«Non farmi del male, ti prego» supplicò con voce flebile lasciando cadere l’arma, poi riprese a camminare, spinto alle spalle da qualcosa di terrificante.
Non devo avere paura, Joe l’ha sconfitta e si è sacrificato per difenderci. Lo devo vendicare, devo riuscire a fermare quel bastardo si diceva Fabien, ma il sangue continuava a martellargli le tempie mentre gran parte dell’impeto iniziale era già svanito. Era consapevole che se voleva sperare di sopravvivere doveva uccidere quell’uomo, si domandò se ne sarebbe stato capace. Se lo avesse avuto davanti appena tre minuti prima non avrebbe esitato a far fuoco, ma adesso non era più neanche sicuro della propria mira perché doveva usare la mano sinistra e temeva di sbagliare. Inoltre il dolore alla spalla era tornato a farsi sentire con cattiveria, pugnalandolo con delle fitte tanto lancinanti da farlo barcollare. E quando si voltava, la vista dell’osso che sporgeva dalla sua tuta macchiata di sangue sembrava togliergli le poche forze emotive che gli erano rimaste. Un’ombra gli si avventò improvvisamente contro, sbucando come un fantasma dal sottoscala, senza pensarci due volte Fabien alzò il braccio e sparò. Subito dopo la luce si accese e lui vide che il cadavere disteso sul pavimento era quello di Nick, fece per balbettare delle parole di scusa ma qualcosa lo colpì violentemente alla nuca.
Appena smise di piovere, Giuda abbandonò la prudenza e schiacciò con foga il pedale dell’acceleratore. Malgrado l’angoscia che lo attanagliava, era ansioso di affrontare ciò che lo attendeva per tornare a casa da Jodie e Nicole. Quando arrivò sul luogo del crimine, trovò che tutto quanto era immerso in un silenzio irreale e artificioso. Un’auto si stava rapidamente trasformando in un ammasso di rottami puzzolenti d’olio, con un susseguirsi di piccole esplosioni, il fumo denso e nero saliva dritto contro il cielo ormai sgombro. Ovunque c’erano appostati Signori dell’Ordine, Guardie Semplici e Tiratori Scelti. Una piccola folla era radunata a debita distanza e la gente si contendeva a spintoni il posto in ultima fila, da dove si poteva vedere comunque bene rischiando meno. Giuda scese dall’auto trattenendo il respiro e s’incamminò guardingo attraverso il prato, illuminato soltanto dal chiaro di Luna, tenendo gli occhi fissi alla porta. Quando arrivò alle scalette dell’ingresso per poco non inciampò in qualcosa, abbassò lo sguardo e un prepotente senso di nausea gli salì in gola. Lembi di carne carbonizzata tenevano insieme le metà inferiore e superiore di un uomo, strisce di tessuto sanguinolento si protendevano dal perimetro verso l’interno di un foro grande quanto un grosso pugno chiuso. Un braccio vi era poggiato sopra, la mano era adagiata sul selciato nel punto in cui avrebbe dovuto esserci la schiena del povero Joe. Il ribrezzo e l’orrore fecero scaturire in lui la voglia di scappare il più lontano possibile, ma sapeva che ormai era là e doveva fare la sua parte fino in fondo. Durante il tragitto era stato informato che l’uomo teneva in ostaggio altri due poliziotti, aveva urlato ai Signori dell’Ordine che se non avessero soddisfatto le sue richieste avrebbe ucciso anche loro. Quindi non aveva scelta, se non voleva rischiare di doversi portare dentro un tale rimorso per tutta la vita. Tirò un profondo respiro rassegnato, come un paracadutista in procinto di lanciarsi dall’aereo, poi lanciò un’ultima occhiata perplessa al cordone di guardie schierate e varcò la soglia. Aveva le immagini di Nicole e Jodie ben fisse davanti agli occhi, sapeva che per domandarsi che ne sarebbe stato di loro se gli fosse capitato qualcosa di brutto era ormai troppo tardi.
