Sarebbe un beneficio per noi, collega! L'uomo che non teme d'errare è probabilmente un imbecille, ma è sempre un uomo felice. E sur ça, prendo congedo.
(dissimula un moto di sollievo, facendo atto di sollecita condiscendenza.)
(Si alzano. Si stringono la mano.)
Le proffero toto corde, Francesco Floriani, la mia amicizia e la mia gratitudine.
Rifiuto la gratitudine, accetto l'amicizia. (Scorciando) La sua carrozza, Professore, è al cancello del giardino?
No. L'ho lasciata giú, alla svolta. Ho voluto discendere lí per ammirare dappresso il marmoreo angioletto che addita, con l'indice teso, l'asilo salutare.
Una puerilità.
Un gentile simbolo poetico.
(precedendolo verso il fondo) Per di qua, Professore. Da questa parte troverà piú presto la sua carrozza.
Non si dovrebbe scegliere la via piú breve uscendo da un luogo donde si esce a malincuore…
(sulla porta gli dà il passo. E via, con lui.)
(entra, zelantissimo, dalla sinistra, togliendosi il berretto.) Signor Direttore… (È un omino attempato, segaligno, arzillo, col naso aguzzo, con gli occhietti neri, tondi, mobilissimi, lucidi.) (Guarda attorno.) Non c'è… (Consulta il suo orologio.) Le quindici e tre minuti! (Severo) A quest'ora non dovrebbe muoversi dal suo studio. (Consulta di nuovo l'orologio.) Precisamente: le quindici e tre minuti! (Ricorda, brontolando, gli ordini del Direttore:) «Dalle quindici alle diciassette ricevo tutti. Annunzierai chiunque chieda di essere ricevuto.» E poi?.. Non c'è! (Scontento ed energico, chiama:) Signor Direttore!.. Signor Direttore!..
(dal fondo) Perché gridi cosí, Michele?
Per chiamarvi.
Di': che vuoi?
Che voglio?.. Eseguo i vostri ordini con l'orologio alla mano. (Lo cava fuori ancora una volta) «Dalle quindici alle diciassette ricevo tutti. Annunzierai chiunque chieda di esser ricevuto.»
Oggi, no.
(burbero) Oggi, no?!.. E non mi avete avvertito! Voi rimettete la testa sul collo a coloro che l'hanno perduta, e a me la fate perdere.
Non chiacchierare troppo. Michele, e modera il tuo zelo. Chi c'è di là?
Un tale a cui non garbava di declinare il suo nome. Pretendeva di non essere annunziato. Pareva che entrasse in un caffè, in una trattoria, o peggio. – «Di qui, senza nome, non si passa!» – «Io sono sempre passato e passerò.» – «E io, da sei mesi che mi pregio di stare al servizio del dottor Francesco Floriani come custode della sua Casa di Salute, non vi ho mai visto. Voi non passerete!»
Ti lodo, Michele, ma adesso non ti dispiaccia di abbreviare.
L'ho messo alle strette e finalmente mi ha incaricato di annunziare (calcando le parole:) «Ulrico Nargutta, ex pazzo.»
(con una certa emozione) Ulrico Nargutta!.. Fallo passare! Fallo passare immediatamente!.. È come una persona di famiglia. Sii molto riguardoso con lui; e gli permetterai di entrare e di uscire quando vorrà.
Non devo annunziare – caso mai – nessun altro?
Nessun altro. Vai, Michele! Non indugiare di piú.
(con autorità) E mi raccomando: niente contrordini.
Niente contrordini, non dubitare.
(impettito e minaccioso) Si presenti anche il signor Domineddio, lo mando al Diavolo!
(tra sé) Venga, venga il mio vecchio amico! Con lui non sarò obbligato a reprimermi, a mascherarmi… (S'appressa alla porta dalla quale è uscita Agnese, e v'inoltra lo sguardo.)
(comparisce dal lato opposto, e si ferma profilandosi in una comica prosopopea.) Ulrico Nargutta, ex pazzo!
(si volta. – Non si raccapezza.) Tu sei Ulrico?!
Ne sono sicuro.
In fede mia, incontrandoti per istrada, non avrei potuto ravvisarti. Lascia che ti abbracci, disertore! Ho molto piacere di averti recuperato.
Recuperatissimo!
(abbracciandolo) Ma ti sei proprio costruito un altro aspetto!
S'intende bene! Non piú capelli lunghi, non piú la selvatica vegetazione della barba e dei baffi, viso limpido, bocca sorridente, un elegante monocolo che rende vezzoso l'occhio piú guercio: tutto un insieme conveniente e quasi attraente. Veste nuova per l'uomo rinnovato! Il pazzo che tu non sapesti guarire non c'è piú. Fammi le tue congratulazioni, e dichiara che come medico sei una bestia.
Lo dichiaro volentieri, e non esito a congratularmi con te.
Non ci vediamo, su per giú, da un anno, a misura di calendario.
E non c'è stato mezzo di rintracciarti. Io ignoro sempre la tua abitazione.
Per lo piú, la ignoro anche io!
E in quest'anno?..
Metamorfosi! Metamorfosi e guarigione completa! Ti prego di credere che sei al cospetto del piú savio degli uomini!
Non è inverosimile.
Mi sono guarito da me, caro il mio dottore!
Neppur questo è inverosimile.
Ma il merito – spieghiamoci – non è tutto mio.
Sei modesto!
Mi son fatto consigliare… Indovina da chi.
Non indovino. Dimmelo.
Mi son fatto consigliare dall'umanità.
Il consiglio dell'umanità è la somma di parecchi milioni di consigli.
Ma rettifico: da una parte dell'umanità mi son fatto consigliare.
Dalla migliore.
Dalla peggiore! (Siede a cavalcioni su una seggiola.) Mi attengo, t'avverto, al giudizio corrente, tanto per capirci.
Il che, peraltro, non è indispensabile.
Secondo il giudizio corrente, è la parte peggiore dell'umanità quella nella quale funzionano brutalmente il sangue, la carne, i nuclei nervosi, i cinque sensi con le loro volubilità e attribuzioni cooperative, e nella quale è disseccata o ridotta a proporzioni minime la vita morale. Io ho aboliti tutti gli accidenti della vita morale, da cui provengono le nostre inquietudini, le nostre incontentabilità, le nostre sofferenze, i dibattiti, gli attriti, gli