Nascita del Fascismo. Benito Mussolini. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Benito Mussolini
Издательство: Bookwire
Серия:
Жанр произведения: Документальная литература
Год издания: 0
isbn: 9783967991598
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      Tutti coloro, e in prima fila i socialisti italiani, i quali per poco o per molto hanno, direttamente o indirettamente, lavorato per realizzare la vittoria tedesca, sono dei contro-rivoluzionari, dei reazionari, dei carnefici della libertà. Se i socialisti che per quattro anni sono stati dei reazionari — in quanto facilitarono la guerra degli Imperi Centrali — possono oggi ciarlare di rivoluzione, lo devono a noi e soltanto a noi che siamo stati dei rivoluzionari dal maggio 1915 in poi. Dati questi precedenti, quali possono essere i cardini della nostra azione di domani?

      Noi vogliamo l’elevazione materiale e spirituale dei cittadini italiani (non soltanto di quelli che si chiamano proletari....) e la grandezza del nostro popolo nel mondo.

      Quanto ai mezzi, noi non abbiamo pregiudiziali: accettiamo quelli che si renderanno necessari: i legali e i cosiddetti illegali. Si apre nella storia un periodo che potrebbe definirsi della «politica» delle masse o dell’ipertrofia democratica. Non possiamo metterci di traverso a questo moto. Dobbiamo indirizzarlo verso la democrazia politica e verso la democrazia economica. La prima può ricondurre le masse verso lo Stato, la seconda può conciliare, sul terreno comune del maximum di produzione, capitale e lavoro. Da tutto questo travaglio usciranno nuovi valori e nuove gerarchie.

      Questo, in sintesi, il nostro orientamento politico e spirituale. Questo il terreno di discussione e d’intesa dell’«adunata» imminente.

      MUSSOLINI

      Da Il Popolo d’Italia, N. 77, 18 marzo 1919, VI.

      DISCORSO DI DALMINE

      Salito Mussolini sul palco, è accolto da un lungo e nutrito applauso. Mussolini si scopre, saluta e parla. Raccogliamo le linee principali del suo discorso.

      Dopo quattro anni di guerra terribile e vittoriosa, nella quale sono state impegnate le nostre carni ed il nostro spirito, mi sono spesso domandato se le masse sarebbero ritornate a camminare sui vecchi binari o se avrebbero avuto il coraggio di cambiare strada. Dalmine ha risposto. L’ordine del giorno votato da voi lunedì è un documento di valore storico enorme che orienta, che deve orientare il lavoro italiano.

      Il significato intrinseco del vostro gesto è chiaro, è limpido, è documentato nell’ordine del giorno. Voi vi siete messi sul terreno della classe, ma non avete dimenticato la nazione. Avete parlato di popolo italiano, non soltanto della vostra categoria di metallurgici. Per gli interessi immediati della vostra categoria, voi potevate fare lo sciopero vecchio stile, lo sciopero negativo e distruttivo, ma pensando agli interessi del popolo, voi avete inaugurato lo sciopero creativo, che non interrompe la produzione. Non potevate negare la nazione, dopo che per essa anche voi avete lottato, dopo che per essa 500 mila uomini nostri sono morti. La nazione che ha fatto questo sacrificio non si nega, poiché essa è una gloriosa, una vittoriosa realtà. Non siete voi i poveri, gli umili e i reietti, secondo la vecchia rettorica del socialismo letterario; voi siete i produttori, ed è in questa vostra rivendicata qualità che voi rivendicate il diritto di trattare da pari cogli industriali. Voi insegnate a certi industriali, a quelli specialmente che ignorano tutto ciò che in questi ultimi quattro anni è avvenuto nel mondo, che la figura del vecchio industriale esoso e vampiro deve sostituirsi con quella del capitano della sua industria da cui può chiedere il necessario per sé, non già per imporre la miseria per gli altri creatori della ricchezza.

      Voi non avete potuto provare per la brevità del tempo e le condizioni di fatto createvi dagli industriali la capacità a fare, ma avete provato la vostra volontà, ed io vi dico che siete sulla buona strada perché vi siete liberati dai vostri protettori, vi siete scelti nel vostro seno gli uomini che vi dirigono e che vi rappresentano e ad essi soli avete affidato il vostro diritto.

      Il divenire del proletariato è problema di volontà e di capacità, non di sola volontà, non di sola capacità, ma di capacità e di volontà insieme. Vi siete sottratti al gioco delle influenze politiche. (Applausi). I vostri applausi me lo dimostrano. Ma io non appartengo alla genia di quei Maddaleni che ho frustato a sangue. Sono fiero di essere stato interventista. Se fosse necessario, vorrei incidere a caratteri di scatola sulla mia fronte la testimonianza per tutti i vigliacchi, che io sono stato tra quelli che nel maggio splendido del 1915 hanno chiesto a gran voce che la vergogna dell’Italia parecchista cessasse. (Acclamazioni).

      Oggi che la guerra è cessata, io che sono stato in trincea, tra il popolo d’Italia, ed ho avuto per lunghi mesi e quotidianamente la rivelazione in tutti i sensi del valore dei figli d’Italia, oggi io dico che bisogna andare incontro al lavoro che torna e a quello che, non imboscato, ha nutrito le officine, non col gesto della tirchieria che non riconosce e umilia, ma collo spirito aperto alle necessità dei tempi nuovi. Coloro che si ostinano a negare le «novità» necessarie o sono degli illusi o sono degli stolti che non vedranno la sera della loro giornata.

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