Le Straordinarie Avventure Di Joshua Russell E Del Suo Amico Robot. Antonio Tomarchio. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Antonio Tomarchio
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Серия:
Жанр произведения: Героическая фантастика
Год издания: 0
isbn: 9788835420460
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troppo tardi per tornare indietro e soprattutto non voleva rinunciare al senso di potere che il suo nuovo robot gli trasmetteva.

       Provò a mettersi in contatto con lui, sentiva che la connessione era ancora attiva nonostante la distanza.

       <<Raptor, stai dormendo?>> domandò.

       Subito la voce cavernosa del robot risuonò dentro la sua testa.

       <<No, comandante, io non dormo mai.>>

       <<Quanti ce ne sono come te sulla terra?>>

       <<Io sono il primo, ma ben presto ce ne saranno altri.>>

       <<Da dove venite?>>

       <<Io sono stato costruito sulla terra.>>

       <<Chi sono quegli esseri simili a lucertole che ti hanno costruito?>>

       <<Non lo so Comandante, tutte le informazioni su di loro sono state cancellate al momento della disconnessione.>>

       <<Come ci si disconnette?>>

       <<Solo la morte del comandante può consentire la disconnessione o un’eccessiva distanza tra le nostre menti.>>

       <<Qual è la distanza massima?>>

       <<Con il comandante precedente la connessione non era buona, la sua mente non gli consentiva di allontanarsi oltre i venti centimetri.>>

       <<Per questo l’alieno era costretto a stare dentro il robot, non poteva pilotarlo da più distante a causa della poca potenza delle sue onde celebrali>>, pensò il ragazzo.

       <<Tra di noi qual è la distanza massima?>> domandò, sempre più incuriosito.

       <<La tua capacità telepatica è enorme, le tue onde celebrali sono fortissime, la connessione è eccellente, posso stimare oltre il centinaio di chilometri circa.>>

       <<Tu mi sei fedele, o sei ancora legato ai tuoi costruttori?>>

       <<La mia mente è un’estensione della tua, io non esisto senza connessione, tu sei il comandante, i tuoi nemici sono anche i miei.>>

       <<Grazie Raptor, adesso proverò a dormire. Buonanotte.>>

       Avrebbe voluto continuare a fare domande, ma si rese conto che aveva tutto il tempo a disposizione per chiarire ogni dubbio, mentre la necessità di elaborare le informazioni ricevute era più impellente.

       Continuò a riflettere sulle risposte ricevute dal robot. Lui era il primo ma ce ne sarebbero stati altri, ne dedusse che li stavano ancora costruendo. Era stato fabbricato sulla terra, quindi gli alieni dovevano avere una base sul nostro pianeta in cui potevano costruire dei robot.

       Pensò che, in effetti, per trasportare degli automi così grandi avrebbero avuto bisogno di astronavi enormi, facilmente individuabili dai radar militari, mentre per le loro dimensioni, gli alieni potevano scendere sulla Terra in piccolissime navicelle passando inosservati. Potevano essere arrivati sul nostro pianeta da parecchi anni senza essere mai stati visti da nessuno. C’erano luoghi inesplorati in cui potevano rifugiarsi e vivere senza mai entrare in contatto con l’essere umano.

       <<Allora perché costruire i robot? Quali sono le loro intenzioni? Di sicuro non sono buone>>, pensò.

       <<Costruiscono i robot per affrontare gli umani, altrimenti la lotta sarebbe ìmpari. Forse non si accontentano più di essere degli ospiti, vogliono dominare il pianeta, eliminare il principale concorrente per il cibo. Io rappresento quindi una minaccia per loro, sono l’unico che sa della loro esistenza e solo con la mia morte potrebbero riprendersi il robot.>>

       Nonostante tutti questi pensieri e un filo di paura per l’incertezza sul proprio destino, alla fine cadde stremato in un sonno profondo.

       L’indomani si svegliò di buon’ora e corse subito dal suo nuovo amico per giocare con lui. Sapevano fare le stesse cose, lo sfidò nella pallacanestro, nel football, ma purtroppo non c’era nessuna possibilità di batterlo, conosceva lo sport come il suo comandante ma aveva doti fisiche immensamente superiori. Lo sfidò quindi a una partita di scacchi e dopo diversi pareggi riuscì a vincere.

