Roma in ogni stagione. «Il Laterano alle cose mortali andò di sopra». Olga Averina. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Olga Averina
Издательство: Издательские решения
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Жанр произведения: Книги о Путешествиях
Год издания: 0
isbn: 9785448381287
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sotto al sole che tramontava e recante la scritta «ἐν τούτῳ νίκα» (in slavo-ant. «Cим победиши», o «con questo vinci», lat. in hoc signo vinces). Scosso da quello che vide, Costantino ordinò di raffigurare la croce sugli scudi dei propri soldati che si stavano preparando per la battaglia.

      Costantino si scontrò con Massenzio non lontano da Roma vicino al ponte Milvio che attraversava Tevere. Dopo un breve scontro, le truppe di Massenzio, che erano in superiorità numerica, ad un tratto cominciarono a ritirarsi. Preso dal panico, Massenzio cercò di attraversare il fiume a nuoto, ma la pesante armatura lo fece andare a fondo allo stesso modo del comandante Ermak Timofeevič23. Su ordine di Costantino, il corpo dell’annegato venne tirato fuori dall’acqua e decapitato, e il 28 ottobre 312 Costantino entrò trionfalmente a Roma. Davanti a lui veniva portata la testa di Mascenzio infilzata su di una picca. La gente esultava nel salutare Costantino, e in onore di questa vittoria nella capitale venne costruito il famoso arco di Costantino – l’unico monumento eretto per celebrare la vittoria in una guerra civile e non esterna.

      Costantino fece giustiziare i due figli del suo nemico, ma sciolse, e a sorpresa di tutti, concesse l’amnistia, alle truppe della guardia imperiale che contavano mille persone e che combatterono per Massenzio. Oltretutto le guardie continuarono ad occupare le caserme costruite ai tempi di Settimio Severo sul colle Laterano.

      Ora volgiamo lo sguardo ad un’altro fatto. Il palazzo che apparteneva a Costantino e Fausta si trovava vicino alle caserme delle guardie, alle quali fu concessa l’amnistia. Dopo il suo trionfo, Costantino fece il giusto ragionamento che averli come vicini avrebbe potuto rappresentare un pericolo. La migliore scusa per liberarsi dei suoi nemici una volta per tutte con un valido motivo era di fare un’offerta al Dio che l’aiutò nella battaglia decisiva. A quel Dio, simbolo del quale è la croce. Il pagano Costantino ordinò di demolire le caserme e di donare al «sommo sacerdote» dei cristiani lo spazio liberato per la costruzione del tempio e della dimora dei praticanti del culto. Questo «sacerdote» a quei tempi era il papa Miltiade (311—314).

      Oltretutto, il miracolo della croce impressionò talmente tanto Costantino, che all’inizio del 313, emanando l’editto di Milano insieme all’altro augusto, Licinio24, sancì la libertà di confessione di tutte le religioni, secondo il quale, il tradizionale culto pagano romano perdeva il ruolo di religione ufficiale. A differenza dell’editto di Nicomedia, emanato due anni prima dall’imperatore Galerio25, che legalizzava il cristianesimo, l’editto di Milano prevedeva la restituzione ai cristiani e alle comunità cristiane di tutti i loro possedimenti sottrattigli durante le persecuzioni.

      Praticamente subito dopo la firma dell’editto di Milano, a Roma si cominciarono a costruire chiese in massa, ma siccome prima di allora non erano mai state edificate, molto spesso l’ideazione delle caratteristiche di ognuna di esse o si basava sulle metodologie pagane o sull’intuizione. Anche sul colle Laterano si cominciò a costruire molto. Nel luogo dove risiedevano le caserme donato alla chiesa, furono costruiti, seguendo la monumentalità tipica di Roma, il palazzo del Patriarchio, dimora dei papi, e la basilica in onore del salvatore. Il 9 novembre 318 tutti e due gli edifici furono consacrati dal nuovo papa – Silvestro I, che li proclamò Casa del Signore (lat. Domus Dei). Nel 326 ai possedimenti della chiesa si aggiunse anche la tenuta di Fausta. Questo fatto fu preceduto da un triste avvenimento. L’amata miglie di Costantino calunniò il suo figlio, Crispo, avuto dal primo matrimonio, incolpando il figliastro di molestie. Furioso, il padre, senza pensarci due volte, fece giustiziare il figlio, ma quando l’inganno di Fausta venne scoperto, su ordine di Costantino la donna venne fatta cuocere viva nell’acqua bollente delle terme. L’imperatore maledì la stesso ricordo della moglie (lat. memoria domnata), e donò al Signore la casa che si era liberata.

      IV. Tempora, mutantur o i tempi cambiano…

      Nell’Antica Roma il territorio del colle Laterano fungeva principalmente da luogo per esercitazioni militari o sportive, o, come direbbero i militari oggi – piazza d’armi.

