μᾶλλον ἂν φροντίσειεν ἀνὴρ μεγαλόψυχος, τί δοκεῖ ἑνὶ σπουδαίῳ ἢ πολλοῖς τοῖς τυγχάνουσιν, ὥσπερ Ἀντιφῶν ἔφη πρὸς Ἀγάθωνα κατεψηφισμένος τὴν ἀπολογίαν ἐπαινέσαντα (a. 411).
Un uomo nobile dovrebbe preoccuparsi di più di quello che pensa un solo eccellente individuo che molte persone qualsiasi, come disse Antifonte, condannato, ad Agatone, quando questi ne elogiò il discorso di difesa [a. 411].
Interpretazione
L’aneddoto della risposta data da Antifonte ad Agatone è conservato da Aristotele nell’Etica Eudemia come esempio della caratteristica, propria degli uomini di animo nobile, di non curarsi dell’opinione comune (1232a 38s. b 1–14).1
Il processo ad Antifonte, retore di orientamento politico oligarchico e secondo Tucidide figura di primo piano nell’instaurazione dell’oligarchia dei Quattrocento ad Atene, è registrato tra gli avvenimenti successivi al rovesciamento dei Quattrocento ed è datato al 411 a.C.2 L’Etica Eudemia conserva una tradizione che offre informazioni di natura cronologica e politica relative ad Agatone: da un lato, il processo contro Antifonte segna un punto di riferimento temporale per la presenza ad Atene del poeta; dall’altro lato, l’aneddoto lega Agatone a un esponente di spicco della fazione oligarchica di Atene.
L’idea qui espressa da Antifonte circa la maggiore importanza del giudizio di un solo uomo di valore rispetto a quello della massa senza identità e senza ingegno si trova anche nel Simposio platonico, pronunciata da Agatone stesso (Plat. Symp. 194b 6–8), da Socrate (Plat. Symp. 194c 1–4) e da Alcibiade (Plat. Symp. 218d 3–5).
L’attribuzione ad Agatone del medesimo punto di vista dell’oligarchico Antifonte, di Socrate e di Alcibiade sulla noncuranza che l’uomo μεγαλόψυχος nutre nei confronti della massa ignorante,3 e al contrario la sua preoccupazione relativamente all’opinione dei φρόνιμοι sono segnali della vicinanza del tragediografo alle idee proprie di ambienti aristocratici ed elitari, nonché vicini a posizioni politiche oligarchiche.
Test. 18 (26 S.–K.)
Stob. IV 5, 24 (IV 203, 1 W.–H.)
Ἀγάθωνος (om. S, gnomol. Paris. 124)·
Ἀγάθων ἔφη· τὸν ἄρχοντα τριῶν δεῖ μεμνῆσθαι· πρῶτον (πρῶτον μέν SMA, Hense) ὅτι ἀνθρώπων ἄρχει, δεύτερον ὅτι κατὰ τoὺς (κατὰ τoὺς om. SMA, Hense, Snell) νόμους (νόμοις Snell) ἄρχει, τρίτον ὅτι οὐκ ἀεὶ ἄρχει.
Di Agatone:
Agatone diceva che chi governa deve ricordarsi di tre cose: primo, che governa su uomini; secondo, che governa secondo le leggi; terzo, che non governa per sempre.
Interpretazione
Nella sezione dedicata al governo e alle qualità del governatore (περὶ ἀρχῆς καὶ περὶ τοῦ ὁποῖον χρὴ εἶναι τὸν ἄρχοντα) della raccolta di excerpta letterari antichi a carattere edificante composta da Giovanni Stobeo (V sec. d.C.) e conosciuta come Florilegium si attribuisce ad Agatone un’affermazione sentenziosa di argomento politico.4
Il passo può essere considerato un ibrido, a metà tra testimonianza e frammento. Martini lo inserisce tra i frammenti agatonei (fr. 23 Martini), accettandone la provenienza da un dramma.5 L’excerptum deve però essere arrivato fino a Stobeo attraverso un’opera in prosa, in quanto il passo si trova nella sezione del capitolo dedicata ai prosatori ed è introdotto anche dalla formulazione Ἀγάθων ἔφη, in aggiunta al semplice Ἀγάθωνος in uso per introdurre i frammenti poetici (vd. frr. 18–28). La ripetizione del verbo ἄρχει alla fine di ogni membro del periodo produce le figure retoriche etimologiche e di suono tipiche della poetica di Agatone (vd. test. 21). Anche se si accettasse l’ipotesi che il passo si trovasse in origine in un dramma e sia giunto fino a Stobeo attraverso uno scritto in prosa, sarebbe difficile esprimersi sull’opera intermedia o sull’originale.
