Vivere La Vita. Lionel C. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Lionel C
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Серия:
Жанр произведения: Современные любовные романы
Год издания: 0
isbn: 9788873042808
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parlavano, più mi chiedevo: < Cosa avrei risposto se chiedeva a me? >

      Doveva essere un giorno bello e molto importante. Lo avevo immaginato come quando i ragazzi grandi del condominio mi hanno riconosciuto loro amico per i miei meriti, ma in quei momenti, la grande curiosità dell'inizio, si è trasformata in domande, le domande in preoccupazioni, le preoccupazioni in insicurezza e l'insicurezza, stava diventando sempre più, paura.

      Era per la prima volta nella mia scuola tanto amata, che non stavo più bene.

      L'unica cosa che desideravo era di uscire da quella camera, dalla scuola e fuggire con tutte le mie forze subito a casa.

      Nella mia cameretta.

      Al mio tavolo dove facevo i compiti.

      Li dove stavo sempre bene.

      Quando gli unici rimasti senza essere interrogati eravamo noi piccoli, la maestra compagna comandante, si è fermata nel fare quelle domande strane ed a noi ci ha soltanto chiesto se avevamo visto: < Quanto erano stati bravi i nostri compagni più grandi nello svolgere il loro compito come compagni comandanti di classe >.

      Nessuno di noi piccoli ha aperto bocca.

      Non aver fatto anche a noi quelle domande strane, mi ha fatto sentire un po' meno la forza di quella paura ed anche se ho capito molto bene la domanda che ci aveva fatto, era per la prima volta da quando andavo a scuola che non volevo rispondere alla domanda di una maestra,

      Di questo ero convinto.

      Avevo già deciso che quello era il giorno più brutto della mia vita e la causa, era soltanto lei.

      La maestra compagna comandante, perciò, non volevo avere nulla a che fare con lei.

      Subito dopo, ci ha spiegato che avendo visto come si doveva svolgere un'assemblea, nello stesso modo, avremo dovuto organizzare le assemblee nelle nostre classe, per informare i nostri compagni pionieri su quanto si era detto li.

      In quel momento, la paura è diventata terrore, perché non ricordavo più nulla di tutte quelle cose.

      Come erano state fatte, di cosa si era parlato e mi chiedevo se sarei stato capace di organizzare l'assemblea della nostra classe.

      Subito dopo, ci ha detto che voleva venire nel nostro aiuto e ci ha dato dei fogli scritti, con "l'ordine del giorno".

      L’ho messo con tanta cura nella mia borsa dentro un libro, perché sapevo che mi sarebbe servito, ma all'aiuto di quella persona che vedevo per la seconda volta nella mia vita, non ci credevo più.

      Quando ha dichiarato chiusa l'assemblea e tutti insieme abbiamo cantato l'inno dei pionieri, è stato l'unico momento che mi è piaciuto di tutto quello incontro.

      Nell'attimo dopo, ero già fuori.

      Mentre camminavo da solo, pensavo che i miei amici erano già a casa, da più di un'ora.

      Ero stato lì, dal mio tempo libero e come risultato, non vedevo niente di buono.

      Era per la prima volta che sentivo delle cose che non conoscevo e che insieme alla paura di prima, facevano muovere tutto dentro me, in modo strano.

      Un disordine totale.

      Nella testa avevo un sacco di domande che venivano tutte insieme. Mancavano però le risposte ed in più, la pace e la tranquillità che tanto amavo, in quei momenti, mi chiedevo se mai le avrei ritrovate.

      Appena entrato in casa, prima ancora di togliermi le scarpe e la divisa da pioniere, i miei genitori, senza neanche guardarmi, mi facevano un sacco di domande in modo allegro, scherzoso, vivace ma tranquillo, su come era andata la mia prima assemblea da "grande capo", insieme agli altri grandi capi della scuola.

      Sembrava quasi che mi prendevano in giro.

      Silenzioso e senza rispondere, sono andato a svestirmi.

