∽ Apostol. XVII 42 Leutsch (= Arsenios p. 453 Walz)
Τῶν καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλὸν ἐστίν: Εὐριπίδης τὸν καλὸν Ἀγάθωνα περιλαμβάνων ἐν τῷ συμποσίῳ καὶ καταφιλῶν ἤδη γενειῶντα πρὸς τοὺς φίλους εἶπε, Μὴ θαυμάζητε, τὸ παροιμιῶδες τοῦτ’ εἰπών.
Dei belli anche il tardo autunno è bello. Euripide, abbracciando durante un simposio e baciando il bell’Agatone, che aveva ormai la barba, agli amici disse: Non meravigliatevi – pronunciando questo detto proverbiale.
∽ Plut. amat. 24, 770c
τὰ δ’ ὑπ’ Εὐριπίδου ῥηθέντ’ ἐστὶ κομψά· ἔφη γὰρ Ἀγάθωνα τὸν καλὸν ἤδη γενειῶντα περιβάλλων καὶ κατασπαζόμενος, ὅτι τῶν καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον <καλόν>.
Argute parole sono poi quelle pronunciate da Euripide: diceva infatti, abbracciando e baciando il bell’Agatone che ormai aveva la barba, che dei belli anche il tardo autunno <è bello>.
Cf. Plut. vit. Alc. 1, 4–6, 192a
περὶ μὲν οὖν τοῦ κάλλους τοῦ σώματος οὐδὲν ἴσως δεῖ λέγειν, πλὴν ὅτι καὶ παῖδα καὶ μειράκιον καὶ ἄνδρα πάσῃ συνανθῆσαν τῇ ἡλικίᾳ καὶ ὥρᾳ τοῦ σώματος ἐράσμιον καὶ ἡδὺν παρέσχεν. οὐ γάρ, ὡς Εὐριπίδης ἔλεγε, πάντων τῶν καλῶν καὶ τὸ μετόπωρον καλόν ἐστιν, ἀλλὰ τοῦτ’ Ἀλκιβιάδῃ μετ’ ὀλίγων ἄλλων δι’ εὐφυΐαν καὶ ἀρετὴν τοῦ σώματος ὑπῆρξε.
Per quanto riguarda la bellezza del corpo probabilmente non è necessario dire nulla, se non che, fiorendo di pari passo con ogni sua età e con il tempo, lo rese amabile e piacevole da ragazzo e da adolescente e da uomo. Infatti, come diceva Euripide, non è bello anche il tardo autunno di tutti i belli, ma questo fu possibile per Alcibiade insieme a pochi altri grazie alle doti naturali e alla virtù del corpo.
Interpretazione
La testimonianza si compone delle varianti di un medesimo aneddoto che vede protagonisti Euripide e Agatone.
a) La versione più dettagliata è riportata nella Ποικίλη ἱστορία (Varia historia, una raccolta di aneddoti corredati di osservazioni moraleggianti) dell’atticista Claudio Eliano (fine II–inizi III sec. d.C.). L’ambientazione è la corte macedone di Archelao in occasione di uno dei famosi banchetti offerti dal re ai suoi ἑταῖροι, gli ospiti che risiedevano presso la sua corte (vd. testt. 5. 7–11. 25). Protagonista dell’aneddoto è Euripide, la cui permanenza in Macedonia presso la corte di Archelao è attestata per gli anni 408–406 a.C.47 Durante un banchetto offerto da Archelao, il famoso tragediografo – che in questo periodo doveva avere circa settant’anni48 – si trova sdraiato sullo stesso lettino dove giace anche il collega più giovane Agatone, giunto ormai ai quarant’anni (τετταράκοντα ἐτῶν). Nel contesto festoso, Euripide beve fino al punto di ubriacarsi (Εὐριπίδης ὑπήχθη πως κατ’ ὀλίγον ἐς μέθην), una condizione particolarmente favorevole all’espressione della verità, in assenza delle consuete inibizioni (cfr. p. es. in Plat. Symp. 213e 9–a 1). Euripide abbraccia e bacia Agatone (περιλαβὼν κατεφίλει), adottando un comportamento inusuale tra uomini adulti e provocando così la domanda di Archelao, che fa implicitamente notare come l’atteggiamento dell’anziano poeta sia lo stesso che gli amanti hanno nei confronti dei loro ἐρώμενοι, di norma adolescenti (vd. ad testt. 3. 14). La risposta, di carattere sentenzioso (ναὶ μὰ Δία· οὐ γὰρ μόνον τὸ ἔαρ τῶν καλῶν κάλλιστον, ἀλλὰ καὶ τὸ μετόπωρον), conclude l’aneddoto con un messaggio universale.