La sentenza ha una struttura tripartita, probabilmente in conformità al carattere retorico dell’argomentazione nella sua primitiva collocazione. Sul tema del governo e delle qualità del governatore, il contributo di Agatone definisce tre dati che l’uomo al governo deve tenere a mente. Il primo punto riguarda l’elemento su cui si esercita l’autorità del governatore, ossia gli uomini (ἀνθρώπων ἄρχει). Questa idea ricorre nella riflessione politica greca e si trova espressa frequentemente in contrapposizione al concetto di comandare su animali: regolare la vita animale è più semplice che esercitare il potere sugli uomini (p. es. Aristoph. Av. 480s.; Xen. Cyr. I 1, 3; Plut. Fab. 20, 4). Il primo memento sembra un invito a non scordare la complessità del compito di governare. Passando al secondo punto, si presenta un problema testuale: l’espressione deve significare che il governatore esercita la propria autorità ‘in conformità’, oppure ‘per mezzo’, oppure ‘entro il limite’ delle leggi, ma i manoscritti principali tramandano la variante νόμους ἄρχει,6 dove νόμους non può essere considerato oggetto diretto di ἄρχει, sia per motivi di senso che per l’improbabile reggenza dell’accusativo da parte di ἄρχω nel significato di ‘governare’. Lo Gnomologium Parisinum 124 tramanda invece la variante κατὰ τoὺς νόμους, plausibile dal punto di vista sintattico e ben attestata (con o senza articolo; p. es. Plut. Pyrrh. 5, 5; Cic. 12, 2; Ph. Joseph. 63 l. 1; D.H. AR II 6, 2 l. 1; Snell propone la variante al dativo νόμοις, cfr. TrGF I 39 test. 26 ad 3). Infine, il terzo punto si colloca entro la tradizionale riflessione sulla mutevolezza del destino umano; la vicenda di Creso narrata da Erodoto (in particolare I 32s. 86) ne è un illustre precedente.
Si confermano alcuni aspetti della poetica di Agatone già emersi da altre fonti. Il carattere sentenzioso e retorico della formulazione è conforme alle notizie che abbiamo a proposito della formazione e dello stile del poeta (vd. testt. 3. 5. 21). Dal punto di vista del contenuto il passo rientra nel gruppo delle testimonianze di carattere politico, di cui fanno parte anche la test. 3 (Agatone allievo dei sofisti in compagnia dei giovani aristocratici ateniesi), la test. 11 (simpatie dei tragediografi per i tiranni) e la test. 17 (lode di Agatone per il discorso tenuto dall’oligarchico Antifonte e apprezzamento per le parole del tragico da parte di Antifonte).
La tradizione abbonda di aneddoti su poeti e intellettuali ospiti presso le corti di re e tiranni e impegnati ad ammonire i potenti sui limiti della condizione umana; illustre esempio, oltre al ricordato Solone, è Simonide (Simon. testt. 105s. Poltera; fr. 244 Poltera = PMG 521; Hdt. I 32s.). Anche per Agatone, accolto dal re macedone Archelao (testt. 5. 8–11. 15s. 22), potrebbe essersi stabilita un’aneddotica simile. Accanto all’ipotesi della collocazione originaria della riflessione in un dramma, bisogna pertanto prendere in considerazione anche la possibilità che essa provenga da un’opera di carattere biografico, forse la stessa da cui attingono gli aneddoti macedoni riportati da Arriano (testt. 15s.).
I.5. Spurium ([test. 19])
[Test. 19 (27 S.–K.)]
Stob. I 8, 16 (I 96, 5 W.)
Ἀγάθωνος (ἀγάθονος μόνου P)·
ὤφελεν (ὤφελον codd. corr. Grotius), ὡς ἀφανής, οὕτω φανερώτατος εἶναι
καιρός, ὃς αὐξάνεται πλεῖστον