Lutgardis luxit; vitam sine crimine duxit; [cum epitaphio]
Cum Christo degit, quam lapis iste tegit.
Esuriens hæc et sitiens cælestia, luxit;
Mera dies, sponsi facies, illi modo luxit.
Hæc speculum vitæ, flos claustri, gemma sororum;
Fulsit in hac pietas, compassio, gloria morum.13
Da notare la triplice anafora del verbo luceo («luxit», brillò), ripresa nell’ultimo verso da «fulsit». Oltre ad alcune rime interne, che danno forse luogo a un insieme stilisticamente un po’ goffo («luxit» – «duxit» v. 1, «degit» – «tetigit» v. 2, «esuriens» – «sitiens» v. 3, «dies» – «facies» v. 4), riluce al v. 5 l’espressione «speculum vitae», riferito al valore dell’esemplarità della vita in cui rispecchiarsi.
Le sequenze qui riportate hanno tutti crismi di frammenti polinodali: hanno un impianto agiografico, quindi didascalico, ma presentano in pari tempo finalità soteriologiche ed elementi di raccordo rispetto ad altri testi coevi, testi di monache e beghine vissute tra le Fiandre e il Brabante, ma pure di religiosae mulieres tedesche e, come già segnalava Romana Guarnieri, forti tangenze nei confronti delle Vitae delle bizzoche del Centritalia.14 Tommaso di Cantimpré scrive la vita di Lutgarda e più in generale queste Vitae matrum prendendo coscienza progressivamente del valore di queste mulieres, del tracciato descritto dal vissuto di tutte loro le quali pur vivendo ai margini dell’istituzione ecclesiale e del contesto sociale, divengono exempla.15 Sono opere enciclopediche, arazzi densi di informazioni estremamente preziose per ricostruire l’ambiente del tempo, dai menologi dei benedettini, dei cistercensi e delle spiritualità cui i reclusori beghinali erano legati, via via sino alle finalità propagandistiche con le quali queste donne divengono i simulacri di un culto che va impresso e trasmesso, attraverso i testi e le immagini.
Da Tommaso a Baro le Roy: stile del testo, codici manoscritti e edizioni a stampa
Non è affatto facile presentare uno status quaestionis sulla Vita Lutgardis, mai editata e, in un certo senso, ancora «sepolta» nella congerie degli Acta Sanctorum. Si cercherà di delineare qui un quadro filologico in base a una lettura del testo che prenderà le mosse dal Commentarius praevius, da questo «libretto d’istruzioni» introduttivo da sottoporre a un’analisi, a mo’ di tabula orientativa.
Anzitutto il Commentario preliminare ci dà notizia di come la memoria di santa Lutgarda, vergine brabantina, sia inserita nel sedici di giugno all’interno del Martirologio romano, in base alle indicazioni del manoscritto Florario e di altri manoscritti redatti ad uso delle chiese belghe.1
Il testo degli Acta Sanctorum, quello su cui lavoreremo noi, non è tuttavia l’unico ad aver trasmesso l’agiografia di Lutgarda perché, sebbene con molteplici omissioni, già Lorenzo Surio (1522-1578), dopo averlo emendato (essendo per lui eccessivamente «simplex»),2 ne pubblica una, di cui non si ha traccia; tornando al testo degli Acta, fondamentale è capire quali siano i codici alla base del nostro scritto d’appoggio, vale a dire: l’autorevole codice del Collegio di Bruges, il manoscritto presente nella Biblioteca dei Canonici Regolari nella Valle Rubea, nei pressi di Bruxelles, e infine un ultimo codice vagliato da Alberto Mireo.3
Il nostro testo presenta un’impostazione di forte connotazione storica, alla quale è quasi totalmente sacrificata l’eleganza formale. Non sussistono infatti molte elaborazioni retoriche, né particolari artifici letterari, volendo rispondere prevalentemente a obiettivi di veridicità.