Si tratta di una testimonianza preziosa per la cronologia della vita di Agatone. La permanenza di Euripide presso la corte macedone occupa gli anni 408–406 a.C., e in particolare si restringe tra le Grandi Dionisie del 408 – anno della messa in scena dell’Oreste (DID C 19 S.–K.) – e quelle del 406 a.C., quando Sofocle si presentò in lutto al proagone della competizione drammatica piangendo il decesso di Euripide (DID C 20 S.–K.; Soph. test. 54 Radt; Eurip. test. IA ll. 39–41 Kannicht) avvenuto presso la corte di Archelao (vd. ad test. 10). Agatone doveva aver lasciato Atene almeno nel 405 a.C. (testt. 8s.), anno di rappresentazione delle Rane; l’aneddoto euripideo anticipa il terminus ante quem della partenza di Agatone per la Macedonia all’inizio del 406 a.C., ossia prima della morte di Euripide. Se potessimo fissare con certezza la data del Gerytades, commedia interpretata come terminus post quem per il trasferimento in Macedonia (vd. ad test. 5), al 407 a.C., potremmo restringere il periodo entro cui Agatone lasciò Atene al periodo compreso tra gli agoni drammatici del 407 (ma non sappiamo se lenaici o dionisiaci) e le Grandi Dionisie del 406 a.C. Questa ricostruzione, impossibile da accertare a causa della difficoltà di datare con sicurezza il Gerytades, si troverebbe in accordo con la test. 10 (= [Eur.] epist. 5, 2 p. 278 Herch), che colloca l’allontanamento di Agatone da Atene in un momento successivo rispetto al trasferimento di Euripide presso la corte macedone; bisogna tuttavia considerare che le lettere euripidee non sono autentiche.
Per quanto riguarda l’età di Agatone, apprendiamo da Eliano che il poeta aveva circa quarant’anni (τετταράκοντα ἐτῶν που γεγονότα) negli anni 408–406 a.C. Considerando che nel 411 a.C., anno della messa in scena delle Tesmoforiazuse, Aristofane giocava sull’età di un Agatone ancora giovane (v. 134, vd. anche ad test. 2; vv. 173s.) possiamo ipotizzare che il poeta tragico fosse ancora nei suoi trent’anni nel 411 a.C., e che al momento dell’aneddoto macedone avesse appena raggiunto i quaranta. La testimonianza si accorda anche con i dati che ricaviamo dai testi platonici (Protagora, vd. test. 3, Simposio, vd. test. 2) e dai Deipnosofisti di Ateneo (vd. test. 1), e conferma la nascita di Agatone negli anni immediatamente successivi al 450 a.C.
b) Simile episodio è raccolto nei Βασιλέων ἀποφθέγματα καὶ στρατηγῶν (Sentenze di re e generali), opera di discussa paternità tramandata nel corpus plutarcheo. Al passo 177a–b, nella sezione dedicata alle sentenze memorabili del re Archelao, si racconta di come Euripide abbracci e baci durante un simposio il maturo Agatone.49 Qui è il re Archelao a invitare gli altri compagni a non meravigliarsi, ricordando che gli uomini belli restano tali anche nell’autunno della vita (τὸ μετόπωρον), una volta passata la stagione della giovinezza. L’aneddoto – in forma più concisa e con variatio nell’attribuzione della sentenza finale – fornisce le stesse informazioni cronologiche e geografiche del passo di Eliano. In forma simile, ma senza menzionare l’ambientazione macedone e attribuendo la sentenza a Euripide, l’aneddoto è entrato anche in raccolte paremiografiche (Apostolio, XV sec. d.C.; Arsenio, XV–XVI sec. d.C.).
Più concisa è la versione riportata da Plutarco nell’Ἐρωτικός