nel mezzo del cammin di nostra vita!
Bene: questo manco di discrezione, o, come si dice ora, discernimento, che è? Dice Dante:[54] “Lo più bello ramo che dalla radice razionale consurga si è la discrezione. Chè, siccome dice Tommaso sopra al prologo dell'Etica, conoscere l'ordine d'una cosa ad altra, è proprio atto di ragione; e questa è discrezione„. Chi questo ordine non conosce, è come pargolo; chè essi “non conoscono le cose se non semplicemente di fuori, e la loro bontade, la quale a debito fine è ordinata, non veggiono„.[55] Chi manca di discrezione, vive, a guisa di pargoli, “secondo senso e non secondo ragione„, vive come se avesse la sola potenza sensitiva dell'anima. Nell'adolescenza, così è: quel bello ramo non è ancora sorto o almeno non è ancora fiorito. Dante esprime questo pensiero qua e là: due luoghi già riportai, e in tutti e due si ricorre all'imagine del traviare. Leggiamo:
Se il mondo presente disvia, in voi è la cagione. . . . . . . . . . . .
Esce di mano a lui, che la vagheggia
prima che sia, a guisa di fanciulla
che piangendo e ridendo pargoleggia,
l'anima semplicetta che sa nulla,
salvo che, mossa da lieto fattore,
volentier torna a ciò che la trastulla.
Di picciol bene in pria sente sapore;
quivi s'inganna, e retro ad esso corre,
se guida o fren non torce suo amore.
Onde convenne legge per fren porre;
convenne rege aver, che discernesse della vera cittade almen la torre.[56]
Ricordiamo ora qui che nel de Monarchia lo imperatore è dichiarato necessario, perchè “le volontà dei mortali, per via de' lusinghevoli diletti dell'adolescenza, hanno bisogno di chi le diriga„.[57] Per quel meraviglioso unificatore che è Dante, tutto il mondo umano ha, in certo modo, un'anima sola, e quest'anima, finchè ha sola la potenza sensitiva, deve avere chi discerna per lei, che ancora non sa: il re, l'imperatore. Se no, ella s'inganna, e quest'inganno fa disviare per sempre il mondo che diventa
di malizia gravido e coperto.[58]
E dell'anima in particolare de' singoli uomini, dice il medesimo:[59] “Dà... la buona natura a questa etade (l'adolescenza) quattro cose necessarie all'entrare nella città del ben vivere (la vera cittade). La prima si è obbedienza... È dunque da sapere, che siccome quelli che mai non fosse stato in una città, non saprebbe tenere le vie senza insegnamento di colui che l'ha usate, così l'adolescente ch'entra nella selva erronea di questa vita, non saprebbe tenere il buon cammino, se dalli suoi maggiori non gli fosse mostrato. Nè il mostrare varrebbe, se alli loro comandamenti non fosse obbediente; e però fu a questa età necessaria l'obbedienza„. Non ai suoi maggiori, ma a Beatrice disubbidì Dante, quando l'anima sua ancora non discerneva; le disubbidì, dopo che per alcun tempo ella coi suoi occhi giovinetti l'avea menato in dritta parte volto, le disubbidì, quando ella lo rivocava in sogno o altrimenti. E necessariamente entrò ed errò nella selva, perchè, non avendo discrezione, non poteva, senza obbedire a qualcuno, tenere il buon cammino.
V.
