Sibilla de Gagis ed Elisabetta de Wans: due testimoni per un’inchiesta
Tommaso cantimpratano è di Lutgarda devoto cronista. Egli si pone il problema legato al valore testimoniale ed edificante del racconto, si pone il problema della veracità di esso e, volendo dare un impianto di carattere storico all’insieme delle parti che costituiscono il testo, mette in parallelo le testimonianze di chi Lutgarda l’ha conosciuta. Pur senza prescindere dalla messa in rilievo della suggestionabilità dei testimoni, l’autore sottolinea nella sorpresa un indicatore di autenticità; lui stesso non ha mai sentito nulla di simile all’esperienza di Lutgarda e alla virtù di questa, eppure continuamente ripete «quid mirum?», appunto per sottolineare come la sua madre spirituale viva con estrema naturalezza il suo itinerario di rigorosa sequela di Cristo. Molto interessanti sono citazioni come: «non erroneum testimonium habeo»;1 «in testimonium veritatis»,2 o ancor di più: «Qui vidit, testimonium perhibuit, et scimus quia verum est testimonium eius»,3 in cui si indravede una reminiscenza del De Trinitate Dei4:
Nec credo vitam alicuius, quæ tot virtutum insignia et mirabilium ac miraculorum prærogativas in se contineat, a multis retroactis annis fuisse descriptam. Si autem quæritur, quomodo legentibus fidem faciam de iis omnibus, quæ conscripsi: breviter dico, quod ipse Christus testis et judex sit, quod plurima ex iis ab ore ipsius piæ Lutgardis, sicut familiarissimus eius, accepi: et in iis nullum ita temerarium credo, qui eius testimoniis contradicat: cætera vero a talibus me percepisse profiteor, qui nequaquam a veritatis tramite deviarent. […]. Cum ergo caritas omnia credit, omnia sustinet; peto ab iis, quibus Deus spiritum suæ caritatis infudit, ut credant his siqua sunt sancta, siqua utilia, siqua veritati consona proponuntur; simulque sustineant patienter, siqua minus apte, siqua minus litteratorie vel indiscrete posuero: quæ tamen propter hæc minus debite ab improbis repelluntur. Bonorum enim ingeniorum, ut dicit gloriosissimus Augustinus, insignis est indoles, in verbis verum amare, non verba. Neque enim aurum minus pretiosum est, quod de terra tollitur; neque vinum minus sapidum, quod de vilibus lignis excipitur. Ergo non solum vos, sed omnium monasteriorum Brabantiæ cœtus virginum, Vitam piæ Lutgardis suscipiant; ut quæ in fama virtutis notissima omnibus fuit, ipsa brevi libelli huius insinuatione plenius innotescat; augeatque legentibus virtutem et meritum, quibus præscriptum aderit virtutis exemplum. Valeat vestra sancta et sincera benignitas, et mei vos memores in orationibus vestris Divina pietas incolumes tucatur; Amen.5
Nel Prologo si parla di «fides», e cioè di «affidabilità», e si invoca il giudizio di Cristo stesso. In più si fa appello al gloriosissimus Augustinus, del quale è riportato il pensiero senza indicarne la fonte, che in questo caso è il De doctrina Christiana.6 Quanto alla divisione dei libri, si segue la scansione di progresso spirituale, sulla quale torneremo; ad ognuno dei tre libri cioè è correlata una condizione del direttorio ascetico, in base alla tripartizione dei Sermones super Cantica di Bernardo di Chiaravalle:7 incohantes o vulnerati (status poenitentiae); proficientes o anche fatigati (status pugnae); infine perfecti ossia delicati (status vitae contemplativae).8
La narrazione di Tommaso di Cantimpré, la stesura di questa biografia che è insieme edificante e propagandistica, si sostanzia di alcuni testimoni, abbiamo già detto, chiamati a suffragare la fondatezza della grandezza di Lutgarda. Due sono le testimoni più attendibili: Sibilla de Gagis, che aveva servito Lutgarda devotamente, ed Elisabetta de Wans, la nobile sposa di nozze bianche, intima della pia Lutgarda. Elisabetta non solo acquisisce progressivamente il dono della profezia, ma è pure vittima di rapimenti in cui le visioni si manifestano in maniera praticamente analoga a quelli di Lutgarda. Non è forse errato pensare a Elisabetta come a un doppio della sua maestra e non soltanto in quanto, esattamente come questa, Elisabetta viene rapita in estasi, ma pure perché, acquisendo il dono del vaticinio, la donna parla con gli spettri dei nascituri e conosce le sorti di quelli che verranno. Estremamente esemplificativa è la manifestazione del colloquio col crocifisso, che avviene in base ai racconti di Lutgarda: Cristo stacca cioè la mano dalla croce e la consola. Si veda per esempio questo luogo del Commentarius:
