Preparare per la prima volta l'albero insieme al mio papà , dentro mi faceva sentire un po' più grande.
Ero molto felice.
Ancora di più di quello che ero già , perché quell'anno, Babbo Freddo, mi portava i patini da ghiaccio.
Ne ero sicuro.
I miei risultati nello studio erano molto buoni. Ho lavorato nel mio tempo libero anche per gli altri. Come comandante della classe, avevo aiutato alcuni dei miei amici che avevano bisogno. Ho aiutato nel fare i compiti, altri amici della mia classe, che andavano meno bene a scuola. Ero stato bravo a casa. Sono andato a comprare il pane per i nostri vicini anziani, ogni volta quando me lo hanno chiesto.
Ho fatto sapere in tempo il mio desiderio al Babbo Freddo, cioè, i patini e lui non aveva nessun motivo per non portarmeli.
Lavorando, mi sono ricordato molto bene, quello che pochi giorni prima avevo visto fare agli uomini che erano venuti a dare una mano ai miei genitori, per ammazzare e poi preparare il grosso maiale comperato per Natale ed anch'io, ho provato a fare nello stesso modo. Cioè, mentre stavamo facendo le ultime cose, mentre stavamo lavorando, ho cominciato a parlare con il mio papà e li ho fatto subito una domanda che volevo farli da un po' di tempo.
Per me, quello era il momento giusto.
Non riuscivo a capire perché in televisione, facevano vedere sempre e soltanto un âBabboâ che portava i regali, se in realtà , erano due âBabbiâ.
A scuola, ci insegnavano quasi tutti i giorni e più di una volta al giorno, che i regali li portava il "Babbo Freddo".
A casa, i miei genitori e le altre persone grandi che conoscevo, le sentivo dire che da loro, come da noi, viene il "Babbo Natale".
Ho sempre pensato che ognuno ha il suo âBabboâ.
Babbo Freddo, soltanto per i piccoli che andavano ancora a scuola.
Babbo Natale, a casa, per tutti.
Per me andava bene.
Ero molto tranquillo e contento, ma volevo sapere di più, volevo capire meglio.
Subito nel momento dopo, quando per la prima volta di sempre, ho visto che il mio papà non ha risposto ad una mia domanda, le cose sono cambiate.
Non perché non mi ha risposto, ma perché lâho visto diverso.
Era diventato meno sereno, meno sorridente, meno gioioso di come era l'attimo prima e dandomi una carezza sulla testa, mi ha detto di non avere fretta. Di non voler sapere troppo, in troppo poco tempo. Ogni cosa al suo tempo. Avrei capito tutto da solo ed al modo mio, quando ero pronto.
Era meglio così.
Il buon profumo di pino che si sentiva già forte nella camera e che mio papà mi ha fatto notare, in quel momento è diventato più interessante della confusione sui due Babbi.
Poi, quando una mattina mi sono svegliato e con il mio fratello abbiamo cominciato ad aprire i regali sotto l'albero, ho trovato i miei patini da ghiaccio.
In quel momento, non era molto importante se me li aveva portati Babbo Freddo, oppure Babbo Natale.
Neanche il colore degli scarponi che erano bianchi invece di essere neri, come li avevo chiesto, non contava più.
Finalmente avevo i miei patini.
In quella vacanza, con l'aiuto della tanta neve che era scesa, avrei imparato ad usarli bene.
Faceva abbastanza freddo e nei posti con tanta ombra, c'era ancora della neve, quando mio papà mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto vedere una partita di calcio dal vivo. Non ha finito di farmi la domanda, che la risposta era arrivata subito e chiara, mentre lo aspettavo già con le scarpe ai piedi, pronto per uscire di casa.
In pochi minuti, siamo arrivati al nuovo stadio, dove eravamo andati insieme per il lavoro volontario.
Non l'avevo ancora visto finito, anche se una piccola parte riuscivo a vedere dalle nostre finestre di casa.
Era diventato molto bello.
Sembrava immenso.
Appena entrati, sono rimasto un po' deluso, perché ho visto sul campo giocare già le due squadre, ma e subito tornata la tranquillità , quando mio papà mi ha detto che erano le squadre juniores. Le prime squadre dovevano, come sempre, cominciare appena finita quella partita. Non eravamo in ritardo come ho pensato, ma in anticipo e questo mi ha aiutato a vedere bene ogni cosa prima dell'inizio della vera partita.
Era tutto molto bello, molto interessante e non c'era niente che non mi piaceva.
Mi chiedevo soltanto, mentre vedevo quei ragazzi grandi a giocare, se le prime squadre erano molto più veloci di loro e se sarei riuscito a vedere e capire bene tutto. Non era più come a casa in televisione, dove le cose più importanti le facevano vedere più di una volta.
Non lo so quanto e come vivevo tutto ciò, ma so che mio papà ogni tanto mi guardava, ogni tanto mi sorrideva senza dirmi nulla e quasi ogni due minuti mi diceva di sedermi di nuovo, perché sarei riuscito a vedere anche da seduto le stesse cose.
Quando la partita delle giovanili è finita, sul campo sono entrate le prime squadre.
Era tutto così bello che in quel momento non potevo assolutamente restare seduto.
Vederli uscire dagli spogliatoi da squadra, tutti in fila, il modo di correre, di toccare il pallone, vedere dal vivo il modo come erano vestiti, il riscaldamento fatto in gruppo, molto organizzati.
Tutto bellissimo.
Anche se erano di terza serie e quelle che vedevo in televisione erano partite di prima, mi sembrava tutto molto più interessante dal vivo. Vedendo tutto ciò, il mio pensiero è subito volato e mi chiedevo come poteva essere, vedere dal vivo una partita di prima serie, della squadra che era nella città più grande della nostra vallata.
Mi gustavo tutto in pieno.
Preso come ero, ho soltanto sentito mio padre quando sorridendo, mi chiedeva se ero diventato sordo.
Ero sempre in piedi ed ero ancora vicino a mio padre seduto, soltanto perché c'erano le gradinate.
Mentre le squadre, laggiù sul campo continuavano a riscaldarsi, mio papà ha cominciato a raccontarmi di sapere che in quella primavera, perché saliti in terza serie, dovevano far' nascere anche la squadra dei pulcini. Non lâho lasciato neanche finire, perché li ho subito chiesto cosa avrei dovuto fare per andarci anch'io.
La prima risposta e stata che dovevo continuare ad essere bravo come prima, in tutto quello che facevo già .
E quando sentivo tutto, era tutto.
Da tutto quello che facevo a scuola, a tutto quello che facevo a casa, ma non ho dato importanza e non ero preoccupato per questa condizione.
Era la stessa da sempre e non mi pesava.
Tutto quello che facevo, lo facevo in quel modo perché mi piaceva e non perché qualcuno me lo chiedeva, oppure perché dovevo farlo. Senza neanche lasciarlo finire, li ho detto che per me, quel accordo andava benissimo.
Ha fatto in tempo a dirmi che se le cose stavano cosi, chiedeva quando facevano le selezioni e mi portava.
Poi e cominciata la partita.
Con quello che mi aveva appena detto, i calciatori della nostra squadra, li sentivo già i miei compagni più grandi.
Quella notizia così bella e così importante che mio papà mi aveva dato, mi ha messo le ali sotto i piedi e pensando all'accordo fatto con lui, tutto quello che facevo, lo facevo con ancora più interesse, più determinazione, scoprendo anche tutti i giorni cose nuove e molto interessanti.
Studiavo con ancora più