Politica estera: memorie e documenti. Francesco Crispi. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Francesco Crispi
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Языкознание
Год издания: 0
isbn: 4064066088132
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il conclave funzionerà nel Vaticano con tutta la pienezza della sua libertà. Mi soggiunse che tale sarebbe pur l'avviso del cardinal Guibert, dopo il di lui ritorno da Roma.

      Dopo ciò chiudo la lunga lettera con dirmi dell'E. V.

      Il devot.mo aff.mo amico F. Crispi.»

      

      «Parigi, 5 settembre 1877.

      Mio caro Depretis,

      Il 2 corrente ti spedii una mia ufficiale, alla quale dà seguito, anzi complemento l'acclusa. L'ho scritta in modo che tu volendo potrai, dopo averne preso copia, consegnarla al ministro degli Affari esteri.

      Lasciamo da parte le pastoie ufficiali e ragioniamo da vecchi amici e patrioti.

      Ho visto i principali uomini politici del paese, tra cui il Gambetta,[2] col quale sono rimasto lungamente, e il 3 corrente pranzai. Ho potuto quindi farmi un'esatta opinione delle cose francesi e saperne, per quanto possibile, le intenzioni.

Autografo riprodotto fotograficamente: lettera di Gambetta a Crispi.

      Immagine ingrandita.

      Autografo riprodotto fotograficamente: lettera di Gambetta a Crispi.[2]

      La Francia traversa una terribile crisi, di cui è difficile prevedere la fine. Il Governo attuale rappresenta una impercettibile minoranza, ma è ispirato da un comitato bonapartista, audace e senza scrupoli, ed ha nel suo seno un paio d'individui anch'essi audaci e senza scrupoli.

      I repubblicani si dicono sicuri della vittoria nelle prossime elezioni generali e mi espressero la stessa opinione, due giorni fa, alcuni conservatori, i quali dichiararono francamente: nous serons battus. Dubito che coteste convinzioni si mantengano dopo la morte avvenuta ier l'altro del sig. Thiers, o per lo meno dubito che l'importanza della vittoria possa essere tale quale si prevedeva prima di cotesta morte fatale. Ma avvenga pure la sconfitta del Governo, che ne verrà alla riunione delle Camere?

      Il sig. Thiers mi diceva nella nostra conferenza del 31 agosto che dopo quella riunione, Ministri e Presidente della Repubblica si dimetteranno, e che le due Camere allora, raccolte in Congresso nazionale, nomineranno un nuovo Presidente. Gambetta precedentemente mi aveva dette le stesse cose.

      Avverrà lo stesso ora che, morto il Thiers, è mancato il candidato sul quale avevano piena fiducia i conservatori che avevano accettato la Repubblica? I repubblicani rispondono di sì, e a leggere i giornali ne dedurrei che dopo la perdita gravissima dal paese patita, tutto procederà regolarmente e secondo i loro desideri.

      Lo auguro, ma la mia fede è molto scossa.

      E se Ministri e Presidente non si dimetteranno?

      I repubblicani dichiarano che non voteranno i bilanci.

      E se il Governo farà un colpo di Stato? Thiers non lo temeva, e perchè l'esercito non si presterebbe e perchè Mac-Mahon non n'è capace per povertà d'ingegno e di mezzi personali. Gambetta soggiunge che, in caso di un colpo di Stato, l'Esercito si scinderebbe in due e vi potrà essere la guerra civile.

      Comunque sia e quali possano essere gli avvenimenti, consideriamo questi dal punto di vista italiano.

      I republicani e i reazionari affermano che vogliono essere amici con l'Italia e che nulla tenteranno contro di lei. Credo ai primi, dubito dei secondi.

      Dubito dei secondi perchè il Comitato ispiratore dell'Eliseo è clericale, e il loro organo è il Figaro, che ha tanto insultato il nostro paese e il nostro Re....

      Non dirò che domani ci farebbero la guerra, perchè tutti, senza eccezione, i partiti politici hanno una salutare paura del principe di Bismarck, il quale essi credono non ci lascerebbe soli. Certo però ne cercherebbero l'occasione e coglierebbero il menomo pretesto per attaccare brighe con noi.

