3 Documento edito in R. Cessi, Le corporazioni dei mercanti di panni e della lana in Padova fino a tutto il secolo XIV, Venezia, 1908, pp. 82-83.
4 Archivio di Stato di Siena, Consiglio generale, 175, c. 43r, 3 ottobre 1366.
5 Statuti dell’Arte della lana di Prato (secoli XIV-XVIII), a cura di R. Piattoli e R. Nuti, Firenze, 1947, p. 127.
6 Passo citato in Franceschi, «Istituzioni e attività economica a Firenze »cit., p. 77.
7 Ibidem, p. 79.
8 G. B. Zanazzo, L’arte della lana in Vicenza (secoli XIII-XV), Venezia, 1914, p. 69.
9 E. Demo, L’ «anima della città». L’industria tessile a Verona e a Vicenza (1400-1550), Milano, 2001.
10 B. Dei, La Cronica dall’anno 1400 all’anno 1500, a cura di R. Barducci, Firenze, 1984, p. 82: a quell’altezza cronologica, stando al Dei, i panni fiorentini erano esportati soprattutto in Turchia.
11 Bonvesin da la Riva, Le meraviglie di Milano (De magnalibus Mediolani), a cura di P. Chiesa, Milano, 2009, pp. 56-57.
12 Il passo è riportato in B. Figliuolo, La vita, i viaggi e l’opera del canonico fiorentino Bonsignore Bonsignori (1468-1529), in Da Flavio Biondo a Leandro Alberti. Corografia e antiquaria tra Quattro e Cinquecento, Bari, 2009, pp. 25-97, a p. 40.
13 Sulla crescita demografica delle città dell’Italia comunale cfr. G. Pinto, «I nuovi equilibri tra città e campagna in Italia fra XI e XII secolo», in Città e campagna nei secoli altomedievali, Atti della LVI Settimana di studio del CISAM, Spoleto, 2009, pp. 1055-1081; id., «Tra demografia, economia e politica: la rete urbana italiana (XIII-inizio XVI secolo)», Edad Media. Revista de Historia, XV, 2014, pp. 37-57.
14 Per alcuni esempi vedi S. Bortolami, «Acque, mulini e folloni nella formazione del paesaggio urbano medievale (secoli XI-XIV)», G. M. Varanini, «Energia idraulica e attività economiche nella Verona comunale: l’Adige, il Fiumicello, il Fibbio (secoli XII-XIII)», entrambi in Paesaggi urbani dell’Italia padana nei secoli VIII-XIV, Bologna, 1988, pp. 227-330 e 331-372; L. Chiappa Mauri, I mulini ad acqua nel Milanese (secoli X-XV), Milano, 1984, pp. 66 e sgg.; P. Castagneto, L’Arte della Lana a Pisa nel Duecento e nei primi decenni del Trecento, Commercio, industria e istituzioni, Pisa, 1996, pp. 130-134.
15 Sulle lane prodotte o importate in Italia si vedano i saggi di G. Barbieri, G. De Gennaro, C. Manca, P. Racine, E. Rossini - M. Fennel Mazzaoui nel volume La lana come materia prima. I fenomeni della sua produzione e circolazione nei secoli XIII-XVII, Atti delle «Settimane di studio» dell’Istituto internazionale di storia economica «F. Datini», Prato, a cura di M. Spallanzani, Firenze, 1974, pp. 133-201.
16 Non sono poche le testimonianze che fanno riferimento alla sobrietà del vestire del tempo che fu, in contrapposizione al lusso del presente. Basti ricordare i notissimi versi di Dante sulla Firenze di Cacciaguida (Paradiso, XV, 100-102, 111-117): cfr. anche C. T. Davis, Il buon tempo antico, in Florentine Studies. Politics and Society in Renaissance Florence, ed. N. Rubinstein, London, 1968, pp. 45-69. Le leggi suntuarie, che proibivano l’ostentazione del lusso, in particolare nei vestiti delle donne, approvate in molte città tra la fine del XIII secolo e i primi decenni del XIV, sono un’altra testimonianza dei cambiamenti della moda: si veda a questo proposito M. G. Muzzarelli, Gli inganni delle apparenze. Disciplina di vesti e ornamenti alla fine del Medioevo, Torino, 1996 e Ead., Guardaroba medievale. Vesti e società dal XIII al XVI secolo, Bologna, 1999; e in particolare per Firenze i saggi di introduzione al testo Draghi rossi e querce azzurre. Elenchi descrittivi di abiti di lusso (Firenze 1343-1345), trascrizione a cura di L. Gérard-Marchant, Firenze, 2013.
17 Mi permetto di rimandare a G. Pinto, «Gli studi sull’economia medievale (dall’Unità d’Italia al primo dopoguerra). Prime considerazione», in Agli inizi della storiografia medievistica in Italia, Atti del Convegno internazionale (Napoli, 16-18 dicembre 2015) Napoli, 2020, pp. 521-544, con riferimenti anche ai contributi della storiografia internazionale.
18 B. Dini, «L’industria tessile italiana nel tardo Medioevo», in Le Italie del tardo Medioevo, a cura di S. Gensini, Pisa, 1990, pp. 321-359. Dini suddivide le attività tessili in varie tipologie: una produzione domestica che interessava il Mezzogiorno incentrata sull’orbace, un rozzo panno di lana, destinato al consumo familiare o poco più; la manifattura artigianale, tipica dei piccoli centri dell’Italia centrale; infine la fabbrica disseminata che faceva capo al mercante imprenditore, con differenze non piccole da un centro all’altro in rapporto alla qualità dei tessuti e alla loro destinazione.
19 S. R. Epstein, «I caratteri originari. L’economia», in L’Italia alla fine del Medioevo: i caratteri originali nel quadro europeo, a cura di F. Salvestrini, Firenze, 2006, pp. 381-431, in particolare alle pp. 416-429 e con la carta di p. 418 che ne rappresenta la distribuzione nelle varie regioni della Penisola. Ma si veda anche J. H. Munro, «I panni di lana», in Il Rinascimento italiano e l’Europa, volume quarto, Commercio e cultura mercantile, a cura di F. Franceschi, R. A. Goldthwaite, R. C. Mueller, Treviso, 2007, pp. 105-141, che inquadra la produzione laniera italiana nel contesto europeo e mediterraneo e F. Francheschi, «Wollen luxury cloth in late Medieval Italy», in Europe’s Rich Fabric. The Consumption, Commericalisation, and Production of Luxory Textiles in Italy, the Low Countries mand Neighbouring Territories (Fourtheenth-Sixteenth Centuries), ed. by B. Lambert, K. A. Wilson, Farnham, 2016, pp. 181-204.
20 Cfr. ad esempio per Firenze: H. Hoshino, L’arte della lana in Firenze nel Basso Medioevo. Il commercio