Il ritratto del diavolo. Barrili Anton Giulio. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Barrili Anton Giulio
Издательство: Public Domain
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Жанр произведения: Зарубежная классика
Год издания: 0
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a bottega quando ti piace, anche oggi, se tuo padre si contenta, io mi contento e godo. Non metto che una condizione ad averti con me.

      –Quale? Io l'accetto fin d'ora;—disse Spinello, a cui brillavano gli occhi dalla contentezza.

      –Di tenere i tuoi tocchi in penna per me. Ci serviranno ad entrambi per ricordo di ciò che eri, quando sei entrato a bottega da me.—

      Spinello non capiva in sè dalla gioia. Un'ora dopo quella conversazione, egli tornava dal pittore in compagnia dì suo padre. Luca Spinelli e Jacopo di Casentino s'intesero facilmente, e il giovine Spinello rimase a' servigi del maestro.

      Quella sera, madonna Fiordalisa fu vista da lui nella luce modesta delle pareti domestiche. Dio santo, com'era bella! Due cotanti più bella delle altre volte, quando egli la vedeva in Duomo, agli uffizi divini, con gli occhi bassi e la testa e il collo gelosamente custoditi da un velo di seta bianca, assai largo, che le scendeva giù per le spalle.

      Vestita così semplicemente, d'una veste di ferrandina a larghe pieghe, le quali scendevano in bei partiti dal fianco, senza fronzoli che dissimulassero le curve gentili del busto con le maniche lisce e la radice del collo a mala pena coperta da un baveretto bianco, madonna Fiordalisa era un miracolo di eleganza e di grazia. La testa, incoronata di capegli castagni, e il profilo del volto rosato, mostravano una delicatezza di contorni e una soavità di espressione, che a lui veramente parve di non aver vedute prima d'allora.

      Fiordalisa riconobbe in quel giovine uno dei suoi cento curiosi ammiratori del Duomo. Egli, per altro, era il più riguardoso di tutti. Come mai aveva egli potuto essere il più ardito, tanto da penetrare per il primo in sua casa?

      Mentre questo pensiero si affacciava alla sua mente, mastro Jacopo le disse:

      –Ecco un nuovo scolaro. Sarà il primo di tutti, se continua come ha cominciato, e sopra tutto se non mette il capo alle frascheria della gioventù.—

      A quella parole di suo padre, Fiordalisa, che si era posta da principio in sul grave, divenne tosto più umana e salutò cortesemente il nuovo venuto.

      Egli, del resto, si contenne da uomo di garbo. Non aveva occhi che per mastro Jacopo e pendeva dalle sue labbra. Chi vuol la figlia, accarezzi la mamma, dice il proverbio. Ora la figlia di mastro Jacopo da lungo tempo aveva perduta la mamma, non restava a Spinello che di accarezzare il babbo. E i babbi s'accarezzano, stando a sentirli con attenzione, senz'altra noia che di dover dir loro ad ogni tanto: et cum spiritu tuo.

      Affrettiamoci a dire che Spinello non si annoiava punto in quell'ufficio modesto. Jacopo era un buon maestro e Spinello sentiva una gran voglia d'imparare. Finalmente se aveva l'aria di badar poco a madonna, questa non doveva apporglielo a negligenza. Si dicono tante cose, tacendo! Egli a buon conto, non ne diceva che una. Quando gli accadeva di muover la testa e di volgersi a lei, diventava del color della fiamma.

      Ora una donna, quando vede di simili cose, non ha mestieri di lunghi discorsi, nè di lunghe contemplazioni. L'essenziale è che conosca il valore delle tinte. Ma questo, come non conoscerlo, quando si ha per babbo un pittore?

      II

      L'entrata di Spinello Spinelli ai servigi di mastro Jacopo da Casentino fece chiasso nella scuola. Egli era caduto là come un sasso in una pozzanghera, facendo schizzare acqua e fango d'ogni parte. Sicuro, anche fango. Certe acque non appaiono pulite se non quando e fino a tanto son chete. Provatevi a rimestarle!

      Nella bottega di mastro Jacopo erano cinque garzoni. Di quei cinque, soli due potevano passare, ed essere considerati come speranze per l'arte. Gli altri non promettevano nulla, e mastro Jacopo li adoperava a mesticare i colori, a macinare le terrene sulla pietra, a far le imbasciate della bottega, a portargli la cartella dei disegni e la scatola dei pennelli, quando andava a lavorare fuori via.

