“Quasi per aggiungere lo scherno all’offesa, portava l’Escobar in presente un barile di vino e una mezzina di porco salato. Se ne cavassero la sete, un centinaio di bocche, quante ne lasciava alle due navi sdruscite la sollevazione del Porras! Quanto ad aiuto di navigli, il gran commendatore (lo avevano infatti promosso alla maggior dignità di Alcántara, e si era spogliato della commenda di Lares) non poteva far altro che promesse, e solo per dimostrare il suo buon animo mandava quella piccola caravella, l’unico legno che si trovasse ad aver sotto mano. Bisognava contentarsi delle promesse, e far buon viso a chi le portava. Gran mercè che Diego d’Escobar si fosse incaricato di portar anche una lettera del Mendez, dove quel buon servitore faceva relazione di tutto il suo viaggio: relazione attenuata, s’intende, poichè doveva passare sotto gli occhi dei nemici; ma il signor Almirante sapeva leggere tra le righe.
“Questi avrebbe voluto rispondere, non pure al Mendez, ma ancora al governatore. Ma venne il mattino, e la caravelletta era scomparsa. Diego d’Escobar non aveva avuto altro incarico che di spiare e di riferire all’Ovando se l’odiato Genovese fosse ancor vivo. Bartolomeo Fiesco, dal canto suo, potè immaginare che quell’esploratore fosse venuto anche un pochino per lui, per vedere se egli, con quel suo tronco di legno incavato, fosse riuscito ad afferrar la Giamaica, e quali notizie avesse portate al signor Almirante. Se questo era il disegno di Nicola Ovando, poco doveva profittargli la sua accortezza. Bartolomeo Fiesco, che già all’apparire della piccola caravella si era posto sull’avviso, e delle persone che lo accompagnavano aveva prudentemente nascoste quelle che gli premeva di non lasciar vedere ai curiosi, trovò modo di dire all’Escobar, nel cospetto del signor Almirante, come questi fosse già informato delle buone intenzioni di don Nicola Ovando.—Gliel ho pur detto io, non dubitate, che il signor governatore non ha per ora a San Domingo i legni necessarii per mandare a levarci di qui; e se anche non giungevate voi, egli era già ben persuaso della bontà e della cortesia, comunque per ora impotenti, del gran commendatore d’Alcántara che Dio guardi, a cui vi prego di rammentarmi come suo buon servitore.—Era una bugía necessaria; e con certa gente, del resto, non si nasconde mai abbastanza quel che si pensa di loro. Il Fiesco, dopo tutto, non si pentì di quella bugía, nè d’altre parecchie, che per difesa sua e degli amici gli fosse tornato di dire. Se poi son colpe, ne domanderà l’assoluzione al suo confessore.„
—Fossero tutte lì!—scappò detto a frate Alessandro.
—Ah, tu non vuoi starmi ai patti, frate scudiero!—esclamò il capitano Fiesco.—Polidamante, negagli il vino.
—Per carità!—riprese il frate scudiero.—Stavo appunto per accennargli di mescere; e vi chiedo assoluzione a mia volta. Sapete pure che in certi brutti momenti avevamo promesso di confessarci l’un l’altro. Ma proseguite, capitano, ve ne prego.—
Il capitano Fiesco bevette un sorso, e ripigliò la lettura.
“Ritornando ora al signor Almirante, dirò com’egli, confidando oramai d’essere prima o poi sovvenuto di navigli, e cedendo all’impulso del suo cuore sempre inchinevole a pietà, mandasse due uomini a terra, dei suoi più fedeli, per tornare all’obbedienza i ribelli, avvisandoli dell’arrivo della piccola caravella, e mandando loro a testimonianza del fatto, come della bontà sua, una parte dei presenti che gli aveva portati l’Escobar. Già si disponevano alcuni ad accettare il perdono; ma li trattennero i Porras, più infelloniti che mai. E così, dopo essere stati un pezzo a consiglio, rispondevano tutti ad una, non volersi fidare del perdono, nè del salvacondotto che mandava loro il signor Almirante. Volentieri se n’andrebbero quieti dall’isola, s’egli promettesse di dar loro uno dei due navigli che aspettava, o mezzo naviglio, se uno solo ne fosse arrivato; e frattanto, poichè avevano perdute tutte le cose loro, volesse egli spartire con essi tutte quelle che aveva. E rispondendo i due ambasciatori non esser patti ragionevoli i loro, replicarono arroganti che quanto non si concedesse loro per amore, saprebbero bene pigliarsi per forza.