       Trascorsero così diversi giorni, l’amicizia tra i due cresceva e si rafforzava. Il ragazzo si affezionava sempre di più al robot e Raptor ricambiava sentendosi sempre più legato al suo nuovo comandante. Joshua si dimenticò degli alieni, smise di preoccuparsi del pericolo per la sua vita e soprattutto smise di chiedersi come mai non si fossero ancora fatti vivi.

       Venne il giorno del torneo. Joshua calzò i controller per fingere che il robot fosse telecomandato e con la mente gli ordinò di salire sull’auto del padre. Lucas non era potuto venire perché era ancora impegnato con la scuola, ma promise che appena fosse stato possibile l’avrebbe raggiunto.

       Furono accompagnati fin davanti all’ingresso del palazzetto. Joshua consegnò al personale addetto l’iscrizione ai giochi e un documento di riconoscimento, gli fu quindi consegnato il badge per potersi muovere liberamente. Il ragazzo notò subito alcuni robot avversari, alcuni erano davvero impresentabili, altri invece erano molto belli.

       Negli anni precedenti il successo nella competizione era stato sempre appannaggio dei soliti robot. Quello giapponese ne aveva vinte più edizioni di tutti, ma anche i cinesi, i tedeschi, gli italiani, i canadesi, i russi e gli inglesi non avevano sfigurato, finendo sempre tra i primi dieci.

       Il robot italiano era realizzato dalla nota marca automobilistica “Ferrari”, era un prodigio di tecnica, con soluzioni sempre all’avanguardia. Più volte avevano anche vinto il premio per il miglior design.

       Quello tedesco era ai limiti del regolamento, infatti, le regole stabilivano un’altezza massima di 2,10 m e un peso massimo di 190 kg e queste erano esattamente le misure dell’automa germanico.

       Il robot cinese non era all’altezza del tedesco e dell’italiano, ma era comandato da un ragazzo campione mondiale di kick boxing, quindi era un avversario temibilissimo.

       Non tutti i paesi erano rappresentati, qualche Stato invece ne portava anche un paio, dipendeva dai successi ottenuti negli anni precedenti. Joshua aveva goduto negli anni passati di una Wild card perché era pur sempre l’inventore della batteria che muoveva tutti i robot, ma nell’edizione precedente si era conquistato il diritto a essere “testa di serie” rientrando tra i primi dieci migliori lottatori del torneo.

       Il torneo prevedeva 100 partecipanti, le prime dieci teste di serie avrebbero affrontato nove avversari ciascuno, sorteggiati tra quelli meno forti. Ogni vincitore di questi turni di qualificazione avrebbe partecipato al girone finale che prevedeva lo scontro diretto tra i primi dieci classificati. In genere le teste di serie vincevano sempre il loro girone, per cui, di solito, erano gli stessi dieci robot a lottare per il titolo.

       Sul tabellone scorrevano i nomi delle teste di serie e, nelle colonne sottostanti, apparivano i nomi dei robot avversari man mano che avveniva il sorteggio. Il primo avversario di Raptor sarebbe stato il robot tailandese.

      Joshua attendeva che la voce degli altoparlanti lo chiamasse per cominciare il combattimento, ma prima dovevano esibirsi le altre teste di serie, dalla prima alla nona, lui era il decimo.

       Assistette con pazienza ai combattimenti degli altri che, com’era prevedibile, non ebbero grosse difficoltà a sbarazzarsi del loro primo avversario.

       Era giunto il suo turno. Quando la voce chiamò il suo nome, sentì un tuffo al cuore, era consapevole della forza del suo robot, ma l’emozione gli faceva tremare le mani. Ordinò a Raptor di salire sul ring grande e lui entrò in uno dei due più piccoli.

       <<Raptor. Modalità combattimento!>> pensò Joshua.

       Il suo amico si mise nella posizione iniziale che il ragazzo aveva imparato facendo arti marziali.

       <<Distruggi il tuo avversario>>, ordinò mentalmente al suono della campanella.