Non ostante la battaglia perduta a Cadesia, poteva un paese, tagliato da fiumi e da canali, essere uno schermo insuperabile per la cavalleria de' vincitori, e le mura di Ctesifone e di Modano, che avevano ributtato le macchine romane, non potevano essere abbattute da' dardi Musulmani; se non che fu determinata la rovina de' Persi dall'opinione che giunto fosse l'ultimo giorno per la religione e l'impero loro: i posti più forti furono, dalla vigliaccheria o dal tradimento di chi li guardava, abbandonati: e il re, seguitato da una porzione della famiglia e da' suoi tesori, ricoverossi in Holwan, alle falde de' colli della Media. Nel terzo mese dopo la battaglia, Said, luogotenente d'Omar, varcò senza ostacolo il Tigri: la capitale della Persia fu presa d'assalto, nè valse la disordinata resistenza popolare che a crescer l'impeto de' colpi de' Musulmani, che con religioso trasporto esclamavano: «Ecco il palazzo bianco di Cosroe; ecco adempiuta la promessa dell'appostolo di Dio». Improvvisamente la miseria de' masnadieri del deserto cangiossi in una ricchezza, che sorpassava ogni loro speranza, ogni idea. Ciascheduna camera di quel palazzo mostrava un nuovo tesoro, o celato con arte, o esposto alla vista con grande sfarzo: l'oro, l'argento, i mobili, le vestimenta preziose vinsero di gran lunga, a detta d'Abulfeda, tutti i calcoli dell'immaginazione, o la estensione de' numeri; ed un altro storico porta la somma inaudita, e quasi infinita di quelle favolose ricchezze, a tremila migliaia di milioni di pezze d'oro232. Qualche piccolo fatto, ma che alletta la curiosità, dimostra chiaramente il contrapposto della ricchezza coll'ignoranza. Racchiudea la città gran provvigione di canfora233 venuta dalle lontane isole dell'oceano Indiano, la quale doveva essere mescolata alla cera che serve a illuminare i palazzi d'oriente. Non conoscendo nè la proprietà, nè il nome di quella gomma odorosa, i Saraceni la credettero sale, ne misero nel pane, e stupirono a sentirne l'amarezza. Un tappeto di seta, lungo sessanta cubiti e largo altrettanto, ornava un appartamento del palazzo, e rappresentava un paradiso, o giardino, con fiori, frutta, arboscelli ricamati in oro, o raffigurati con pietre preziose, e il tutto circondato da un contorno verde variato da più colori. Il generale Arabo, persuaso con ragione che il Califfo potrebbe mirar con piacere questo bel lavoro della natura e dell'arte, indusse i soldati a rinunciare questa parte di bottino. Il rigido Omar, senza por mente a' pregi dell'arte e della regia magnificenza che sfoggiavano in quella composizione, ne distribuì i frammenti a' suoi fratelli di Medina. Il disegno fu distrutto; ma tanto era il valore della materia, che la sola porzione d'Alì fu venduta ventimila dramme. Fu arrestato un mulo che trasportava la tiara e la corazza, la cintura e i braccialetti di Cosroe, e questo bel trofeo venne offerto al comandante de' fedeli: i più gravi de' suoi compagni non contennero le risa guardando la barba bianca, le braccia pelose e la goffa figura di quel vecchio soldato adorno delle spoglie del gran re234.
Dopo il saccheggio di Ctesifone, questa città ben presto abbandonata andò a poco a poco in rovina. Non piaceva a' Saraceni nè l'aria, nè la situazione, e ad Omar fu consigliato da un suo generale di portar la sede del governo su la riva occidentale dell'Eufrate. Furono in ogni tempo e facili e pronte la fondazione e la rovina delle città d'Assiria. Manca il paese di legname da costruzione e di pietre: i più solidi edificii235 son di mattoni cotti al sole, e uniti con un cemento di bitume che si trova nel paese. Il nome di Cufa236 non può dare altra idea che d'una abitazione fabbricata di canne e di terra; ma una ricca, numerosa e brava colonia di veterani popolava allora quella nuova capitale, e la facea ragguardevole: i Califfi più saggi, per tema di provocare a sedizione centomila guerrieri, ne tolleravano le licenziose abitudini. «Abitanti di Cufa, diceva Alì nel domandarne il soccorso, vi siete sempre segnalati in valore. Avete vinto il re di Persia, e teneste sperperate le sue forze sino al giorno in cui vi insignoriste del suo retaggio». Le battaglie di Jalula e di Nehavend poser termine a sì gran conquisto. Perduta la prima, Yezdegerd non si credette più sicuro in Holvan; andò a celare la sua vergogna e la disperazione nelle montagne del Farsistan, da cui Ciro era disceso co' suoi prodi campioni, allora suoi eguali. Al coraggio del monarca sopravvisse quello della nazione; in mezzo alle colline meridionali di Ecbatana, ossia Hamadan, cento cinquantamila Persiani tentarono un terzo ed ultimo sforzo per difendere la religione e il paese nativo, e gli Arabi alla battaglia decisiva, accaduta in Nehavend, posero il nome di vittoria delle vittorie. Se è vero che il general Persiano fosse preso in mezzo ad una truppa di muli e di cammelli carichi di mele che lo avea fermato nella sua fuga, questo accidente, per quanto possa comparirci leggiero o singolare, giova ad indicarci quali inciampi237 dovesse soffrire nel suo cammino un esercito d'oriente dal lusso che l'accompagnava.
A. D. 637-651
E Greci, e Latini parlarono molto imperfettamente della geografia della Persia; ma pare che le sue città più celebri sieno anteriori all'invasione degli Arabi. La conquista di Hamadan e di Ispahan, di Casvino, di Tauride e di Rei, venne avvicinando a poco a poco questi vincitori alle rive del mar Caspio, e gli oratori della Mecca ebbero campo di celebrare i trionfi e il valor de' fedeli, i quali avean già perduta di vista l'Orsa settentrionale, e trapassato quasi i limiti del Mondo abitato238. Volgendosi di poi alla parte dell'occidente dell'impero Romano, varcarono di nuovo il Tigri sul ponte di Mosul, e in mezzo alle province prigioniere dell'Armenia e della Mesopotamia abbracciarono i loro concittadini dell'esercito di Sorìa, i quali avevan pure ottenuto grandi vittorie. Dal palagio di Modano si incamminarono di bel nuovo verso oriente, e non furono nè meno rapidi, nè meno estesi i loro progressi. Si inoltrarono lungo il Tigri, e il golfo di Persia, e, valicate le gole delle montagne, sboccarono nella vallata di Estachar, ossia Persepoli, e profanarono l'ultimo santuario dell'impero dei Magi. Credè il nipote di Cosroe d'essere sorpreso fra le colonne che crollavano e fra le statue mutilate, miseri emblemi della passata e della presente fortuna persiana239; attraversò fuggendo colla massima celerità il deserto di Kirman; implorò l'aiuto dei bravi Segestani, e andò in traccia d'un oscuro ricovero sulla frontiera dell'impero dei Turchi e di quel dei Cinesi: ma un esercito vittorioso non teme fatica: divisero gli Arabi le forze loro per inseguir da ogni lato il timoroso nemico, e dal Califfo Othmano fu promesso il governo di Korasan al primo generale, che penetrato avrebbe in quella contrada vasta e popolosa, già regno un tempo della Battriana. Fu accettata