      Quei cinque lasagnoni, com'egli spesso usava chiamarli, con dimestichezza punto piacevole a loro, si domandavano, Tuccio di Credi, Lippo del Calzaiuolo, Parri della Quercia, Cristoforo Granacci e Angiolino Lorenzetti, soprannominato il Chiacchiera. Nessuno di costoro salì in eccellenza nell'arte del dipingere, quantunque due, come vi ho detto, lo avrebbero potuto, cioè Parri della Quercia e Tuccio di Credi. Ma il povero Parri della Quercia morì giovane, non lasciando raccomandato il suo nome che ad una tavola di Santa Margherita, nella chiesa cattedrale di Cortona; e Tuccio di Credi…. Quanto a Tuccio di Credi, egli avrebbe fatto opera più degna, morendo lui, in luogo di Parri della Quercia.

      L'apparizione di Spinello Spinelli nella bottega di mastro Jacopo aveva destato un vero baccano in mezzo a quei cinque fattori. In primo luogo perchè nessuno sapeva che quel giovinottino elegante fosse un pittore. Per esser riconosciuti pittori, a quel tempo, bisognava essere entrati fanciulli ai servizi di un vecchio artista, aver macinata per qualche anno la terra di Siena, aver fatto cuocere il travertino, di cui si faceva il bianco per gli affreschi, e portata magari la zuppa al principale, quando lavorava sui ponti, e non ismetteva per tutta la giornata, temendo giustamente che gli avesse a seccare l'intonaco.

      Un'altra cagione di meraviglia tra i cinque scolari di mastro Jacopo era questa, che il nuovo venuto si presentava con un quaderno di tocchi in penna, che diceva di aver fatti lui, senza preparazione di studi. Questo, a dir vero, non significava nulla. Ognuno, a cui piaccia, può imbrattare un foglio di carta e credere d'aver fatto un disegno. Ma il guaio era che mastro Jacopo aveva lodati i disegni del nuovo venuto, proponendoli come esempio ai vecchi della scuola.

      –Ecco qua,—aveva detto, mettendo il rotolo dei fogli sotto il naso dei suoi fattori,—lasagnoni, imparate. Quando vi dico che bisogna copiare dal vero! Voi altri, invece, perdete il vostro tempo a grattarvi le ginocchia. Si intende, quando non giuocate a zara.—

      Rimasti soli davanti ai disegni di quel famoso artista che era piovuto dalle nuvole, i cinque scolari di mastro Jacopo avevano sfogliato il quaderno e guardato curiosamente ciò che formava l'argomento delle sue meraviglie. Si capisce alla bella prima che avevano trovato tutto mediocre. Non c'era franchezza di tocco; i contorni erano duri; gli atteggiamenti goffi; le pieghe così trite, che peggio non avrebbe fatto Cimabue nei suoi primi tentativi. Che cosa aveva inteso il maestro, proponendo loro ad esempio gli sgorbi di quel principiante? Di canzonarli, forse?

      In quella che stavano guardando e criticando alla libera, uno di essi scappò fuori con un grido di stupore.

      –Che cos'ha veduto, il Chiacchiera?—domandò Tuccio di Credi.—Forse il basilisco?

      –In fede mia,—ripigliò il Chiacchiera,—questo non lo ha veduto di certo il maestro.

      –Che cosa? Il basilisco?—disse ridendo il Granacci.

      –Questo ritratto;—rispose il Chiacchiera, senza badare allo scherzo dei compagni.—Perchè, infatti, è un ritratto. Vedete qua!—

      E levato dal quaderno il foglio che aveva destata la sua attenzione, lo pose sotto gli occhi della brigata.

      C'erano parecchie figure disegnate su quel foglio; ma il Chiacchiera ne indicava una tra tante, che si vedeva nel mezzo, tirata giù alla brava, come una impressione momentanea. Avete già indovinato che era una figura di donna. Con due tratti di penna era segnata la veste, lunga, a larghe pieghe, accennate, anzichè delineate, da qualche zaffardata d'inchiostro. Le braccia, che escivano di sotto ai lembi frastagliati del manto, si raccoglievano sul taglio della vita, e la mano destra, sovrapposta all'avambraccio sinistro, sosteneva un piccolo uffiziuolo. Sulla testa era gittato un velo che scendeva fino agli òmeri e si confondeva col manto. I contorni della figura e i pochi segni con cui era accennato il viso, apparivan di persona viva, colta da una mano maestra, sull'atto di recarsi alla chiesa.

      –Eh, che vi pare?—continuò il Chiacchiera.—Non la riconoscete?

      –La figlia del maestro!—gridò Lippo del Calzaiuolo.

      –To', è vero;—soggiunse Cristofano Granacci.—È madonna Fiordalisa.

      –Infatti,—disse a sua volta Parri della Quercia,—è proprio lei, o una che le somiglia di molto. Ma perchè dicevi tu dianzi che il maestro non ha veduto questo disegno! È impossibile che non abbia riconosciuta la sua figliuola.

      –Eh,—rispose il Chiacchiera, stringendosi nelle spalle,—in questo