la produzione di acidi lattici che bloccano i tuoi muscoli tra crampi atroci. È proprio grazie al chip che la violenza è quasi del tutto scomparsa dalle nostre vite.»
«Questo lo sapevo già, ma non immaginavo che fosse così spaventosamente doloroso. In ogni caso, ho attirato mia moglie in quella trappola e poi non sono stato capace di difenderla, non sono riuscito a sparare un solo maledetto colpo di pistola. Adesso ho paura che perderà il bambino, se questo accadrà sarà stata tutta colpa mia.»
«Hai fatto quello che ritenevi giusto, non devi colpevolizzarti inutilmente. Sei soltanto un giornalista, non un soldato addestrato... e nessuno poteva sapere che quell’uomo avrebbe agito in quel modo» cercò di rincuorarlo Fred, posandogli una mano sulla spalla.
«Forse hai ragione tu» convenne Giuda per chiudere alla svelta il discorso. «Ma continuo a sentirmi un miserabile, anche se proprio non so cosa spinse Nicole a venire là quella sera.»
Prima di allora, i due non avevano mai parlato di quell’episodio. In una tacita tregua, Fred aveva perdonato l’amico per avergli soffiato il servizio e quest’ultimo non gli aveva mai chiesto perché se l’era preso tanto a cuore. Per di più Fred sapeva bene che non era stata colpa sua, per impedirgli di andare al posto suo era intervenuto addirittura l’Anziano in persona. Ripensando a quei fatti, Giuda rimase folgorato da una specie di illuminazione: quell’uomo dai capelli bianchi, che aveva maltrattato Nicole sotto a quel lampione finché Freddy non l’aveva tolta da sotto le sue grinfie, somigliava proprio a Sir Jonathan.
«A proposito, di che cosa stava discutendo con quell’uomo? E sopratutto, chi era?» domandò a Fred. Per un istante lui si fece ancora più rosso in viso, a causa dell’imbarazzo, Giuda ebbe l’impressione che volesse dirgli qualcosa per togliersi un peso ma che non ci riuscisse.
«Mi dispiace per Nicole, se posso fare qualcosa per aiutarti...» gli rispose infine l’amico.
Al controllo successivo, Giuda apprese che esisteva la seria possibilità che Nicole avrebbe perso il bambino, inoltre c’era anche un certo margine di rischio anche per la vita stessa di sua moglie. L’attesa per un evento così importante e lieto si era di colpo trasformato in un vero e proprio stillicidio di paura, lui si ritrovò a pensare che Lorentz aveva avuto ragione e che adesso si sarebbero ritrovati loro malgrado a capire il significato della parola “scegliere”.
Nicole cambiò totalmente e divenne distratta, perennemente persa a rincorrere orribili pensieri. Non si curava più della casa, aveva smesso di dipingere e aveva disdetto tutte le mostre in programma. I suoi occhi, un tempo così luminosi, adesso brillavano soltanto quando trascorreva il tempo davanti alla finestra a interrogare il cielo, ma era per colpa delle lacrime che spesso non riusciva a trattenere. Si stava lentamente chiudendo in un mondo tutto suo, Giuda non riusciva a trovare un modo per starle vicino e questo lo faceva sentire inutile, impotente. Al termine del lungo periodo di assenza, quindi, fu quasi felice di tornare al suo lavoro. Sperava che tenersi occupato con qualcosa l’avrebbe aiutato a stare meglio, ma il giorno stesso del suo rientro trovò ad attenderlo una sgradevolissima sorpresa.
Era pomeriggio inoltrato e lui stava lavorando al computer del suo piccolo ufficio, intento a rimettersi in pari, d’improvviso qualcuno bussò impetuosamente alla vetrata facendolo trasalire. Perplesso e spaventato, andò ad aprire la portafinestra che dava sulla terrazza e si trovò davanti Sir Jonathan, l’Anziano più conosciuto e più temuto per il suo rinomato rigore morale. Quell’uomo era a capo del Consiglio che riuniva i poteri politico e religioso della città, sulla sua persona giravano le voci più bizzarre. Per sentito dire, Giuda sapeva di lui che era intransigente verso gli altri quanto lo era verso sé stesso e che trascorreva gran parte dei suoi giorni e delle sue notti in preghiera. Lo lasciò entrare e lo seguì con lo sguardo, leggermente incuriosito perché prima di allora non l’aveva mai incontrato di persona. Sir Jonathan si fermò al centro della