“Era una battuta?” le chiese Ryan. “Ti sei appena presa gioco della morte di un uomo per una misera risata?”
“Uuhh…” cominciò a balbettare la Guadino.
“Ti sto solo prendendo in giro. Era buona. Nient’altro?”
“Sì,” disse la Guadino, mettendo da parte l’umorismo e tornando ai fatti. “I danni al suo telefono si sono rivelati minimi. Siamo riusciti a risalire a tutti i suoi più recenti messaggi e al registro chiamate. Trovate tutto nella cartella. Ma non ha fatto chiamate né ha mandato messaggi nelle ore precedenti al prelievo di denaro.”
“Grazie, Guadino,” disse Jessie. “Da qui continuiamo noi. Tuoi puoi procedere e tornare al lavoro con la tua solita routine.”
La Guadino sorrise timidamente e se ne andò. Quando si fu allontanata, Jessie guardò Ryan.
“Stai pensando quello che sto pensando io?” gli chiese.
“Che in questo momento potresti farti un pastrami di segale?”
“Anche quello,” disse Jessie, felice di accogliere i suoi tentativi di alleggerire l’atmosfera, “ma anche che questa donna assomiglia sempre meno a un’amante. A quanto pare Gordon stava pagando per la sua serata. Penso che stiamo avendo a che fare con una prostituta.”
“Sono d’accordo,” disse Ryan. “Questo spiegherebbe il suo modo di incontrarlo nell’elegante bar di un albergo.”
“Le donne a volte passano le serate al bar, Ryan,” lo rimproverò lei. “Non significa sempre che siano delle prostitute.”
“Non intendevo in quel sens…”
“Sto solo scherzando,” disse Jessie, sorridendo. “Non sei l’unico capace di fare quel giochetto. Corrisponde al profilo. Ma questo non spiega perché non ci siano state comunicazioni telefoniche prima del loro incontro. Se questo era un primo appuntamento, dovevano per forza fissare i dettagli riguardo a dove e quando. Ma di questo non c’è traccia.”
“Giusto,” disse Ryan. “E non sembrava sorpreso di vederla, il che mi fa pensare che questa non era la prima volta che si vedevano.”
“Ma se si trattava di una cosa regolare, perché ha aspettato fino ad ora per ucciderlo? E perché derubarlo se era comunque intenzionato a pagare duemila dollari in anticipo?”
“Magari voleva assicurarsi che lui avesse davvero le tasche profonde e non stesse solo facendo finta. Ovviamente, una volta confermata la cosa, uno si aspetterebbe di vederla usare le carte immediatamente dopo averlo lasciato nella stanza. Doveva sapere che entro la mattinata sarebbero state bloccate. Ma non c’è un singolo acquisto.”
“Ho la sensazione che questa donna sia troppo furba per usare queste carte,” disse Jessie. “Ha indossato i guanti per l’intera serata. La scena era pulita. Sapeva come evitare le videocamere dell’hotel. Ricordi che non ci sono video di lei quando lui le fa cenno nella lobby? Non può essere che fosse così sprovveduta da rischiare di usare le carte e venire beccata dopo il fatto.”
“E allora perché prenderle?” chiese Ryan. “Che senso ha?”
“Magari per rendere più difficile un’identificazione della vittima? Ha preso anche la sua patente e questo non ha molto senso. O forse solo per umiliarlo ancora di più, per aggiungere l’insulto all’ingiuria. Sto pensando che potrebbe aver preso il Rolex per lo stesso motivo. Non perché valga un sacco di soldi, ma per l’incisione. Aveva un valore e un significato personali per Maines. Prenderlo potrebbe essere stato un modo per portare via il potere che derivava dalla sua identità.”
“Quindi non pensi che l’abbia dato in pegno?”
“Non ho detto questo,” disse Jessie. “Un orologio impegnato potrebbe richiedere più tempo per essere rintracciato rispetto a delle carte di credito. Se c’era qualcosa che poteva vendere, sarebbe stato proprio l’orologio. È un po’ tirata come opzione, ma penso che potremmo contattare i negozi della zona.”
