Adele si irrigidì, aspettando, gli occhi sgranati. “Sì?” disse velocemente. “Chi?”
“Si chiamava Antoni Bordeaux.”
“Antoni Bordeaux?” chiese Adele. Iniziò a rovistare nelle tasche, cercando di tirare fuori il taccuino di suo padre per appuntarsi il nome.
“Purtroppo, cara, temo ci siano altre brutte notizie,” disse la donna.
Le dita di Adele rimasero immobili, premute contro la gamba. “Oh?” disse. “Cioè?”
“Antoni Bordeaux è morto cinque anni fa. Mi spiace. Ma è il meglio che posso fare… Pronto? Mademoiselle? Sei ancora lì?”
Adele si schiarì la gola. “Sì, signora Glaude. Sono ancora qui. Scusi. No, grazie. Ha fatto più di quanto avrei potuto chiedere. Grazie.”
Adele salutò, chiuse il telefono e se lo infilò nuovamente in tasca.
“È morto qualcuno?” chiese John con indifferenza.
Adele non si rese conto di quanto la sua fronte fosse corrucciata, fino a che non si voltò a guardare il collega. Sbatté le palpebre, cercando di rilassare il volto. “Sì, in realtà.”
John si irrigidì. “Oh, mi spiace.”
“Non è uno che conoscevo.” Frustrazione e delusione le annodavano lo stomaco. “È morto cinque anni fa. Un sospettato, a dire il vero.”
John inarcò un sopracciglio. “Stai lavorando a un caso?”
“Forse. Se vuoi essere criptico sul tuo passato, allora permettimi almeno di fare lo stesso riguardo al mio.”
John alzò la mano libera in segno di umoristica resa, poi mandò giù il resto del suo bicchiere.
Da parte sua, Adele rimase ferma a pensare. Una strada senza uscita. Il postino era morto cinque anni fa. Eppure l’assassino di sua madre era ancora vivo, secondo quello che le aveva detto il primo killer che aveva catturato in Francia.
Scosse la testa furiosamente. Allora cosa diamine significava quel dannato messaggio da parte di sua madre? Scambiando biglietti. Buffo? Non aveva senso.
Si infilò le mani in tasca, posandole sul telefono da una parte e sul taccuino di suo padre dall’altra. Si avvicinò al divano di John e si sedette sul bordo, alzando i piedi verso di lui e incuneandosi nell’angolo, con le braccia incrociate.
“Brutta giornata in ufficio?” le chiese.
“La peggiore,” gli rispose.
“Mi viene in mente una cosa che potrebbe distrarti e non fartici pensare,” le disse, con il suo solito sorrisino malizioso.
Adele esitò, improvvisamente consapevole di quanto vicini fossero seduti. “John, non sono sicura che…”
Lui inarcò le sopracciglia di scatto. “No, no. Intendevo un altro bicchiere. Non farti ingannare dal mio bellissimo aspetto e dal mio fascino, principessa americana. Non sono un totale deficiente.”
“Solo un parziale deficiente, quindi?”
John picchiettò un dito sul proprio naso e poi la indicò. Infine si alzò in piedi, le prese la tazza dalle mani e la riempì di nuovo dal distillatore. Adele lo osservò, godendosi la scena.
Prima che potesse crogiolarsi troppo nella visione, il suo telefono iniziò a vibrare di nuovo.
Ancora la padrona di casa?
Prima che quel pensiero prendesse del tutto forma, un altro telefono iniziò a suonare. John si accigliò, prendendo il suo cellulare da dove l’aveva appoggiato, accanto al distillatore.
All’unisono, i due portarono i rispettivi telefoni all’orecchio e in tandem risposero. “Sì?”
La stanza rimase silenziosa per un secondo, mentre loro ascoltavano.
Dalla sua parte, Adele sentì: “Agente Sharp, deve fare rapporto nell’ufficio del direttore Foucault.”
