"Il Piano strategico... si differenzia dalla pianificazione urbanistica per il fatto di essere orientato ad azioni socioeconomiche tra loro integrate piuttosto che alla regolamentazione dellâuso del suolo, e si differenzia dalla pianificazione classica a medio e lungo termine perché non è limitato allâadattamento delle aspettative alle tendenze considerate normali, ma è rivolto alle nuove opportunità e ai nuovi obiettivi. Lâobiettivo generale che si pone il Piano strategico di Venezia è quello di costruire in un futuro vicino e misurabile una città caratterizzata dallâalta qualità del la vita dei suoi abitanti â nei suoi aspetti relazionali, lavorativi e culturali â e dallâalta qualità dei suoi assetti fisici e ambientali" (57. Cfr. lâintervento di R. DâAgostino, in Comune di Venezia, Piano di Venezia. Linee, strategie e politiche, ottobre 2004).
Se lâidea della logistica fosse impostata in modo da soverchiare ogni altra ipotesi produttiva, potrebbe limitare le potenzialità del territorio. Viene in mente, a tale proposito, unâesperienza significativa: lâidea dellâExpo a Venezia, lanciata da Gianni De Michelis, che nei primi anni Novanta incontrò una netta bocciatura, sebbene
"lâobiettivo primario del progetto nel territorio veneto era il reinserimento dellâarea veneziana (Venezia, Mestre, Marghera, la laguna) allâinterno della realtà regionale, facendola diventare un nodo significativo rispetto alla rete di centri urbani che caratterizza la regione" (58. Aa.Vv., Venezia 2000. Idee e progetti, Marsilio, Venezia 1995, p. 19).
I motivi della bocciatura si possono forse ritrovare in una frase di unâintervista dellâallora presidente della Save di Venezia, Gianni Pellicani, che rilevava come
lâExpo voleva mettere in moto un motore â e lâidea era giusta â ma è discutibile il modo in cui voleva farlo e soprattutto il fatto che volesse farlo da sola. La macchina delle attività economiche può essere rimessa in moto, ma con altri metodi (59. Bonomi A. (a cura di), Privatizzare Venezia, Marsilio, Venezia 1995, p. 195).
à certamente indiscutibile quella che è una vocazione naturale di Venezia, centro organizzatore della logistica per almeno due motivi: da un lato le infrastrutture esistenti â aeroporto, porto, nodo ferroviario, rete stradale, idrovie â in una combinazione rara nel nostro Paese (e non solo); dallâaltro la collocazione geografica di Venezia al centro di uno snodo strategico per i traffici verso il Nord Europa e nellâasse Lisbona-Kiev. Del vantaggio di Venezia in termini di accessibilità sono rivelatori i dati riportati in tab. 4 da uno studio dellâIsfort
Ma esistono anche limiti che vanno superati per realizzare questa vocazione.
Il primo è che «bisogna abbandonare i particolarismi e ragionare in termini di network» e per questo è indispensabile «un coordinamento più efficiente dei nodi trasportistici esistenti al fine di connettersi in modo competitivo ai nodi di eccellenza del Nord Europa» (60 Cfr. Isfort - Istituto superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti, Documento di base per il Convegno organizzato da Comune di Venezia, Fondazione di Venezia, Venezia 2000 Cultura e Impresa, Venezia nodo di eccellenza della logistica, Mestre, 26 novembre 2004), per intercettare la globalizzazione dei mercati e la crescita esponenziale degli scambi di merce tra le tre principali aree commerciali del mondo (Giappone, Nord America ed Europa). Questa globalizzazione ha imposto una più decisa razionalizzazione dei flussi di traffico tra tali aree.
Il secondo è la necessità di eliminare le strozzature presenti nella rete, come il passante di Mestre.
Il terzo è il bisogno di rafforzare le condizioni del sistema.
Le condizioni per un ruolo rilevante di Venezia nel sistema della logistica di Venezia esistono concretamente, tuttavia non va dimenticato che Venezia è una città metropolitana. Lâaggettivo âmetropolitanaâ non è assegnato tanto per la dimensione territoriale o per il numero di abitanti, quanto perché vi sono presenti, contemporaneamente, più servizi di eccellenza. E Venezia questi servizi di eccellenza li detiene nelle attività culturali e monumentali, nelle sue due sedi universitarie, nelle più volte citate infrastrutture, nei centri di ricerca. La città metropolitana non è una costruzione artificiale quanto il frutto di decenni di lavoro, di esperienze via via consolidate e costruite con fatica. à questa la âbuona miscelaâ che bisogna salvaguardare per dare prospettive più solide allâeconomia veneziana. E nella miscela non possono mancare le attività produttive di Porto Marghera, certamente risanate e rese compatibili con lâecosistema lagunare. Ormai la crisi degli insediamenti industriali storici di Porto Marghera e delle attività portuali, estesa e profonda negli anni Ottanta e Novanta, ha cambiato il volto dellâeconomia veneziana, imponendo un nuovo equilibrio tra attività industriali e attività economiche nei servizi e nel turismo. Il rilievo delle attività industriali ha contribuito significativamente a definire il nuovo mix produttivo e il mantenimento di attività industriali risanate e rinnovate appare essere ancora un obiettivo irrinunciabile.
4. Qualche considerazione finale
Il territorio veneziano si trova dinanzi a problemi assai caratterizzati e particolarmente intensi. Pensiamo solo alle questioni sollevate dalla problematica ambientale a Porto Marghera, con il loro crescente peso nella politica della città , cioè nelle scelte che la collettività assume e a cui si vincola. In tale complessità assume unâimportanza rilevante la costruzione di regole comunemente condivise, e tra queste la responsabilità . Lâetica della responsabilità ha lo scopo fondamentale di impedire la ricerca di scorciatoie mentre si tenta di affrontare problemi complessi. Ã, come dire, un freno non alla demagogia (di cui la politica nel suo rapporto con le masse non può fare a meno) ma alla demagogia senza nullâaltro. à sicuramente un argomento difficile, ma quanto positivo potrebbe essere premiare colui o coloro che nelle scelte collettive determinano quelle che si dimostrano giuste e viceversa sanzionare chi compie quelle sbagliate? Ne risulterebbe un criterio di selezione della classe dirigente politica trasparente e di grande efficacia. Non che oggi ciò non accada, ma si tratterebbe, nellâambito della politica, di tramutare lâeccezione in regola. Una vicenda che può ricondursi a questa problematica è quella del caso Galileo.