      Quando vestito da casa sono ritornato in cucina per mangiare, ho visto che all'improvviso hanno smesso di farmi domande sull'assemblea e dopo un attimo di silenzio, mio papà mi ha chiesto se volevo andare con lui sulla collina dove andavano a giocare i ragazzi grandi del condominio.

      Aveva voglia di camminare un po' e non li andava di farlo da solo.

      Soltanto in quel momento ho cominciato a rivedere che fuori era una bellissima giornata serena ed ancora molto luminosa, anche se autunno. Dentro di me, al' improvviso, sembrava che quel grande disordine che si muoveva in continuazione, cominciava a fermarsi, lasciando il posto alla tranquillità. In quei attimi, ho capito che anche il mio corpo tornava piano, piano ad essere meno rigido, caldo e vivo.

      Piano, piano e finalmente dopo un po', cominciavo a vedermi e sentirmi come mi conoscevo.

      Sarebbe stato per la prima volta che andavo sulla collina.

      Mi è bastato, per far ritornare in me la vita.

      Quando ho provato a spiegare a mio papà che prima avrei avuto dei compiti da fare e lui mi ha risposto che aveva fiducia in me ed era sicuro che li avrei fatti tutti e fatti bene al nostro ritorno, l'ultimo pezzo di disordine ancora rimasto dentro me, è stato spazzato via da un'esplosione di entusiasmo, di gioia.

      I piedi che prima sentivo pesanti come il piombo, erano diventati leggeri e pronti alla camminata e prima di dire, oppure sentire qualsiasi altra cosa ero nel' ingresso, d'avanti alla porta di casa, con le scarpe già ai piedi.

      Pronto per partire.

      Prima di uscire, mio papà ha soltanto preso nello sgabuzzino una cosa che sembrava un bastone, spiegandomi che era una piccozza da montagna.

      Era per la prima volta che la vedevo.

      Mi è subito piaciuta tanto.

      Ha poi preso anche un piccolo borsellino da minatore, un po’ più grande di quello che avevo al' asilo, dicendo che era il periodo buono, per la maturazione delle noccioline selvatiche.

      Siamo usciti.

      All'improvviso, quello era appena diventato uno dei giorni più felici ed importanti della mia vita.

      Quando d'avanti al condominio, qualcuno dei miei amici che era già sul nostro “Maracana”, mi ha chiamato a fare due tiri, con tanta fierezza ho risposto che non potevo, perché andavo con il mio papà sula collina dei ragazzi grandi.

      Appena attraversato il corso, quasi subito, siamo scesi in una piccola vallata e dopo aver attraversato il letto abbastanza grosso del piccolo fiumiciattolo che passava di lì, abbiamo cominciato la salita. Una salita dolce, tranquilla e mentre la stavamo facendo, mio papà ha cominciato a farmi vedere e spiegare tante cose.

      Dove si poteva camminare perché era la collina di tutti e dove non si poteva, perché apparteneva alle persone che abitavano nelle case all'ingresso della città.

      Dove si poteva accendere un fuoco per fare alla brace delle buone patate oppure lardo di maiale affumicato, il cibo preferito dei montanari, e dove non si doveva mai accendere un fuoco.

      Quale era il legno buono per fare gli archi, come quelli dei ragazzi grandi e quale era il legno buono per fare le frecce.

      Dalle piccole fonti di acqua che ogni tanto vedevo uscire da sotto terra, da quale si poteva bere tranquilli e quali era meglio evitare.

      Quale pianta, oppure foglie di alberi potevano andare bene per qualche cura naturale e per quale cura.

      Era tutto bellissimo.

      Stavo vivendo una lezione di "conoscenze della natura", in mezza alla natura e scoprivo in quei momenti quante cose nuove mi stava insegnando mio papà senza nessuna fatica.

      Quante cose sapeva.

      Ci siamo fermati in un grosso spiazzo.

      La città si vedeva già dall'alto ed il rumore era rimasto lontano.

      Eravamo su un bel prato ancora molto verde e molto