“Altro aggiungevano i Porras, riscaldandosi via via. Bene conoscevano l’Almirante per uomo vendicativo e crudele. Per sè stessi non temevano, sapendosi forti di amicizie e protezioni alla Corte; bensì per tanti loro compagni dei quali egli avrebbe preso vendetta, sotto colore e nome di castigo. Per tali ragioni non si era fidato di lui Francesco Roldano; e bene gli era riuscito, essendo stato tanto favorito da far mandar l’Almirante carico di ferri in Castiglia. Nè essi avevano minor cagione o speranza di fare altrettanto. Della piccola caravella, poi, non era da creder niente; ad altri la dèsse ad intendere. Quella non era stata una caravella vera, ma un fantasma di nave, opera di negromanzia, essendo noto come valesse l’Almirante in quell’arte diabolica. Perchè, se era opera d’uomini, non era rimasta, scambio di apparire a vespro e di sparir nella notte? Perchè con nessuno della sua marinaresca si era potuto parlare? Se fosse stata vera, bene si sarebbe affrettato l’Almirante a imbarcarvisi, col fratello e col figlio. Con le quali e con altre parole indirizzate allo stesso proposito, ottennero i Porras che la gente si confermasse nella ribellione, deliberando ancora di muovere verso i navigli, per far bottino, e prender l’Almirante prigioniero; se pure già non pensavano di far peggio.
“E mandavano i fatti compagni alle parole, accostandosi alla spiaggia di Maima. Non era più tempo d’indugi. Scese l’Adelantado con cinquanta armati, risoluto di sanare quei cervelli matti con buone ragioni, se potevano bastare; con le cattive, se fosse stato mestieri. Giunto ad una collina, e fermatosi ad un tratto di balestra dai sollevati, Bartolomeo Colombo fece chiedere il capo loro a parlamento. Non risposero quelli alla proposta degli ambasciatori, e pensando di aver da fare con gente stremata di forze, brandendo le spade nude, e le lance che avevano, formati in un drappello, e gridando ammazza, ammazza, assalivano la squadra dell’Adelantado; avendo prima giurato i sei più valenti di non dipartirsi l’uno dall’altro, ma di volgersi tutti contro Bartolomeo Colombo, perchè, morto lui, non facevano stima degli altri. Il che non piacque a Dio che loro venisse fatto, essendo stati così ben ricevuti, che cinque o sei ne caddero per terra, tra i quali erano i più di quelli che avevano giurato di colpire l’Adelantado. E questi diè dentro così forte, uccidendo ed atterrando, che l’istesso Francesco Porras non fu più in tempo a fuggire; laonde, lui fatto prigione, voltarono le spalle quanti non eran caduti.
“Volentieri avrebbe Bartolomeo Colombo proseguito l’inseguimento e lo sterminio di quei malvagi. Ascoltò nondimeno il consiglio di tale che aveva veduti sopra un’eminenza i naturali in gran numero, e forse disposti a saltare sui combattenti, sotto colore di aiutare i sollevati, ma col proposito di opprimere i fedeli dell’Almirante. E di questo il consigliere non si loderà troppo, pensando che forse egli vide un po’ grosso, quel giorno; mentre forse era meglio sperdere in un colpo la mala semenza, poichè nessuno valeva forse meglio del loro capo prigioniero ed incolume, nè del suo fallito imitatore, lo speziale mastro Bernardo da Valenza; il quale, a detta del signor Almirante, avrebbe meritato d’esser fatto a pezzi non una volta ma cento.
“Bene o male che fosse, l’inseguimento cessò, e ritornammo ai navigli, menando prigione Francesco Porras con altri de’ suoi. Della nostra gente due soli i feriti; l’istesso Bartolomeo Colombo in una mano, assai leggermente, e un maestro di sala dell’Almirante, percosso di lancia in un fianco. Pareva una cosa di nulla; pure, in capo a pochi giorni, il disgraziato morì. Dei sollevati, per contro, moriva in battaglia Giovanni Sanchez di Cadice, quello che sulle acque del Betlem si era lasciato sfuggire il cacico Quibian, per avergli allentata in mal punto la fune; e taccio d’altri minori. Ferito in molte parti del corpo, e rovinato giù da una balza, guariva invece Pietro di Ledesma, il forte nuotatore che tuffatosi in acqua dalla nave di Colombo, aveva superata la barra del Betlem, giungendo alla piccola colonia dell’Adelantado, e riportandone per l’istessa via le tristi notizie al signor Almirante.
“E merita costui un particolare ricordo, per la stravaganza del caso. Per due dì, dal 19 maggio, che fu il giorno della battaglia, rimase in quella fossa, senza che alcuno sapesse di lui, o gli desse aiuto, tranne gl’Indiani; i quali con maraviglia, non sapendo come tagliassero le spade nostre, gli aprivano con istecchi le ferite; una delle quali nella testa, per cui si vedeva il cervello,