Ora questo manco di discrezione può condurre a ogni malizia sì il mondo sì un uomo in particolare; ma non importa già ogni malizia; anzi l'esclude. E non solo esclude ogni malizia, ma ancora ogni incontinenza. Che incontinenza è, secondo l'imagine e la definizione del Convivio, il non sottostare dell'appetito alla ragione “la quale guida quello con freno e con isproni„[60] o, secondo la comedia, il sottomettere la ragione al talento.[61] Ora, il difetto di discernimento potrà condurre a questo ricalcitrare e trascorrere, o a questa sommissione a rovescio ma non è propriamente questo e quello. Il che può essere manifesto dall'esempio che Dante stesso ci porta nella Vita Nuova del suo smarrimento quale narra nel Poema Sacro. Fu quello, dice Dante, un desiderio malvagio una vana intenzione, ed eccitò poi in lui pentito tale “raccendimento de' sospiri„ e tanto “sollenato lagrimare„, quale e quanto vediamo che in lui mossero poi le parole di Beatrice sul santo monte; eppure non si trattava che d'un “desiderio„ a cui il cuore, cioè l'animo o l'appetito “sì vilmente s'avea lasciato possedere alquanti die contra la costanzia de la ragione„.[62] Ora la costanza della ragione che è? Se incostanza, come insegna il buon frate Tommaso, pertiene a imprudenza, costanza perterrà a prudenza.[63] E se ciò fu difetto di prudenza, non altro fu dunque se non manco di quel lume che agli uomini è dato
a bene ed a malizia,[64]
non altro fu se non manco di quel conoscimento, come definisce S. Agostino,[65] di ciò che è da appetire e di ciò che è da fuggire, non altro fu se non manco di quella virtù che illumina appunto l'anima sensitiva, di quella virtù che consiglia l'anima semplicetta che sa nulla, quando non è più di pargolo.[66]
Innata v'è la virtù che consiglia,
che dell'assenso de' tener la soglia.
Questo è il principio, là onde si piglia
ragion di meritare in voi, secondo
che buoni e rei amori accoglie e viglia.
E che questa virtù che consiglia, sia nella mente di Dante proprio la prudenza e non, per esempio, più generalmente la ragione, apprendiamo dallo stesso Dante che dice:[67] “dalla prudenzia vengono i buoni consigli„. Or dunque se ella è la prudenza, come è, e se questa è il discernere tra ciò che è da appetire e ciò che da fuggire, e non fa ella se non accogliere e vigliare buoni e rei amori; quando uno ne è detto mancare, non si dice di lui se non che appetisca ciò che non è da appetire e che fugga ciò che non è da fuggire, e ami e desideri ciò che non è da desiderare e da amare; non si dice ancora che vada oltre il desiderio e l'amore, non si dice che faccia più e peggio che correr retro a quel picciol bene di cui l'anima semplicetta sente sapore. L'anima “ogni casa che da lungi vede, crede che sia l'albergo„, ma, se altro non le manca che la prudenza, se ella non è (per lasciar l'allegoria) intemperante o peggio, non entra già in questo che crede “l'albergo„; sì “non trovando ciò essere, dirizza la credenza all'altra„.[68] E così va e viene, e si smarrisce sempre più, perchè in nessun luogo entra.
E quello di Dante fu certo difetto di prudenza. Chè esso dice che fu “contra la costanzia de la ragione„ quel desiderio del suo cuore. Ora S. Tommaso appunto dice essere incostanza preferire un bene minore a un bene maggiore, come tutti i rimproveri di Beatrice, per quel che riguarda lo smarrimento, si assommano in questo, ch'egli aveva preferito altrui a lei, e le agevolezze e gli avanzi che si mostravano nella fronte degli altri al bene a cui lo menavano i suoi disiri, e le presenti cose caduche alle assenti eterne, e lei stessa viva a lei stessa morta;[69] così la viltà del suo desiderio, che racconta nella Vita Nuova,[70] si riduce a questo, ch'egli si cominciò a dilettare troppo di vedere una “gentile donna giovane e bella molto„ e a preferirla all'altra “nobilissima„ “gloriosa„ “gentilissima„. Ciò era l'incostanza della ragione, il che pertiene, come ho detto, a imprudenza: preferire un bene minore, la donna gentile, a un bene maggiore, la gentilissima Beatrice.
Ed esattamente è ancora esemplata nel trascorso di Dante, quale è a lui rimproverato da Beatrice, l'altra definizione di S. Agostino, il quale chiama la prudenza “un amore che per un certo suo fiuto (sagaciter) sceglie ciò che aiuta da ciò che impedisce„.[71]
Chè la gentilissima dice:[72]
Per entro i miei disiri
. . . . . . . . . . . . .
quai fossi attraversati, o quai catene
trovasti...?
Non