Addit ex Ms. Hagiologio Sanctorum Brabantiæ Rayssius sequentia. Hanc pedetentim per tres circiter annos Christi ad Crucem affixi statua undique sequebatur; et si quando immundis ac fœdis vexaretur cogitationibus, manum de cruce porrectam suo superponebat pectori, et actutum perversas omnes animi cogitationes abigebat: sæpius etiam Angelicis colloquiis fruebatur. Ad amœna virentis paradisi die quadam evecta est; ubi quidem tam ex viventibus et natis, quam etiam nascituris, qui æterna gloria potituri erant; et, quod admirabilius est, in quo statu, virginitatis aut coniugii singuli glorificandi essent, spiritu revelante cognovit. Hos igitur cum postea in hac vita videret, quorum similitudines viderat in cælis, licet et antea ignoti essent, ex facie specialissime agnoscebat; et subito in ictu oculi, in singulis meritorum ac statuum differentiam discernebat.9
Un confronto sinottico con la scena in cui Gesù Cristo incede verso Lutgarda mentre la cisterciense è all’ingresso della chiesa probabilmente darà ragione delle tangenze intrattenute dal cammino di perfezione percorso dalla vidua Elisabetta nei confronti di quello della mistica sua maestra:
In ipso ostio ecclesiæ ei Christus cruci affixus cruentatus occurrit: deponensque brachium cruci affixum, amplexatus est occurrentem, et os eius vulneri dextri lateris applicavit. Ubi tantum dulcedinis hausit, quod semper ex tunc in Dei servitio robustior et alacrior fuit. Referebant qui hæc, illa revelante, illo in tempore et diu postea probaverunt, quod saliva oris eius super omnem mellis dulcorem suavius sapiebat. Quid miri? Favus distillans labia tua, Sponsa; et mel divinitatis, et lac humanitatis Christi, etiam tacente lingua, cor interius ruminabat.10
Ancora una volta, il meccanismo di rispecchiamento della vicenda di Elisabetta, come proiezione della biografia della veggente belga, si può rinvenire a proposito del ritratto a penna della beata vedova Wans. A saldare le due storie il tòpos del romanzo cortese. Di nobile stirpe, la monaca testimone, prima di entrare a far parte dei gigli del Cistercio, è data in sposa a un soldato «affidabilissimo», con il quale convola a nozze, restando tuttavia «impolluta virgo»:
Præter Sibyllam, sub eodem Beatæ titulo, eiusdemque Octobris ac diei IX nota, eo quod alius nullus occurreret aptior, refertur etiam a Rayssio, Elisabetha de Wans, quæ quondam (ut hic dicitur lib. 3. cap. 21) in Campania Galliæ apud S. Desiderium fuerat Abbatissa, abdicataque Prælatura Aquiriam transierat. De hac Cantipratanus lib. 2. cap. 5. §. 4. ait, quod genere et vita nobilis, a cunabilis fere Christo devotissima fuit: cuius sanctitati parentes eius simpliciter invidentes, eam Militi probatissimo, licet invitam, in coniugium tradiderunt, cum quo in uno lecto annum integrum agens, virgo tamen impolluta permansit.11
Non dissimile è la vicenda della mater di Tommaso di Cantimpré, che va incontro a numerose traversie prima di diventare monaca. Per raggiungere il Cistercio di Aywières, infatti, la giovane Lutgarda era dovuta fuggire di notte nel bel mezzo della foresta, sottraendosi così a un malfattore.12 Ma la messa a fuoco del romanzo cortese di Lutgarda merita uno spazio a sé, a cui dedicheremo, fra poco, un’ampia argomentazione.
La struttura del testo
Come già la Vita di Giovanni di Cantimpré (scritta sempre da Tommaso fra il 1223 e il 1270), questo «liberzolo» è sottoposto all’«anatomia» dei Sermones di Guglielmo di St. Thierry (nel primo libro è descritta la vita inchoans, nel secondo quella proficiens, nel terzo quella perfecta), dando luogo a un percorso in cui la natura animale della sposa di Cristo Lutgarda si evolve fino al raggiungimento della piena perfezione.1
La tripartizione dell’opera dà vita a un gioco di corrispondenze sistematiche: la prima parte