Subito dopo, siamo entrati nel complesso commerciale appena oltre la via.
Non era molto grande e serviva soltanto una parte del nostro quartiere, perché da l'altra parte, si trovava uno identico.
Vendeva un po' di tutto in più reparti.
Aveva il banco per i dolci, quello per la carne, i prodotti di carne e quelli del latte, panetteria e latte fresco. Uno spazio non piccolo, pieno di scaffali, dove ognuno prendeva da sé le conserve, scatolette di ogni tipo, pasta, sale zucchero ed altri prodotti confezionati. Nella stessa costruzione, ma molto più piccolo e passando da un altro ingresso, c'era il negozio di frutta e verdura.
Ero già entrato tantissime volte.
Quando mia madre mi mandava, oppure quando qualche vicino anziano mi chiedeva di andare a comprare il pane.
Ogni volta quando sono andato, era quasi sempre vuoto. Ho visto dentro, al massimo quattro o cinque persone nello stesso momento. Le lavoratrici, ogni volta stavano dietro ai loro banchi, ognuna al suo posto. Quasi sempre, facevano niente e tutto succedeva in una specie di tranquillità che mi è sempre sembrata non normale.
Esattamente il contrario del mercato, dove c' erano sempre tantissime persone che non si fermavano mai. Si vendeva e si comprava sempre. Nessuno usciva dal mercato, senza aver riempito al meno una borsa di quelle di tela, che tutti portavano da casa.
In quel momento era tutto diverso perché, il complesso era completamente pieno di gente.
Quasi tutte donne, ma anche degli uomini e non pochi bambini. Tutti riuniti nel grande spazio libero d'avanti ai banchi dei reparti.
Eravamo tanti, tutti insieme in un modo che sembrava molto disordinato. Così tanti, da pensare che se fosse entrata ancora una persona, le pareti e soprattutto le vetrate su tutta la parte d'avanti del complesso, sarebbero scoppiate.
Molto strano vedere pieno quel grande spazio, dove avrei potuto girare senza problemi con la mia bici gialla.
Era per la prima volta che mi succedeva.
Il rumore era molto alto, la confusione ancora di più e non lo so se era per quel motivo, oppure per tutte quelle cose nuove che vivevo all'improvviso e con tanto stupore, ma sentivo il mio cuore che diventava sempre più piccolo, sempre meno tranquillo, sempre più rigido. Ero come bloccato da quello che vedevo, da quello che vivevo ed in quei momenti, anche la mia grande voglia di sempre, nel fare domande, era scomparsa completamente.
Non ero molto alto e riuscivo ad arrivare soltanto fino sotto il petto delle persone adulte.
Mi sentivo schiacciato in tutti i sensi, in mezzo a loro.
Dal mio cuore, fino all'ultimo filo dei capelli.
Non sapevo e non capivo nulla di quello che stava succedendo.
Non chiedevo nulla a mia madre che mi teneva per mano e che forse senza neanche rendersi conto, mi stringeva sempre di più.
In un momento di meno rumore e meno movimenti, mia madre, quasi piegandosi sopra di me, mi ha detto che quello era il giorno in qui portavano le uova.
Dovevo restare con lei, perché ad ogni persona in fila, davano soltanto sei uova.
Insieme, saremo riusciti a portarne a casa dodici.
Subito dopo, ha continuato dicendomi in quali giorni della settimana portavano: la carne, il pollo, i salumi, i formaggi, del buon pesce ed altre cose che mangiavamo tutti i giorni a casa.
Non capivo nulla.
Era per la prima volta che sentivo quelle cose.
Non sapevo se era normale vivere tutto quello che vivevo in quei momenti per portare a casa sei uova che avrei comunque pagato, oppure era normale quello che succedeva ogni volta quando andavo per comprare il pane.
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