      Nel perido imperiale le caserme militari si aggiunseri agli sfarzosi palazzi e alle ricche ville romane che si perdevano nella vagetazione, e durante il regno dell’imperatore Costantino il Grande le caserme vennero sostituite dagli imponenti edifici del Patriarchio e della basilica.

      Nel medioevo la Casa del Signore si ergeva solenne sulle abitazioni dei sobborghi romani che la circondavano. Con il passare del tempo le ville e i palazzi furono sostituiti dalle numerose basiliche, monasteri e ospizi che non cambiarono in minima parte il paesaggio pastorale dei sobborghi romani.

      La casa del Signore osservava tranquillamente i carri dei contadini, che formavano una fila lungo le mura Aureliane che conducevano ai numerosi mercati di Roma, e i gruppi di pellegrini intenti a visitare i luighi sacri della città eterna.

      Il sole sorgeva sui colli Albani, saliva su di essa allo zenit e la sera calava dietro alle colline dall’altra parte del Tevere. Il Laterano era il centro del mondo cristiano, le sue alfa e omega. Tuttavia, i tempi cambiano, e per volere del destino i pontefici si spostarono da quì a quella lontana parte di Roma dove il sole calava – il colle Vaticano.

      I vari fattori, e la gente, quali i barbari e gli stessi romani, secolo dopo secolo hanno intaccato l’armonia del Laterano. Oggigiorno vediamo l’inospitale e trascurata Piazza di Porta San Giovanni, percorsa insolentemente dalla strada sulla quale sfrecciano le auto. Dietro la piazza, lungo lo stanco vialetto chiamato Giardini di via Carlo Felice, da una parte si ergono ingombranti quartieri di sporche palazzine dell’epoca industriale di fine 800» inizio 900», dall’altra parte scorrono le decrepite mura Aureliane.

      Tuttavia, ai viaggiatori russi interesserà sapere che nelle vicinanze, dietro il muro di palazzine centenarie si cela un vero e prorio tesoro – villa Wolkonsky – dimora della principessa russa Zinaida Aleksandrovna Volkonkaya (1789—1862), la «zarina di muse e bellezza» di Puškin26.

      È noto che nel 1829 la principessa Volkonskaya lasciò per sempre la Russia per stabilirsi a Roma a palazzo Poli, dietro la Fontana di Trevi. Nei caldi mesi estivi si trasferiva nella villa aquistata nel 1830, che si trovava in mezzo ai campi non lontano dalla basilica di San Giovanni in Laterano. A questa villa, chiamata da Vassilii Žukovskij27 semplicemente «dacia», conferiva un fascino speciale il fatto che nell’antichità sul suo territorio passava l’acquedotto di Nerone. Dopo tanti anni l’acquedotto si è parzialmente interrato e i suoi archi sono diventati delle pittoresche grotte. L’architetto romano Giovanni Azzuri costruì per la Volkonskaya, prorio in mezzo agli archi dell’aquedotto, una piccola casetta, davanti alla quale allestì un bellissimo giardino decorato da «un milione di rose».

      Incantato dalle grotte, a visitare la villa della Volkonskaya, dove si ritrovavano i membri della colonia russa a Roma, veniva spesso Nicolaj Vasil’evič Gogol’, che era solito usarla per le sue riflessioni e gli esercizi di pittura. Quì, inoltre, scrisse degli abbozzi per il romanzo «Le Anime Morte». Nelle memorie di P.V. Annenkov28 si fa accenno ad un luogo descritto da V.A. Žukovskij, dove Gogol trascorreva “…lunghe ore di muta contemplazione, alla quale si dedicava a Roma. Alla dacia della principessa Z. Volkonskaya, costruita a ridosso del vecchio acquedotto romano che le fungeva da terrazza, se ne stava sdraiato sull’arcata dei ricchi, come chiamava gli antichi romani, e per metà delle giornata guardava il cielo azzurro, e la magnifica e smorta campagna romana»29.

      Non lontano dai resti dell’acquedotto della Volkonskaya furono costruiti gli ormai scomparsi Sentiero dei Morti e Sentiero della Memoria. Su queste due vie furono installate pietre e stele in memoria dei nomi cari alla padrona della villa: la cerchia più stretta – i genitori, i servitori, gli animali domestici, e, oltre a questi, gli amici – Baratinksij, Žukovskij,


<p>23</p>

Militare russo cosacco, comandante in capo delle truppe russe che invasero il khanato di Sibir tra il 1579 e il 1585, esploratore della Siberia.

<p>24</p>

Flavio Galerio Valerio Licinio o Licinio, imperatore romano negli anni 308—324.

<p>25</p>

Gaio Galerio Valerio Massimiano o Galerio, imperatore romano negli anni 293—311.

<p>26</p>

L’entrata si trova sull’omonima piazza dalla parte di Via Ludovico di Savoia, 4.

<p>27</p>

1783—1852, poeta e traduttore russo.

<p>28</p>

1812—1887, critico letterario e storico russo.

<p>29</p>

P.V. Annenkov. Ricordi letterari. Mosca, 1960.