All’interno della casa regnava un ordine assoluto, come se fosse stata disabitata da tempo, la quiete era turbata soltanto dal robot domestico, danneggiato, che continuava a girare su sé stesso. “Qualcosa da bere... qualcosa da bere...” ripeteva ossessivamente con la sua fredda e snervante voce metallica. Lo spense e si inoltrò all’interno, vicino alla scala che portava alle camere trovò un altro Signore dell’Ordine. Giaceva sul pavimento con la visiera del casco schizzata di sangue, Giuda lo oltrepassò sforzandosi di non guardarlo e si affacciò cautamente in soggiorno. Scorse l’uomo in un angolo, affacciato alla finestra, si faceva scudo col corpo di un ragazzo in uniforme e aveva una macchia scura di sangue rappreso sulla camicia, in corrispondenza del fianco sinistro. L’ostaggio poteva avere al massimo venticinque anni, aveva i capelli corti e scuri, il viso sporco di fango e gli occhi gonfi di pianto. Si teneva il braccio destro e continuava a fissare sgomento la sporgenza dell’osso sulla sua spalla. L’uomo accolse il nuovo arrivato con un sorriso indecifrabile, accompagnato da un’occhiata furiosa e spaurita al tempo stesso, Giuda si chiese cos’altro sarebbe stato ancora capace di fare.
Devo sostenere il suo sguardo, - pensò comunque per darsi coraggio, - devo fargli credere che non lo temo.
«Lascia andare il ragazzo, stava soltanto facendo il suo dovere. Sai bene che non è lui, la causa dei tuoi problemi» gli propose cercando di mantenere un tono neutro.
«Io non ho fatto niente di male, io voglio soltanto vivere la mia vita... ma voi volete impedirmelo!» replicò l’assassino.
«Per quanto mi riguarda non voglio impedirti niente, ma a quanto pare questo per te non conta. Volevi me e sono qui, adesso lascia andare il ragazzo» insisté Giuda.
«Non se ne parla! Il ragazzo resta qui con noi, e se solo tenti di fregarmi...»
«Anche se lo volessi come potrei? Sono soltanto un giornalista e sono disarmato.»
«Avvicinati!» gli ordinò l’assassino mostrandogli la pistola, lui obbedì e l’altro lo perquisì minuziosamente. Poi controllò velocemente il suo tesserino di giornalista, quando si sentì soddisfatto spinse via l’ostaggio. «Vattene, prima che ci ripensi!» gli disse accompagnando le parole con uno spintone. Il ragazzo guardò il nuovo arrivato come a chiedergli il permesso di andare, lui annuì e allora si incamminò a testa bassa verso l’uscita, strascicando i piedi.
«Lui è uno di quelli che dovrebbe garantire la sicurezza di noi cittadini,» commentò l’assassino in tono sprezzante, «e non è stato capace di badare neanche a sé stesso.»
«Perché mi hai voluto qui?» tagliò corto il reporter senza replicare, non intendeva lasciarsi trascinare in discussioni fini a sé stesse.
«Non voglio essere ibernato, non voglio perdere mio figlio» piagnucolò l’assassino, Giuda pensò al pancione di Nicole e sentì una morsa gelida torcergli lo stomaco.
«Sai bene che questo non è possibile» rispose dopo un attimo, cercando di rimettere insieme le poche informazioni che gli avevano fornito durante il tragitto. «Alla morte di tua moglie, tuo figlio è stato affidato ad una famiglia regolare. Là potrà crescere con tutti i punti di riferimento di cui ha bisogno... lo so che questo ti fa male, farebbe male a chiunque, ma sai anche che è soltanto per il suo bene.»
«Questo non è giusto, e tu lo sai! Voglio che tu scriva sul tuo maledetto giornale che sto subendo un’ ingiustizia assurda!»
Giuda immaginò che fingere di assecondarlo sarebbe stata la soluzione cosa migliore, ma temeva che se gli avesse mentito l’altro se ne sarebbe accorto e si sarebbe infuriato, generando conseguenze imprevedibili.
«Non posso scrivere una cosa del genere. Così facendo esprimerei un giudizio e sai che non mi è permesso, un articolo del genere non lo farebbero neanche uscire. Tutto quello che posso fare è raccontare i fatti per come si sono svolti... inoltre, se vuoi, posso mettere per iscritto le tue proteste e cercare di farle arrivare a chi sta più in alto di noi» gli propose allora, per cercare un compromesso. «Non posso mettermi a discutere La Legge, nessuno di noi può farlo. Tutto ciò che ci è concesso è rispettarla... come tutte le leggi non sarà perfetta, ma almeno garantisce l’Ordine. Se non fosse così, se ognuno di noi cercasse di aggiustarsela come meglio crede, le cose tornerebbero in poco tempo come due secoli fa. Sarebbe di nuovo il caos» disse. L’assassino lo guardò scettico, poi gli fece cenno di continuare.
«Credo di capire come ti senti. Ho una bambina, quando mi sfiora il pensiero che un giorno potrei perderla mi sento morire. Posso dirti che mi dispiace molto, mi spiace davvero, ma per te non posso fare niente di più né di diverso da ciò che ti ho detto. In ogni caso, tuo figlio non lo perderai per sempre.