“Incaricherò Dunlop di dare un’occhiata. È in buoni rapporti con quasi tutti i broker del centro. Se la donna ha cercato di impegnare l’orologio da qualche parte a est della 405, lui lo sa di certo.”
“Mi sembra bene,” disse Jessie. “Mentre tu lo contatti, io devo andare a controllare una cosa.”
“Non intendi ficcare il naso nel caso di Crutchfield, vero?” le chiese lui nervosamente. “Solo perché Decker non ti ha avvisata ufficialmente di stare alla larga, non significa che non intenda farlo.”
“No, Ryan,” rispose lei in modo secco alzandosi in piedi. “Non vado a ficcare il naso nel caso. Abbi un po’ di fiducia, puoi?”
Lui inarcò un sopracciglio, scettico, mentre lei si alzava e andava al secondo piano. Jessie gli rivolse un finto sguardo offeso prima di voltarsi verso le scale.
Non sto ficcando il naso nel caso. Vado solo a fare un paio di domande.
Si rifiutò di domandarsi se ci fosse effettivamente una reale differenza.
CAPITOLO SETTE
Jessie era sorpresa dal proprio nervosismo.
Andava raramente al secondo piano della centrale, che veniva usato per lo più come archivio e per gli uffici amministrativi. In effetti, mentre percorreva il lungo corridoio, non incontrò anima viva.
Si fermò davanti alla porta del piccolo ufficio contrassegnato con la semplice targa ‘G. Moses’ e bussò timidamente. Sentì un movimento di carte all’interno e poi quello che sembrava lo scricchiolio di vecchie ginocchia che si stendevano. Il rumore le fece scorrere un brivido lungo la schiena. Un secondo dopo, Garland Moses aprì la porta.
“Ho perso,” disse con la sua familiare voce roca quando la vide.
“Perso che cosa?” chiese Jessie sentendo la pressione sanguigna che improvvisamente aumentava.
“Avevo fatto una scommessa contro me stesso se saresti venuta a tormentarmi per la prima volta prima o dopo mezzogiorno. Sono le undici e cinquantasei, quindi ho perso. Devo a me stesso dieci dollari.”
Jessie fu sollevata che la stesse solo prendendo in giro, permettendole un momento di respiro prima di rispondergli.
“Beh, speriamo che tu sia veloce a pagare. Ho sentito che i tuoi metodi di riscossione debiti sono piuttosto rudi.”
“Non puoi neanche immaginare,” le disse Garland, rivolgendole qualcosa di molto simile a un sorriso. “Diciamo solo che c’è coinvolto anche l’utilizzo forzato di Metamucil.”
“Carino,” commentò Jessie con una risatina. “Quindi, per quanto dovrò ancora parlare educatamente della tua consueta routine prima di poter ricevere aggiornamenti sulla situazione?”
Garland fece un altro mezzo sorriso. Sembrava essere diventata un’abitudine.
“Entra,” le disse, spostandosi di lato.
Jessie fece un passo nell’ufficio prima di rendersi conto di non poterne fare uno di più senza andare a sbattere contro la sua scrivania.
“Pensavo che la gente parlasse con sarcasmo, ma questo era realmente uno sgabuzzino, vero?”
“Non mi serve un sacco di spazio,” le rispose, chiudendo la porta e passandole accanto per andare a prendere posto nella sedia dall’altra parte del piccolo tavolo. Oltre a questo, c’era una sola sedia per gli ospiti, una lampada da scrivania e un piccolo schedario. Per il resto la stanza era vuota.
“Immagino che tu non venga mai sommerso dalle carte, dato che ti assumi solo pochi casi all’anno.”
“Mi è sempre piaciuto ridurre al minimo le scartoffie, anche quando lavoravo a pieno regime. Una scrivania intasata corrisponde a una mente intasata.”
“Confucio?”