“Adesso?”
“Sappiamo che è tardi,” disse la voce. “Ma è urgente. Il direttore sta arrivando. La aggiornerà lui sui dettagli.”
Adele riagganciò, e pochi secondi dopo anche John fece lo stesso.
“Sono stata convocata,” disse. “Tu?”
“L’assistente di Foucault,” le rispose.
Adele si accigliò. Devi andare di sopra da lui anche tu?”
John sospirò, andò a prendere la maglietta e se la infilò, quasi con aria riluttante. Poi, senza aggiungere una parola di più, passò accanto ad Adele e sottovoce mormorò: “La prossima volta tocca a te fornire il panorama.”
Uscì dalla porta del suo appartamentino e imboccò il corridoio.
Confusa per più di un motivo, Adele lo seguì rapidamente.
CAPITOLO QUATTRO
Il direttore Foucault stava accanto alla finestra del suo ufficio all’ultimo piano quando John e Adele entrarono. La porta di vetro opaco si richiuse alle loro spalle, frusciando sulla moquette, e Adele si schiarì la gola, guardando il direttore del DGSI.
Foucault si voltò. Aveva un volto da falco con folte sopracciglia scure e zigomi solidi. Normalmente teneva i capelli leccati indietro con l’olio, ma ora erano spettinati, con dei ricci che gli scendevano sulla fronte e quasi arrivavano a toccargli le sopracciglia. Si passò una mano tra i capelli, domando i ciuffi ribelli, la sua figura contornata dalla luce della luna che filtrava attraverso il vetro.
Indossava un paio di scarpe da ginnastica e una maglietta con pantaloncini da corsa. Adele non aveva mai visto il direttore senza un completo di giacca e pantaloni, e in qualche modo ora le sembrava un papà che aspettava di andare a prendere i figli all’allenamento di calcio.
“Signore,” disse Adele. “Voleva vederci?”
Foucault aveva una foto in mano e la stava osservando, le rughe sulla sua fronte profonde come solchi sulla creta. Agitò la foto in direzione di Adele, usandola quasi come a volersi fare aria.
John si mosse per primo avvicinandosi a lunghi passi alla scrivania. “È morta?” chiese, prendendo l’immagine.
Il direttore scosse la testa. “No,” rispose. Aveva una voce profonda e roca, segnata dall’effetto di qualche sigaretta di troppo. L’ufficio stesso sapeva di nicotina e fumo. Per fortuna una delle finestre nell’angolo era sempre aperta. Forse un’infrazione al protocollo di sicurezza, ma Adele stessa avrebbe corso il rischio, pur di preservare i propri polmoni.
Foucault agitò un dito in direzione della foto. “Americana,” disse. “Trovata ieri notte. Da un camionista.”
Adele si avvicinò a John, sentendosi in qualche modo più strana del solito a stargli così vicina. Non era realmente disagio, ma più che altro le dava un effetto di distrazione. Tossì leggermente e riportò l’attenzione sulla foto.
L’immagine lucida mostrava un volto sorridente, guance con le fossette e vibranti occhi azzurri. La donna nella foto non poteva avere più di vent’anni.
“Viva ha detto?” chiese John.
In risposta, Foucault porse loro una seconda foto.
La stessa donna, anche se Adele ci mise un po’ a capirlo. Era a malapena riconoscibile. La seconda immagine mostrava una ragazza dal volto pallido e scavato. Le guance erano scarne, malnutrite; i capelli sporchi e unti. Teneva gli occhi chiusi, e se Foucault non avesse appena affermato il contrario, Adele avrebbe dato per scontato che fosse morta.
La giovane vittima aveva lividi sulle guance e piccoli tagli visibili sulle braccia, proprio alla base dell’inquadratura.
“Cos’è successo?” chiese Adele.
“È quello che hanno bisogno di scoprire.”
“Lei non sa cosa sia successo?” gli domandò.
Il direttore Foucault