L’opera sistematizzata dai Bollandisti si presenta con un numero progressivo di colonna, inserito tra parentesi quadre, e molte annotazioni interpolate e segnalate da simili parentesi, probabilmente opera di Giovanni Molano (†1585), sommari o commenti parziali, ma sistematici.4 Vi sono inoltre delle note erudite, di carattere tecnico, talvolta esplicativo, e viene data una scansione in capitoli titolati. Dopodiché è data un’informazione preliminare sull’autore, e quindi il passaggio dai Canonici Regolari all’Ordine dei Predicatori, le lodi alla nobiltà d’animo, alla rettitudine morale e l’ammirazione palesata da noti personaggi, tra i quali ricordiamo Roberto Bellarmino e Giusto Lipsio.5 Infine, in III, 19-20, quindi a conclusione della storia, veniamo a sapere come non soltanto la vicenda qui trascritta da Tommaso sia un modo per rendere grazie alla Santa cui era ed è devoto, ma una forma attraverso la quale pagare tributo alla badessa Hadeweijch, che gli aveva promesso in cambio, come reliquia, la mano della cisterciense fiamminga.
Infine, da un punto di vista stilistico, ricorrono delle appendici ai capitoli, appendici scritte in versi. Ad esempio, in III, 2, un luogo in cui è riferito il racconto della teutonica relativo all’ascesa al cielo di Giordano, generale dell’Ordine dei Predicatori, al quale la narratrice avrebbe assistito bilocandosi, leggiamo:
Hic terram sanctam adiit illic fratres invisere, [prope Terram sanctam submerso,]
Sed cum per mare rediit.
Mergendo cœpit psallere,
Christumque benedicere,
Sicque cælum mox subiit,
Ut signis datur credere.
Nec mora: mox incanduit
Columna lucis maxima,
Quæ dum de cœlo micuit,
Membra lustravit sanctissima;
Et quo transisset anima
Videntes scire voluit.
In re manifestissima,
Adiecto sacro littori
Cæli lampas emicuit:
Quæ ter superstans funeri,
Quarto quoque resplenduit,
In hunc quem secum habuit.
Et sic recursu celeri
Rapta nube non patuit.
Corpus fragrans mirifice
Curatur a fidelibus.
A Græcis dantur unice
Latinis et Gentilibus
Laudes Christo cum fletibus.
Et sic verum magnifice,
Sub tribus patet testibus.6
Per quanto attiene al discorso delle edizioni a stampa, oltre a quella di Surio, ne viene realizzata una a Madrid nel 1627 fondata, oltre che sulla Vita Sanctae Lutgardis, anche su una vita ulteriore con digressioni esortative alle monache di quella stessa città, opera questa dalla quale sarebbe stata tratta successivamente una traduzione italiana uscita a Venezia nel 1661. L’edizione del 1627, intitolata Sponsa Christi e posseduta da Bernardino de Villegas, avrebbe avuto come traliccio, stando sempre alle notizie dei Bollandisti, il manoscritto Ultraiectino della chiesa di San Salvatore. A queste edizioni avrebbero fatto eco alcuni compendi, realizzati in età moderna; fra di essi ricordiamo: l’opera del Frisen, nei Flores Ecclesiae Leodiensis, quelli di Crisostomo Henriquez, nei Gigli del Cistercio; quella di Angelo Manrique, negli Annali Cistercensi; infine quelli di Lippeloo e di Hareo, i quali assieme a molti altri, pubblicano nelle lingue volgari le agiografie esemplate sull’opera del Surio, portandosi appresso l’eredità degli errori da lui commessi.7 Fondamentali risultano le aggiunte del Molano al Baronio,8 mentre vivaci controversie sorgono a proposito della cronologia degli spostamenti di Lutgarda e a proposito della sua morte. Risulta interessante come i compilatori del Commentarius praevius, a un certo punto, contraddicano Tommaso di Cantimpré a proposito del ruolo che la pia Lutgardis avrebbe rivestito all’interno del monastero di Aywières: se Tommaso nega il fatto che le sia attribuita la carica di priora, i bollandisti la vogliono abadessa ad Aywières, dove si sarebbe recata ventiquattrenne,