      E vedi quel che m'è avvenuto di constatare: in tutte le classi del paese si è fatta radicare l'opinione che l'Italia vuole fare la guerra alla Francia. L'ho combattuta questa opinione in quanti me l'hanno manifestata, ma ho dovuto riflettere che coloro che sono stati i primi a divulgarla hanno avuto in animo di prepararsi il motivo presso questo popolo per legittimare la guerra nel caso che un giorno essi ci attaccassero. Il certo però è questo, che i Francesi continuano i loro armamenti, e che tutti gli stabilimenti privati fabbricano armi d'ogni genere per questo Ministero della Guerra. Pensiamo dunque ai casi nostri, e teniamoci pronti a tutte le eventualità.

      Rispondimi a Londra per mezzo dell'Ambasciata, se non altro perchè io sia sicuro che ti siano giunte le mie lettere.

      Tuo di cuore

       F. Crispi.»

      «Parigi, 5 settembre 1877.

      Eccellenza,

      Prima di lasciar Parigi mi sento in dovere di darle conto delle ulteriori mie pratiche con questo governo.

      Il duca Decazes, l'indomani della nostra conferenza, è venuto a rendermi la visita. Ero assente e non ci potemmo quindi vedere. Quel giorno, era il 31 agosto, ero andato a St. Germain-en-Laye dal sig. Thiers, il quale, siccome l'Ec. V. ha potuto saperlo telegraficamente, è morto ier l'altro.

      Il ministro degli affari esteri avendo dovuto poi lasciar Parigi, mandò un suo impiegato dal sig. Ressman, primo segretario dell'Ambasciata italiana, onde disimpegnarsi della promessa datami per le chieste trattative in ordine all'art. 3 del nostro Codice Civile. Il Ressman e il detto impiegato si videro il 2 settembre e discorsero del suddetto argomento.

      S. E. mi fece sapere che avendo esaminato ciò che noi chiedevamo, dovette persuadersi che l'applicazione dell'art. 3 del nostro Codice Civile agli italiani in Francia non potrebbe farsi che con una riforma nella legislazione di questo paese e che a ciò sarebbe necessaria l'opera del Parlamento. Per ora di cotesta riforma non saprebbero occuparsi; più tardi se ne potrebbe parlare, ma a tal uopo converrebbe che l'Italia ne iniziasse le trattative nelle vie ufficiali.

       Il duca Decazes non è un simulatore, ma un uomo debole. A quanto pare avrà parlato col signor De Broglie, ministro di Giustizia, il quale presentemente ha tutt'altro in mente che il Codice Civile.

      Colgo quest'occasione per ripetermi ecc.

      F. Crispi.»

      7 settembre. — Colazione da Emilio de Girardin, rue La Perouse 27, Champs Elisées. Visita alle Camere di Versailles. Il Questore Baze.

      8 settembre. — Funerali di Thiers.

      9 settembre. — Da Garnier-Pagès. Henri Martin.

      «Parigi 9 settembre.

      Caro Depretis,

      Ebbi ieri il tuo telegramma, il quale tradotto suona così:

      «Approvo completamente quanto hai fatto e credo bene che senza recarti a Londra, ti rechi senz'altro a Berlino.»

      Martedì alle 3 di sera partirò per Berlino, dove giungerò l'indomani alle 7,45 di sera. Se lo crederò necessario, al mio ritorno passerò per Bruxelles e Londra. Mi regolerò secondo il bisogno.

      Sarei partito anche prima, se non fossi stato un po' incomodato. Da otto giorni fui turbato in modo che ho dovuto ricorrere al medico. Oggi sto meglio, e spero che potrò fare comodamente il viaggio.

      Qui ieri la giornata è passata tranquilla. Si temeva che i funerali di Thiers avrebbero dato il pretesto a qualche disordine. La calma del popolo fu veramente ammirabile. Qualche grido di vive la République, honneur à Thiers, vive Gambetta, e tutto procedette nell'ordine.

      Se il parigino dimenticherà di correre alle barricate, ma si condurrà ubbidiente alle leggi, la causa della libertà trionferà in Francia, e sarà un pegno di pace per l'Europa.

      Ai funerali intervennero tutti i rappresentanti esteri, ed anche il tuo amico, per ispeciale invito della Famiglia Thiers.

      Se vuoi scrivermi dirigi le lettere a Berlino all'ambasciata italiana.

      I